Agricoltura Toscana, aziende e lavoratori con l'incubo ungulati

60 mila lavoratori, il 30% delle aziende è guidato da donne. In atto una rivoluzione generazionale grazie ai migranti

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 novembre 2014 16:00
Agricoltura Toscana, aziende e lavoratori con l'incubo ungulati

Nelle campagne si parlano 172 lingue diverse.Il settore agroalimentare della nostra Regione non si esaurisce solo con vigneti ed oliveti ma sta sviluppando oggi tutte le sue potenzialità. Conta infatti 60.000 addetti solo in agricoltura ed i settori dell’allevamento e dell'acquacoltura e della panificazione sono in forte espansione. Il numero delle aziende agricole è in crescita e circa il 30% è guidato da donne. C'è poi una componente fondamentale e determinante per l’economia agricola della Toscana: si tratta dei lavoratori migranti.

Questi contribuiscono ad abbassare l’età media delle campagne toscane dove è in atto, in questi ultimi anni, una vera e propria ‘rivoluzione generazionale’ grazie anche loro presenza" così ha parlato, dal palco del V Congresso nazionale della Uila che si è tenuto a Roma dal 27 al 31 ottobre scorsi, il Segretario Generale della Uila Toscana, Triestina Maiolo.Una Toscana che però ha paura degli ungulati.  "In una sola notte, nel mio campo a Suvereto, gli ungulati sono riusciti a distruggere 770 coocomeri, pronti per la raccolta". "I danni degli ungulati ai trocnhi degli alberi, specie se fatti da piccoli, sono irreversibili e non si riesce più a lavorarli".

"Gli ungulati mangiano i germogli delle viti a primavera e i frutti non ci sono più per almeno due anni, in autunno invece, prima della vendemmia, loro sanno quando maturano i grappoli e troviamo solo i raspi". "Quest'anno gli ungulati hanno distrutto 384 metri di muretti a secco del 1700 nella mia oliveta, sui monti Pisani. Un danno enorme al paesaggio, ma anche un pericolo per il dissesto idrogeologico" sono solo alcune delle testimonianze degli agricoltori che stamani a Firenze hanno partecipato al convegno promosso dalla Cia, la Confederazione agricoltori della Toscana sul tema "emergenza ungulati" al quale hanno partecipato, tra gli altri, il viceministro delle politiche agricole, Andrea Olivero e l'assessore all'agricoltura e foreste della Regione, Gianni Salvadori.

In Toscana ci sono oltre 400 mila ungulati. La densità dei cinghiali è di almeno 20 capi per 100 ettari di territorio, mentre il piano faunistico regionale ne prevede 5 per lo stesso spazio. Per ogni agricoltore ci sono 5 ungulati, un carico raddoppiato in 10 anni. I danni economici sono almeno di 10 milioni di euro.

L'assessore Salvadori: "La situazione è drammatica – ha detto – è come se in Toscana avessimo alberghi e ristoranti per gli ungulati, l'intera Toscana è un grande allevamento allo stato brado. Ma questo – ha proseguito – produce danni enormi non solo all'agricoltura, ma anche all'ambiente e al paesaggio e per questo dobbiamo intervenire. La legge 157 è del tutto inadeguata, ma anche ISPRA non assolve al suo compito di difendere l'ambiente in questo modo" Salvadori ha ricordato di avere scritto ufficialmente a ISPRA il 27 aprile scorso ed ha promesso che "la Regione è intenzionata a varare provvedimenti concreti, legalmente validi e scientificamente supportati, entro la fine della legislatura", aggiungendo che "la questione è comunque nazionale" e sollecitando soluzioni a Governo e Parlamento.La CIA chiede: "Piena attuazione entro l’anno del Piano Faunistico Regionale; adozione di un piano straordinario di interventi per riportare la presenza e la densità degli ungulati in equilibrio con il territorio.Il vicepresidente Filippo Legnaioli ha chiesto l’attivazione degli interventi di contenimento e di prelievo della fauna selvatica, in particolare ungulati, nei parchi e nelle aree protette; la garanzia del rispetto del principio del risarcimento totale dei danni diretti ed indiretti causati da fauna selvatica ed ungulati, sancito dal Piano Faunistico Regionale.

