Italia centrale: continua l'attività sismica

Toscana attiva per reperire container, roulotte o moduli abitativi per gli allevatori che non possono lasciare gli animali. La presidente dell'Ordine dei Geologi, Maria Teresa Fagioli: «Abbiamo un ritardo di almeno un secolo nelle costruzioni antisismiche. Anche borghi antichi e città d’arte possono essere messe in sicurezza, ma occorrono soldi. Che vanno trovati subito»

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 novembre 2016 22:11
Italia centrale: continua l'attività sismica

A una settimana dall’evento di magnitudo M 6.5 la sequenza sismica continua. Dal 24 agosto scorso il numero complessivo di scosse è pari a circa 23.900. Alle ore 17:00 di oggi, 6 novembre, sono circa 682 i terremoti di magnitudo compresa tra 3 e 4, 41 quelli di magnitudo compresa tra 4 e 5e 5 quelli di magnitudo maggiore o uguale a 5localizzati dalla Rete Sismica Nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Nella mappa sotto l’evoluzione della sequenza iniziata il 24 agosto 2016.

Dopo l’evento del30 ottobre, alle 07:40 ora italiana di magnitudo M 6.5 sono stati localizzati complessivamente oltre 3700 eventi sismici. Alle ore 17:00 di oggi, 6 novembre, sono circa 335 i terremoti di magnitudo compresa tra 3 e 4 e 20 quelli di magnitudo compresa tra 4 e 5 localizzati dalla Rete Sismica Nazionaledell’INGV. Il terremoto più forte dall’ultimo aggiornamento (05 novembre, ore 11:00 italiane) è stato localizzato in provincia di Macerata il 6 novembre alle ore 04:19 italiane, di magnitudo 3.8, nei pressi di Pievebovigliana e Pieve Torina.

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«Siamo in ritardo di almeno un secolo con le costruzioni antisismiche». La serie di terremoti che colpisce l’Italia Centrale ha riportato il tema della sicurezza sismica di tragica attualità. E per Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, quella che manca è la prevenzione. «Non possiamo prevedere l’anno, il mese, il giorno, l’ora in cui i terremotii avverranno, né se dureranno giorno o anni e se si ripeteranno a breve.

Ma abbiamo conoscenze della struttura della Terra, e dati statistici affidabili che ci assicurano che crisi come l’attuale, o peggiori, ci saranno, e per questo abbiamo il dovere morale, civile, legale, politico di fare il possibile perché le crisi facciano il minor danno possibile, in una parola: prevenire». Tutta l’Italia è un territorio fragile, delicato, vulnerabile, sia dal punto di vista idrogeologico che sismico. «E la Toscana non fa eccezione. In materia di studi di microzonazione ed effetti sismici locali siamo tra le regioni più avanzate.

Proprio per questo sappiamo con certezza che la stragrande maggioranza del patrimonio edilizio esistente, storico o recente che sia, non è in grado di reggere ai terremoti che ci saranno, e anche nelle aree ad alta sismicità riconosciuta ed accertata edifici sensibili tipo scuole sono solo nel 10% dei casi antisismiche, praticamente solo gli edifici nuovi, e forse nemmeno tutti». La Toscana è costellata di piccoli e grandi borghi di enorme patrimonio storico e culturale, che però non reggerebbero a forti terremoti.

«Abbiamo poi il “problemino” dei borghi medievali rinascimentali, settecenteschi ed ottocenteschi sparsi sull’Appennino, patrimonio culturale, paesaggistico, storico umanistico unico, che attira il Toscana l’indispensabile risorsa del turismo. Ma per metterli in grado di sopravvivere ai terremoti attesi ci vogliono investimenti, tanto difficili da trovare “prima” quanto è più agevole, e meno soggetto a controlli, reperirli “dopo” a macerie fumanti. È davvero un lavoro immane mettere in sicurezza se non tutto almeno una parte rilevante di questo grande patrimonio, e servono soldi.

Ma sarebbe anche un’occasione unica per riavviare quel volano dell’economia nazionale che gira ancora al minimo, minacciando di fermarsi del tutto». L’Italia potrebbe essere all’altezza di altre nazioni, ma deve iniziare a fare prevenzione. «Mi sento spesso chiedere cosa abbiamo di meno del Giappone o della Nuova Zelanda, dove un sisma di magnitudo Richter anche superiore a 7 non fa praticamente danni. Abbiamo di meno un secolo di produzione di edilizia sistematicamente antisismica, e in più venti secoli di patrimonio edilizio di valore su cui intervenire». Fagioli spiega la serie di eventi sismici di queste settimane.

