Firenze: la tramvia è un mezzo, non un fine

A ritroso nel tempo in cerca delle cause dell’attuale impasse: la perdita di centralità di SMN, la rinuncia al trasporto ferroviario urbano, i cantieri tramviari costosissimi e interminabili su carreggiata pubblica nell’arco di decenni

Nicola
Nicola Novelli
09 ottobre 2017 09:27
Firenze: la tramvia è un mezzo, non un fine

FIRENZE- Il sindaco Dario Nardella andava ancora al liceo, quando a Firenze si cominciò a parlare di una nuova stazione a servizio dei treni ad alta velocità. Intorno al 1990 le FF.SS. proposero di far fermare i futuri Tav a Campo di Marte, dove la stazione passante sarebbe stata ristrutturata, dotata di un parcheggio sotterraneo e di un sottopasso per gli autoveicoli tra viale Mazzini e viale Fanti. Quest’ultima opera aveva trovato anche i finanziamenti, grazie ai campionati mondiali di calcio. Ma l’amministrazione comunale fiorentina stoppò tutto, stizzita, affermando la centralità della stazione di Santa Maria Novella. Uno dei principi cardine su cui si basa ancora oggi la “filosofia” della mobilità cittadina.

Perché andiamo così a ritroso nel tempo?

Per capire bene le ragioni per cui ci troviamo oggi in una condizione di impasse, che scontiamo ogni giorno con i blocchi del traffico a causa dei tanti cantieri stradali che costellano la città.

Tornando alla stazione SMN, si deve precisare che un quarto di secolo fa, l’infrastruttura progettata da Giovanni Michelucci era davvero centrale per la mobilità urbana ed extraurbana, il trasporto ferroviario regionale funzionava meglio di oggi, l’Ataf serviva un numero quotidiano di passeggeri nettamente superiore, e a SMN c’era un air-terminal da cui i passeggeri in partenza per l’aeroporto Galilei di Pisa facevano il check-in bagagli.

Perché si è persa questa centralità?

Ci sono alcuni momenti chiave, alcune scelte strategiche, che hanno determinato lo scenario presente. Prime fra tutte il rilancio dell’aeroporto Vespucci, a scapito di quello di Pisa e la scelta di una tramvia su carreggiata pubblica, in alternativa a un servizio ferroviario metropolitano. Questo è avvenuto in particolare a metà degli anni ’90.

Il rilancio dell’aeroporto di Firenze è giustificato dalla centralità turistico-economica della destinazione, ma si scontra con alcuni limiti, ancora irrisolti, della struttura di Peretola: la pista troppo corta, la mancanza di un vero svincolo autostradale, che “frattura” la relazione tra aeroporto e città, non collegata con un efficace servizio di trasporto pubblico.

Venendo al progetto di un nuovo servizio di mobilità urbana su ferro, il dibattito pubblico partì a metà degli anni ’90. Si sarebbe potuto optare sulla riorganizzazione della rete ferroviaria urbana, sulla dozzina di stazioni già presenti in città e in parte fu fatto con la riattivazione della linea Faentina. Ma probabilmente il management di Ferrovie dello Stato parve troppo concentrato sui progetti TAV per occuparsi della periferica questione di Firenze, dove semmai interessavano le aree ferroviarie dismesse da valorizzare sul mercato immobiliare.

Così si optò per la tramvia urbana, che non passando su sedime ferroviario avrebbe impegnato le carreggiate stradali adibite agli autoveicoli, privati e di trasporto pubblico. Resta ancora un mistero la ragione per cui, pur al termine di una ricognizione in giro per le città europee, si sia scelta la soluzione Sirio, veri e propri convogli ferroviari, difficili da far muovere in una struttura urbanistica medievale come la nostra, che limita la manovrabilità di simili veicoli. Da cui ne conseguono maggiori difficoltà cantieristiche, a partire dalla necessità di tutelare i binari con cordoli in muratura, che fratturano ulteriormente la restante viabilità.

Altro fattore condizionante il presente è costituito da tempi e costi di realizzazione del progetto tramvia. Firenze è sicuramente la città d’Europa con l’impianto più caro e con i tempi di realizzazione più lunghi. Ci vorranno circa 20 anni per completare le tre linee che servono il quadrante Nord-Ovest della città. Mentre la copertura dell’area Sud-Est è ancora un proposito politico e in parte, si pensi al quartiere Oltrarno, non è realizzabile con i Sirio. Il risultato è che se si prova a immaginare una data termine della rete tramviaria fiorentina (benevolmente, facciamo il 2030?) ci si proietta in uno scenario futuribile in cui la mobilità urbana potrebbe essere totalmente differente (veicoli a guida autonoma, mezzi ecologici, solo per fare un esempio) rispetto a quella in esercizio 35 anni prima.

Tempi di realizzazione interminabili, costi esorbitanti, cantieri difficoltosi, perdita della centralità della stazione SMN, attuale indeterminatezza della soluzione TAV, rilancio del progetto Peretola, serve altro per giustificare l’attuale caos in cui versa la mobilità urbana?

Infatti questa è la situazione con sui si confrontano quotidianamente i fiorentini. Con il timore che anche al termine dei cantieri tramviari, la riduzione delle superfici pubbliche adibite a carreggiata stradale in tante zone della città (l’asse Etruria-Sansovino, i viali da ponte alla Vittoria a piazza della Libertà, l’asse Statuto-Careggi) faccia permanere asfittico il flusso di mobilità privata e non compensato a sufficienza dall’offerta del servizio pubblico. Quindi: o l'offerta la trasporto pubblico copre tutto il territorio urbano, in modo completo, efficace e integrato (parcheggi scambiatori, biciclette, ecc.), oppure la domanda di mobilità privata (sia urbana che extra) resta insoddisfatta.

Una precisazione fondamentale

Se la filosofia guida è ancora quella di 20 anni fa, cioè di una mobilità individuale punto-punto, il nostro destino è quello di restar delusi. Perché nell’attuale società post-fordista, mentre pensionati e pubblico impiego possono permettersi il "lusso" di spostamenti quotidiani tra soli due punti della città, tutti gli altri, imprenditori, lavoratori e studenti devono effettuare tragitti quotidiani con destinazioni plurime.

Sconforta così la sorpresa dell’amministrazione comunale nel constatare che i cantieri in piazza Stazione sono un tappo permanente. Nei giorni scorsi abbiamo sentito l’Assessore alla mobilità Stefano Giorgetti assolvere gli automobilisti dalla responsabilità dei blocchi intorno a SMN. Come potrebbe essere altrimenti, dati gli ostacoli all’accesso privato alla piazza? Allora di chi è la colpa? Dei troppi mezzi pubblici che la raggiungono? E qual è la soluzione allora, allontanare i capolinea Ataf dalla stazione ferroviaria? E poi i viaggiatori come raggiungeranno SMN, senza auto, o bus?

Ma soprattutto, pare quasi che l’Amministrazione comunale, nella foga di tener fede all’impegno di chiudere i cantieri nei tempi promessi, abbia perso di vista il fine ultimo di queste sofferenze pluridecennali, il miglioramento della mobilità dei cittadini. Perché se per completare l’infrastruttura tramviaria si riduce il decoro della città (alberi tagliati) e si ostacola per anni (con cantieri interminabili) la mobilità quotidiana dei cittadini, è necessaria la nostra sottolineatura finale: 1) che si deve sempre aver presente cosa si sta facendo e perché; 2) e che la tramvia è soltanto un “mezzo” (di trasporto) e mai un “fine” (nemmeno pubblico).

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