Valore aggiunto, il tessile perde quota: in cinque anni ha segnato un – 16%

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 dicembre 2007 17:56
Valore aggiunto, il tessile perde quota: in cinque anni ha segnato un – 16%

Prato, 4 dicembre 2007- Un po’ meglio sul versante del fatturato, decisamente peggio su quello del valore aggiunto. Che a Prato, in cinque anni, tra il 2001 e il 2006, ha perso oltre 16 punti con un impatto negativo derivante soprattutto dalla crisi del tessile. Sono preoccupanti le notizie che arrivano dall’ultima rilevazione effettuata dall’ufficio studi di Confartigianato Imprese Prato: l’indagine annuale sul valore aggiunto, eseguita su un panel di 1109 imprese artigiane appartenenti a vari settori, scatta una fotografia con poche luci e tante ombre.

Se è vero, da una parte, che nel corso del 2006 si è registrato un buon incremento del fatturato rispetto al 2005 (+4%, con un modesto +1,4% per il tessile), in termini di valore aggiunto la capacità di generare ricchezza (nonostante l’anno scorso ci sia stato in lieve recupero rispetto al 2005) è diminuita di 16 punti rispetto alla serie dei dati deflazionati a valori 2001. “Al di là dei numeri – commenta il presidente di Confartigianato Imprese Prato Stefano Acerbi – il vero problema è la mancanza di una strategia di mercato che scoraggia le aziende a investire e a mettersi in gioco, preferendo puntare invece su strategie di difesa e contenimento dei costi.

Ricordiamoci che in tempi di crisi, anche più acuta, le aziende hanno fatto sempre investimenti”. Un altro punto di criticità dell’indagine è rappresentato dalla diminuzione dei ricavi a valori 2001 del 10%, mentre il comparto artigiano sta pagando un prezzo pesante a queste trasformazioni perché subisce gli effetti di una riduzione della domanda (che frena il fatturato) e di un incremento dei costi (che penalizza la competitività). Nel mirino i rincari sul fronte delle bollette che, tuttavia, offrono al presidente Acerbi il pretesto per una chiave di lettura più confortante dell’analisi : “A conti fatti il settore tessile, che è quello che paga di più le conseguenze di questi rincari, ha retto bene tra il 2005 e il 2006, con indici di valore aggiunto che si attestano rispettivamente tra il 66,8% e il 66,4%”.
Ma se il tessile e il manifatturiero piangono, a sorridere sono soprattutto altre tipologie di attività, come il settore costruzioni (+13% di valore aggiunto nel 2006 a valori 2001), i servizi (+10.8%) e il commercio (+9.5%).

“Evidentemente – conclude Acerbi - la crisi del comparto trainante non ha impedito la possibilità di crescita di altre realtà economiche”. “Consideriamo inoltre – aggiunge Donato Berardi che assieme a Marco Fabozzi, ha curato l’analisi di Confartigianato - che la difesa delle posizioni sul mercato, attraverso una riduzione dei prezzi di vendita, non è il frutto di una reazione delle imprese artigiane ma rappresenta una tendenza imputabile al mondo produttivo in generale, industria compresa”.
Un altro spunto di riflessione riguarda la suddivisione per aree di settore in cui si articola l’indagine.

“Ragionare in questi termini – fa notare infine il segretario di Confartigianato Prato Claudio Caponi - diventa sempre più difficile, anche perché le reti di imprese e le aggregazioni di filiera sono sempre più disomogenee e variabili al loro interno. Dal canto suo – puntualizza il Segretario – l’associazione in questi anni è stata capace di attivare strumenti di protezione per limitare l’impatto della crisi sulle piccole imprese, dai servizi che offre Artigiancredito a quelli del consorzio Multienergia”.

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