Caravaggio, Giordano Bruno e l'invisibile natura delle cose

L'uso degli specchi nell'arte, filone che proprio a Firenze ha il punto di diamante grazie alle ricerche della studiosa e restauratrice Roberta Lapucci

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 ottobre 2011 14:55
Caravaggio, Giordano Bruno e l'invisibile natura delle cose

A Firenze, patria di Roberto Longhi, curatore della prima grande mostra italiana su Caravaggio nel 1951, e attuale punta di diamante nelle analisi scientifiche sui dipinti del pittore lombardo, sabato 8 ottobre 2011 (Libreria Melbookstore, via de’ Cerretani 16r, ore 18.30) verrà presentato il libro “Caravaggio, Giordano Bruno e l’invisibile natura delle cose” (L’Asino d’oro edizioni), di Anna Maria Panzera. Nel volume (collana “Le Gerle”) la studiosa e storica dell’arte propone un originale parallelo tra due giganti dell’arte e del pensiero: solitari e ribelli, accomunati dalla ricerca della fantasia delle immagini, l’uno attraverso gli scuri dei suoi quadri inimitabili, l’altro mediante la scrittura e la parola interiore.

Entrambi utilizzano un linguaggio, pittorico e filosofico, accomunato da una sintassi innovativa e da un lessico che vede nell’ombra e nella metafora dello specchio i due principali fulcri concettuali. Ma gli specchi nell’arte erano anche strumenti pratici, utilizzati talvolta in prototipi di camere oscure e non è improbabile che Caravaggio ne abbia fatto uso, con implicazioni estetiche che il libro si propone di scoprire, facendo appello ad un filone di studi che fa capo ancora una volta ad una studiosa fiorentina, Roberta Lapucci, docente e massima restauratrice delle opere del geniale pittore.

“Se per Bruno e Caravaggio immaginare, vedere esteriore e visione interiore erano la vita stessa, come e in che misura ciò avvenne? Il libro della Panzera è la risposta a tale quesito”, afferma il professor Claudio Strinati, autore di una delle due prefazioni assieme al filosofo Michele Ciliberto, per il quale l’autrice si avvicina a “un tema antico con occhi nuovi”. “E’ la valorizzazione della tematica dell’ombra e dell’umbratilità”, la suggestione più importante del libro di Anna Maria Panzera, per Ciliberto, secondo il quale l’aggancio tra le due geniali personalità si trova nel distacco che l’autrice opera tra Caravaggio e la nuova scienza galileiana e nell’evidenza della distanza di Giordano Bruno dall’ideologia dell’Umanesimo.

Indagata nelle sue più profonde motivazioni etiche, estetiche ed epistemologiche, la questione del rapporto tra il pensiero di Giordano Bruno e l’arte di Michelangelo Merisi da Caravaggio, forse tra le più dibattute dell’intera storia dell’arte italiana, si dipana in 180 pagine chiare ed intense. Caravaggio e Giordano Bruno non hanno lasciato reciproche testimonianze di una conoscenza o una vicinanza reciproca. Entrambi condussero una vita singolare, in epoche che si sfiorano. Esistenze strettamente legate alle loro opere.

“La storia li ha trattati da eretici - scrive l’autrice - li ha anche temporaneamente disdegnati, poi rivalutati, infine trasformati in miti”. “Caravaggio, Giordano Bruno e l’invisibile natura delle cose” si avvale di un cospicuo apparato iconografico del Merisi e pone in contrappunto i dipinti con la scrittura del Nolano. “Giordano Bruno fece della fantasia una struttura della conoscenza - scrive a conclusione del libro Anna Maria Panzera -; per Michelangelo Merisi essa fu la struttura stessa dell’esistenza.

Furono un’onda di piena. Il mondo, per un po’ di tempo, dovette dimenticarsi di loro”.

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