Unity in diversity: firmata la Carta di Firenze

Il sindaco Nardella: “Riconoscere le diversità come una ricchezza e non come motivo di scontro”. Il Nobel per la letteratura Soyinka e il tunisino Abdessatar Ben Moussa alla giornata conclusiva. Il fondatore di Hope North Okello Kelo Sam: “Riempire le menti con la conoscenza”. Alla ricercatrice spagnola Aitana Guia borsa di studio dell’Istituto Sangalli. Anche un menù di presenze artistiche al forum internazionale sulla pace

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 novembre 2015 18:36
Unity in diversity: firmata la Carta di Firenze
Fotografie di Corrado Sacchi

Si è concluso con la firma della Carta di Firenze Unity in diversity, il ‘Glocal forum’ che per quattro giorni ha richiamato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio sindaci e personalità da tutto il mondo per parlare di pace, dialogo e fratellanza tra i popoli. “Le città possono e devono essere l’argine pacifico ai conflitti e al terrorismo - ha detto il sindaco Dario Nardella -. Noi sindaci abbiamo una forza incredibile, ma talvolta non ne siamo consapevoli, spesso non la utilizziamo.

Se uniamo le nostre forze possiamo far prevalere questa voglia di costruire contro la cultura della distruzione. La Carta di Firenze contiene proprio questi obiettivi: riconoscere le diversità come una ricchezza e non come motivo di scontro; riconoscere le diversità linguistiche, religiose, culturali, etniche e fare di queste diversità il punto di partenza per unire le forze e le energie. Unirle contro il terrorismo, contro tutte le guerre e unirle per affermare una cultura del dialogo e della pace”.

“Rivolgeremo l’appello e le proposte della Carta di Firenze alle organizzazioni internazionali come l’Onu e l’Unesco - ha spiegato il sindaco -: gli chiediamo impegni precisi sulla tutela del patrimonio cultuale, oggetto di attacchi e di scontri, e sul riconoscimento e la tutela delle diversità e delle identità di ciascuno. Sono grandi valori e grandi principi che possono tradursi in qualcosa di concreto solo attraverso quell’impegno quotidiano che i sindaci e i governanti delle città conoscono molto bene”.

Contro il relativismo culturale. Per conservare la diversità umana. Ma anche la dignità e la libertà di ciascuno. Non si è stancato di ripeterlo il nigeriano Wole Soyinka, classe 1934, premio Nobel della letteratura nel 1986, intervenendo, questa mattina a Palazzo Vecchio, al forum mondiale dei sindaci. Scrittore, poeta e drammaturgo, non ha mai sottratto il suo talento letterario alla militanza civile, esponendosi in prima persona nella lotta per la democrazia contro le ingiustizie. “Dolci sono gli usi della diversità” , ha esordito Soyinka citando, con una modifica, una frase di William Shakesperare. E proprio i temi dell’importanza della diversità e dei pericoli rappresentati dal relativismo culturale sono stati al centro del suo intervento di oggi.

“Il relativismo culturale – ha sottolineato – è alla base delle società che attuano la discriminazione come modo di essere”. Ma il premio Nobel della letteratura si è scagliato anche per un altro “nemico della diversità”, quell’ “amorfismo culturale” che punta ad “annichilire il passato culturale delle società”. Prima di lui, sul ‘palco’ del Salone dei Cinquecento, era salito, Abdessatar Ben Moussa, il tunisino premio Nobel per la pace, presidente della LTDH, (la lega tunisina dei diritti dell’uomo).

“Se risolviamo i problemi economici e sociali sarà possibile raggiungere la pace”, ha detto, mettendo in risalto l’importanza del “dialogo tra i popoli”, la necessità di “costruire ponti e distruggere i muri che dividono”. Ai due Nobel il sindaco Dario Nardella ha poi consegnato il ‘Sigillo della Pace’.

“Secoli di coesistenza si sono trasformati in odio”. Lo ha sottolineato il professor Albero Melloni (presidente Unesco per il pluralismo religioso e la pace) nella sua relazione, questa mattina, al forum ‘Unity in diversity’, dal titolo ‘Analfabetismo religioso come incubatore di violenza’. “Nei secoli passati, ad esempio - ha ricordato - ci sono chiese cristiane che sono sopravvissute solo perché fuse in un ambiente islamico, come ad esempio per la Chiesa di Siria. Ma adesso, invece, tutto ciò è rischio”. “Occorre dunque guardare con un occhio molto chiaro - ha aggiunto - allo sforzo portato avanti in alcune parti del mondo, anche in molte città, e a quelle persone che sono capaci di scoprire, anche in modo simbolico, la possibilità di amicizia tra coloro che appartengono a religioni diverse”.

Okello Kelo Sam, fondatore nel 1998 di Hope North, ha invece lanciato un appello: “Dobbiamo riempire il vuoto di istruzione, dobbiamo riempire le menti con la conoscenza e i valori positivi che possono a loro volta promuovere la pace. Dobbiamo mobilitare le risorse di tutto il mondo, sia le risorse formali”. Hope North è stata fondata nel 1998 proprio Okello e il suo obiettivo è quello di educare e curare le giovani vittime della guerra civile in Uganda, tra gli orfani e gli ex bambini soldato, consentendo loro di diventare voci per la pace e lo sviluppo.

