Università di Firenze: silenzio in ricordo di Giulia Cecchettin

Redazione Nove da Firenze

Un minuto di silenzio in ricordo di Giulia Cecchettin nella più grande aula universitaria del campus delle Scienze sociali dell’Università di Firenze, che è culminato in un flash mob in cui studentesse, studenti e docenti dell’Università di Firenze hanno pronunciato a voce alta, ad uno ad uno, i nomi di tutte le cento donne vittime di femminicidio nel solo 2023.

Si è aperto così stamani, introdotto dalla rettrice Alessandra Petrucci “Il racconto di due Presidenti: Corte Costituzionale e Corte di Cassazione”, incontro-testimonianza della professoressa emerita dell’Ateneo e già presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra e della prima presidente della Corte Suprema di Cassazione Margherita Cassano.

Sono intervenuti il docente di Diritto costituzionale del Dipartimento di Scienze giuridiche Andrea Simoncini e il presidente della Scuola di Giurisprudenza Alessandro Simoni. Sul palco, accanto ai relatori, un posto era simbolicamente occupato da un poster di colore rosso e bianco, riservato a una donna vittima di femminicidio che avrebbe potuto o voluto essere lì.

L’Università di Firenze partecipa, infatti, alla campagna di sensibilizzazione “Posto occupato” in vista della Giornata internazionale del 25 novembre per l’eliminazione della violenza sulle donne: l’Ateneo ha lanciato anche una call sui canali social universitari invitando studentesse e studenti a scattarsi una foto accanto a uno dei posti occupati e a pubblicarla sui propri profili social.

Si terrà sabato prossimo 25 novembre, un presidio in piazza Grande dalle 17,30 alle 18,30, organizzato dall'Amministrazione Comunale che invita la cittadinanza e i giovan* di tutte le età a essere presenti fisicamente e con il cuore. La Protezione Civile comunale sarà di supporto e distribuirà le fiaccole.

“La prevenzione prima di tutto” sono le parole della vicesindaca Libera Camici con delega alle Politiche Giovanili e Pari Opportunità.

“Condivido la necessità prosegue - oramai non più rinviabile, di approvare una legge che introduca, in tutte le scuole, l'educazione al rispetto e all'affettività.Non è sufficiente aumentare leggi e punizioni che intervengono dopo le violenze già compiute: è necessario fare prevenzione, promuovere l'educazione e fornire gli strumenti per conoscere e riconoscere le varie forme di violenza.L’Amministrazione Comunale in questi anni lo ha fatto attraverso numerosi progetti che ha presentato alle scuole grazie alla collaborazione e alla sinergia con enti e associazioni del territorio che hanno messo a disposizione le proprie competenze.

L'attenzione si è concentrata sulle scuole proprio perché queste restano uno dei luoghi di socializzazione, sperimentazione ed espressione di sé più importanti per i giovani. È, quindi, fondamentale insistere sull'implementazione organica di programmi educativi volti a prevenire la violenza di genere, promuovendo un ambiente scolastico inclusivo e formativo che aiuti a destrutturare gli stereotipi che ancora oggi permeano la nostra società”.

“A tale proposito – prosegue la Vicesindaca - nel catalogo di Scuola e Città, consultabile sul sito del Comune di Livorno, è possibile individuare nella sezione 1 numerosi progetti che prevedono corsi di formazione sul fenomeno della violenza di genere, su come gestire interventi di prevenzione in ambito scolastico e sul promuovere una cultura di valorizzazione della differenza sessuale, i quali hanno l'obiettivo generale di fornire degli spazi di riflessione per prendere coscienza.

L'Amministrazione Comunale inoltre propone quotidianamente nei servizi educativi 0/6, grazie alla convenzione stipulata con l'università di Firenze e Bologna che da anni ha concorso e concorre alla formazione del personale dei servizi educativi progetti di educazione di genere e dei diritti umani con laboratori ed attività, con bambin* e le loro famiglie, per offrire la possibilità di crescere in un ambiente accogliente e non giudicante che agevoli sin dalla tenera età la destrutturazione dei ruoli basati su stereotipi e consenta di sperimentare relazioni basate su criteri di libertà e non violenza.

Tutto questo concorre a creare reti di supporto e prevenzione intorno ai bambini e le bambine, ragazzi e ragazze e loro famiglie offrendo le medesime lenti che consentono di decodificare i segnali di allerta nel medesimo modo ponendosi come rete solidale”.