Caldo e cuore: come difenderlo dalle alte temperature

Redazione Nove da Firenze

Il caldo afoso di questi giorni può essere fastidioso per molti ma addirittura pericoloso per chi soffre di problemi cardiovascolari. Gli effetti del caldo sul sistema cardiovascolare si esplicano essenzialmente con due meccanismi: la vasodilatazione dei vasi periferici, sia arteriosi che venosi e la disidratazione dovuta all’aumentata sudorazione, sia essa visibile che invisibile. “Quest’ultima, chiamata “perspiratio insensibilis” – spiega la cardiologa della Asl Toscana centro, Marzia Giaccardi - può far perdere da 500 a 1500 ml di acqua (H2O) al giorno e, calcolando che, su circa 5 litri di sangue circolante nel nostro sistema cardiovascolare, il 50% circa è costituito da H2O, è logico capire che il gran caldo possa minacciare l’equilibrio cardiovascolare del paziente cardiopatico”.

Cosa succede ai pazienti cardiopatici

I pazienti cardiopatici più a rischio sono quelli affetti da scompenso cardiaco, soprattutto quando anche anziani e affetti da comorbilità. La stabilità clinica del paziente affetto da scompenso cardiaco si basa, infatti, su un fine equilibrio idro-elettrolitico che, durante il grande caldo, diventa più difficile da raggiungere. In questa stagione è fondamentale idratarsi correttamente, le quantità di liquidi che entrano ed escono deve essere ben commisurata e saranno i medici curanti o i cardiologi di fiducia, a rimodulare la terapia farmacologica in base alla stagione e allo stato clinico del paziente, nonché a dare indicazioni precise sui comportamenti da tenere. Il bilancio tra H2O che entra ed H2O che esce diventa fondamentale e, con esso, il monitoraggio del peso corporeo.

Anche nell’anziano con stenosi della valvola aortica l’equilibrio idrico appare fondamentale per ridurre il rischio di ipoperfusione periferica e centrale in caso di riduzione della volemia del sangue.

Nel cardiopatico ischemico il pericolo è più legato principalmente al freddo, che, mediante un processo di vasocostrizione, può portare ad un incremento degli episodi di angina pectoris. Il caldo non è direttamente collegato all’evento. Il rischio si potrebbe intravvedere solo in presenza di grande caldo con grande vasodilatazione e disidratazione e comparsa di angina da discrepanza.

Nel paziente iperteso, magari in terapia con vasodilatatori e diuretici, che mantengono l’equilibrio pressorio durante i periodi più freschi, il grande caldo, potrebbe portare a bassi valori pressori. L’abbassamento di pressione che può accompagnarsi ad astenia (stanchezza, debolezza), nella sua espressione più grave, può portare ad episodi sincopali o pre-sincopali. Anche in questo caso la rimodulazione della terapia farmacologica sotto guida medica o da parte del paziente stesso, una volta opportunamente istruito, può aiutare a risolvere il problema.

Infine, la perdita di H2O si accompagna a perdita degli elettroliti quali soprattutto magnesio e potassio, con possibili aritmie associate, essenzialmente in pazienti già predisposti a questo tipo di disturbi. Va fatta una doverosa precisazione relativa al “batticuore” (cardiopalmo) che, in presenza di grande caldo, può essere legato al fisiologico aumento della frequenza cardiaca in risposta all’abbassamento della pressione e della volemia, ma va tenuto ben distinto dal cardiopalmo secondario ad una vera e propria aritmia. Sappiamo, infatti che, in caso di disionie importanti, il paziente è a rischio di sviluppare aritmie anche minacciose per la vita.

Quali attenzioni avere

In questa stagione è fondamentale idratarsi correttamente, con H2O, thè freddo, spremute, succhi di frutta diluiti con H2O per evitare il sovraccarico glicemico. Anche il consumo di integratori, a base di vitamine e sali minerali, può essere utile per reintegrare gli elementi persi con la sudorazione. Evitare gli alcolici.

Per quanto riguarda la dieta, è preferibile mangiare spesso, ma in modo leggero, privilegiando “cibi freschi e colorati” come frutta e verdura. Occorre ottimizzare la terapia farmacologica sotto la guida del curante o del cardiologo di fiducia. Evitare l’attività fisica nelle ore più calde, nonché ridurne l’intensità.

Per il cardiopatico che fugge dal caldo e va verso la montagna – sottolinea la dottoressa Giaccardi - si ricorda che in altitudine la concentrazione di ossigeno nell’aria è più bassa, quindi, si consiglia di non superare i 1.00-1.200 metri di altitudine, di non raggiungerli rapidamente, ma di effettuare delle soste di qualche ora ogni dislivello di 500-600 metri ed evitare, infine, attività fisiche intense nei primi giorni di permanenza in altura per permettere al sistema cardiovascolare di adattarsi”.

Buone pratiche e comportamenti corretti possono ridurre le conseguenze del caldo sulla salute dei giovani adulti, a maggior ragione su quella delle persone anziane. Già in condizioni normali l’anziano ha un ridotto stimolo della sete: d’estate - sottolinea Roberto Tarquini, Direttore di Medicina Interna 1 dell’ospedale San Giuseppe di Empoli - è necessario reintegrare i liquidi per evitare una eccessiva disidratazione, facendo assumere all’anziano una congrua dose durante la giornata (1-3 litri, a seconda dei casi, tenendo conto delle patologie presenti), consigliare dieta ricca di frutta e verdura, ad alto contenuto di acqua.

Se la persona anziana va incontro a disidratazione, una delle conseguenze più nefaste è l’ipotensione, un calo importante della pressione sanguigna che può causare disturbi soprattutto in chi ha situazioni cliniche pregresse, con conseguenze spesso gravi, ad esempio le cadute, come sta a dimostrare il gran numero di anziani con fratture che affollano i Pronto Soccorso in questa stagione.

Questi pazienti vanno incontro più frequentemente a polmoniti, disturbi respiratori, peggioramento della funzione renale, eventi cardiocircolatori per un ridotto rifornimento di sangue ai vari organi.

Per questo è importante fare sempre un’azione preventiva all’inizio della stagione calda con il proprio medico di famiglia – sottolinea il dott. Tarquini - Una” revisione” della terapia, in particolare per gli anziani, soprattutto se affetti da più patologie, che assumono medicinali come diuretici o antipertensivi, in grado di per se di ridurre la pressione arteriosa e il contenuto corporeo di acqua, in genere riducendone il dosaggio. Un’altra classe di farmaci da attenzionare sempre, e più ancora nel periodo estivo è quella degli antinfiammatori che in un paziente disidratato possono peggiorare ulteriormente la situazione, in particolare la funzione renale”.

A volte poi racconta il dott. Tarquini ci troviamo difronte un paziente disorientato, a causa delle indicazioni diverse, a volte opposte fornite proprio dagli stessi medici: non bere troppo perché il paziente soffre di scompenso cardiaco, bere molto se ha insufficienza renale, ma le due patologie spesso coesistono. Il medico di famiglia, o un medico di riferimento, che deve valutare globalmente il paziente, dovrà fornire indicazioni che conciliano, spesso solo con l’uso del buon senso le varie necessità.

Un consiglio per i pazienti e, importantissimo, per chi se ne prende cura: valutare lo stato di idratazione. Se la bocca e la lingua sono asciutte, la pelle secca e disidratata, le urine concentrate, di colore scuro, il paziente è disidratato e vanno somministrati liquidi con tranquillità, indipendentemente dalla patologia dalla quale è affetto. In questi casi, è comunque buona regola sottoporre il paziente all’attenzione del medico che potrà dare le indicazioni del caso.