Con Hope North Okello (che è stato un bambino soldato) ha realizzato una scuola secondaria accreditata in un campus di 40 acri con un centro internazionale di arti e per la formazione professionale, e una fattoria, nella quale lavorano 26 educatori. “Nel promuovere l’istruzione in tutto il mondo - ha proseguito - in realtà dobbiamo promuovere l’istruzione formale e informale e questo è essenziale per dare forma a individui che sono intelligenti sia da un punto di vista intellettuale che emotivo”.

“L’istruzione oltre a promuovere il successo accademico - ha concluso Okello - deve riuscire a promuovere e fare appello a quella virtù umana che dà valore alla vita e alla cultura.

La ricercatrice spagnola Aitana Guia studierà le buone pratiche di coesistenza pacifica fra differenti fedi religiose, grazie alla borsa di studio ‘Città e religioni. Passato e presente per una convivenza pacifica’, promossa dall’Istituto Sangalli per la storia e le culture religiose in occasione del forum mondiale ‘Unity in diversity’.La consegna dell’assegno alla ricercatrice dalle mani del sindaco Dario Nardella è avvenuta questa mattina, a chiusura dell’iniziativa in Palazzo Vecchio. Obiettivo del progetto di ricerca presentato dalla ricercatrice spagnola, dottorata in Canada, è analizzare quali fattori possono far funzionare e quali ostacolano la promozione del pluralismo religioso e culturale, per definire un elenco delle buone pratiche che, a livello cittadino, contribuiscono a mantenere una coesistenza pacifica e riducono al minimo le tensioni religiose.

Il progetto che ha vinto metterà a confronto le migliori esperienze in Italia e Spagna: nel nostro paese lo studio si concentrerà sulle città di Milano, Roma, Firenze e Bologna, per la Spagna su Madrid, Barcellona, Valencia e Granada. I risultati della ricerca, che saranno presentati a maggio 2016, ambiranno a proporre modelli di comportamenti applicabili ad altre città europee e indicheranno le sfide per il lavoro futuro in questo campo, sempre più centrale per le politiche pubbliche in ambito urbano.

“Troppo spesso - spiega Maurizio Sangalli, fondatore e presidente dell’omonimo istituto - si pensa alla ricerca in campo umanistico come ad una branca slegata dall’attualità. L’Istituto Sangalli per la storia e le culture religiose nato a Firenze un anno fa, ha fra i suoi obiettivi quello di sfatare questo falso mito: consentire ad un giovane ricercatore, italiano o straniero, di approfondire lo studio di ciò che sta dietro ai conflitti religiosi, e di come sono stati risolti (o non risolti) nel passato o di come si può tentare di superarli nel presente e nel futuro, significa incidere direttamente su situazioni concrete che le nostre comunità si trovano oggi ad affrontare”.Al forum mondiale è intervenuta anche Paolo Del Bianco, presidente della Fondazione Romualdo del Bianco, con la relazione ‘Il dialogo interculturale è fondamentale ed inevitabile.

Come il viaggio può diventare formazione ed economia del Paese’. La Fondazione si prefigge di dare il proprio contributo all’affermazione della vocazione di Firenze quale città d’incontri e di pace, attraverso il proprio impegno nel campo della promozione e valorizzazione del suo patrimonio artistico e culturale, motore d’incontro, di conoscenza, di comprensione, quindi motore di pace.

In occasione del convegno internazionale l’artista Erica Tamborini ha realizzato quest’opera donata al Comune di Firenze per essere successivamente collocata in una prestigiosa sede cittadina, allo scopo di lasciare una memoria storica dell’evento. La creazione artistica nasce su proposta di Florence Management Way - F.M.W., Associazione Internazionale di Management no profit, tramite il suo presidente Gianni Gentili, il quale ha affidato ad una giovane artista la creazione di un’opera legata alle tematiche del convegno e ad un giovane imprenditore, Luca Rossi, della storica azienda toscana di marmisti Rossi Celso di Pietrasanta (LU) operante dal 1932, la sua realizzazione. Erica Tamborini è una artista poco più che ventenne che, ultimamente, si divide tra Milano e New York, la cui poetica si declina in una “arte relazionale” di inedito conio, assai vicina agli ideali ed alle finalità esplicitati dal titolo stesso del convegno, Unity in Diversity. L’opera consiste in una lastra di marmo di Carrara, contenuta in una specifica cornice in pietra serena, sulla quale è incastonato il giglio rosso fiorentino, realizzato in porfido, accompagnato dal titolo dell’evento “Unity in Diversity” in bodoni. Sulla targa verranno successivamente incisi i nomi delle Città partecipanti al convegno, in modo da lasciare una memoria storica dell’iniziativa.

Nel rispetto della composizione epigrafica, in fondo alla lastra verrà apposta la dicitura: “all united in their diversity” per sottolineare l’eterogeneità e le diversità dei partecipanti al convegno ma allo stesso tempo la loro volontà di essere uniti nel voler affrontare con un approccio condiviso le criticità del mondo contemporaneo, pur mantenendo ciascuno le proprie diversità. La misura della lastra non è occasionale, poiché essa riprende idealmente, declinandola in un sottomultiplo, le dimensioni della Tomba di Giovanni e Piero de’ Medici ubicata nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, opera realizzata dal maestro rinascimentale Andrea del Verrocchio.

Perciò questa targa esprime un messaggio simbolico in grado di richiamare la storia di Firenze ed allo stesso tempo di evocare i perenni valori irradiati nel mondo dal rinascimento fiorentino. 

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