"Le proposte che avanziamo – ha sottolineato Luca Brunelli, presidente Cia Toscana - si fondano su quattro pilastri fondamentali, uno di carattere-istituzionale, gli altri di ordine politico, riferiti ai principi ispiratori delle norme e dei piani di gestione faunistica. Un riordino della Governance – spiega Brunelli - che ponga fine alla stagione dei conflitti di competenza e dei rinvii, che rappresentano le principali cause di ingovernabilità del sistema di gestione.

Quindi occorre fare una netta distinzione, in questo contesto ed a partire dai principi generali della L. 157/92, tra le norme/procedure da applicarsi per le specie in esubero, come nel caso degli ungulati, e quelle per le specie a rischio di estinzione. E poi – prosegue il presidente Cia - il riconoscimento del fenomeno della sovra-popolazione degli ungulati come “emergenza nazionale” agricola ed ambientale. Infine è necessaria una pianificazione venatoria compatibile con il diritto di tutela preminente dell’agricoltura, in quanto comparto produttivo e fonte di reddito per chi vi opera, rispetto al quale debbono essere regolate e riequilibrate le densità venatorie". Dino Scanavino, presidente nazionale Cia: "Quello degli ungulati, predatori, cervidi è un problema di ordine pubblico, è una vera e propria una calamità al pari delle alluvioni o quant'altro.

Si tratta di un problema di ordine pubblico ed anche le risorse per gli interventi non possono essere presi dall'agricoltura". "La caccia – ha detto il viceministro alle Politiche Agricole Andrea Olivero - da sola non rappresenta una risposta per il riequilibrio animali-natura. Bisogna lavorare affinché il nostro territorio sia sempre più presidiato grazie alle imprese agricole e anche per questo vanno sostenute". Ha parlato poi dei costi della prevenzione e del risarcimento del danno "Evitare che vada a discapito dei feudi agricoli reperendo altrove le risorse", ed infine ha ricordato "la necessità di sostenere una forte sintesi fra vari soggetti e non agevolare la logica del conflitto" sottolineando "l’importanza di questo appuntamento della Cia nostro interlocutore con il Ministero".

Mentre da Firenze si guarda agli ungulati toscani, da Roma si pensa al territorio, al dissesto idrogeologico, all'impresa degli agricoltori, forza lavoro e loro sicurezza. “In Toscana – ha spiegato la presidente Maiolo a Roma – dobbiamo cambiare angolo visuale e considerare l’ambiente non come un elemento passivo da proteggere ma come una risorsa produttiva da sviluppare. La nostra Regione ad esempio, è coperta per oltre il 47% da boschi, per un totale di oltre un milione di ettari.

Con questi numeri la Toscana potrebbe esser all'avanguardia in questo settore perché la tutela dell'ambiente non passa solo dalla tutela dell’esistente. Reputiamo gravissimo che agli operai forestali e della bonifica non venga riconosciuto il loro ruolo, vitale per la sicurezza delle città e delle campagne attraverso i complessi sistemi idrogeologici ed ecologici. Ci indigniamo ogni volta che viviamo un disastro ambientale, assistiamo alle passerelle dei politici, plaudiamo ai volontari italiani ma non interveniamo quando questi disastri potrebbero esser evitati, attraverso la tutela del nostro patrimonio ambientale, finanziando la forestazione e la bonifica.

Ci rendiamo disponibili a discutere e dibattere sulla riduzione o soppressione degli organismi di gestione dei consorzi di bonifica, ma ciò non deve far credere che quei lavoratori o questo settore non meriti l'attenzione di cui ha bisogno”.

L'idea di Maiolo è "creare all'interno dell'ente una sorta di banca dati privata per la richiesta di mano d'opera in agricoltura, un organismo capace di gestire e dare risposte al mondo agricolo in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, un osservatorio attento e arbitro delle problematiche del lavoro, un'agenzia che risponda all'esigenza di formazione oltre che all'esigenza di servizi di informazione e assistenza che già sta facendo. L’agricoltura e l’edilizia sono i settori più esposti al fenomeno delle morti bianche in Italia.

Nelle campagne i casi di infortuni con decessi hanno raggiunto un numero altissimo e questo è un triste primato. Le vittime sono per la maggioranza agricoltori in età avanzata mentre le cause sono spesso riconducibili all'inadeguatezza dei mezzi agricoli utilizzati. Non è certo un caso che questi eventi avvengono soprattutto in piccole e medie aziende con un basso tasso di sindacalizzazione. Occorre cambiare concezione in merito alla sicurezza sul lavoro, dove la prevenzione non deve esser vista come un costo ma come un investimento”.

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