«Uno sblocchettamento della crosta come sta avvenendo nell’Appennino centrale, con formazione di faglie nuove e riattivazione di vecchie, abbassamento, sollevamento e spostamento di decine di miliardi di metri cubi ti terre e rocce, accompagnati da una enorme quantità di scricchiolii (sismi) della potenza di diverse bombe atomiche, non si è mai registrata in un passato recente e tecnologico in queste aree. Ma i dati storici e geologici testimoniano che più e più volte di certo c’è stato anche di peggio, e quel che è successo, succederà ancora». Purtroppo però l’Italia non imparato dai terremoti.

Per la presidente dei Geologi, «non è stato sufficiente il terremoto dell’Irpinia del 1982, né quello di Fabriano nel 1997, né quello dell’Aquila del 2008 e dell’Emilia del 2012, tanto per citare i più recenti e distruttivi, a far avviare la messa in in sicurezza del territorio, o meglio ad avviare il processo in modo serio e sistematico. Chissà se ci riusciremo ora, e ammesso che il governo trovi i soldi, chissà come verranno impiegati». Il rischio è quello di fare i soliti “lavori al ribasso”.

«Basta con le gare al ribasso e niente controlli di qualità. È solo da poche settimane che un Comune toscano ha emesso un bando riguardante lavori pubblici per circa 1,8 milioni di euro, e per la parte geologica, da cui dipende la sicurezza di tutto il resto, il prezzo a base di gara al ribasso è pari ad 1/10 di quanto il decreto parametri ministeriale prevede come congruo. Dobbiamo solo sperare che il professionista incaricato abbia davvero poco da fare o sia ricco di famiglia, per poter dedicare al lavoro affidatogli il tempo necessario, cioè dieci volte quello per cui verrà pagato». «Noi geologi siamo figure scomode, come in tutte le categorie ne abbiamo di bravi e meno bravi ma siamo tutti consapevoli che per fare realmente le cose ci vogliono volontà e costanza.

È bene lavorare con la protezione civile, ma è anche meglio lavorare, e tanto, in prevenzione. Quella prevenzione che almeno fino ad una decina di anni fa è quasi totalmente mancata in Italia. Recuperare non è facile e l’impegno deve essere nella direzione giusta. È del 27 ottobre il via libera del Senato al ddl che attiverà interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche. Il provvedimento punta a recuperare i dipartimenti di geologia, falcidiati dalla “riforma” dell’Università, con meno vincoli per gli stessi e incentivi per chi si iscrive.

Ottimo. Il governo ha tardivamente, ma comunque finalmente riconosciuto che i geologi servono e non devono scomparire . Ora però è necessario anche utilizzarli ed utilizzarli bene perché non ha senso creare geologi per poi lasciarli disoccupati o lasciarseli scappare all’estero (dove i geologi italiani sono molto richiesti) specie quando si vive in un paese dove di geologi c’è davvero bisogno».

Con l’arrivo del freddo occorre una corsa contro il tempo per dare la possibilità agli allevatori di stare vicino ai propri animali con container, roulotte o moduli abitativi ma servono anche ricoveri sicuri per il bestiame con stalle, fienili e casolari lesionati, distrutti o inagibili. E’ questo l’appello lanciato anche da Coldiretti Toscana per sostenere le popolazioni rurali colpite dal sisma che rischiano di chiudere per sempre se non si creano con tempestività le condizioni per restare sul posto, garantendo vivibilità e operatività per accudire il bestiame e dare continuità alle attività produttive. Nelle aziende agricole ed in quelle agroalimentari si contano danni strutturali ed anche ad impianti e strumenti mentre la presenza di frane e smottamenti sulle strade rurali impedisce la circolazione e la raccolta e consegna dei prodotti.

Gli animali devono mangiare tutti i giorni e le mucche ed essere munte due volte al giorno e per questo gli allevatori non possono trasferirsi lontano da mandrie e greggi che senza vigilanza rischiano peraltro nelle montagne di essere preda dei lupi. Sono circa 3mila le aziende agricole a rischio nei territori terremotati dove c’è un’elevata significativa presenza di allevamenti con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali, alle quali si affianca un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. E’ per questo che è scattata la solidarietà di Coldiretti in tutta la Toscana, come in tutto il Paese.

Tutti coloro che intendono offrire le loro disponibilità sono invitati a rivolgersi all’ufficio Coldiretti più vicino. Per aiutare le aree rurali è anche attivo uno specifico conto:

“COLDIRETTI PRO-TERREMOTATI”

(IBAN: IT 74 N 05704 03200 000000127000)

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