Cinema: “L’Universale “ di Federico Micali

Il regista fiorentino in un bel film rievoca una mitica sala cinematografica d'Oltrarno. Tra finzione e quotidiano la storia di un luogo di formazione per almeno due generazioni di fiorentini.

Alessandro
Alessandro Lazzeri
06 aprile 2016 13:16
Cinema: “L’Universale “ di Federico Micali

La cultura, la musica, la politica, il cinema, le speranze di una generazione a cavallo degli anni Settanta, raccontati attraverso gli occhi di tre ragazzi che crescono intorno allo storico Universale, sala cinematografica fiorentina, nel quartiere di San Frediano. In linea forse con quanto fatto da Bogdanovich e Tornatore Micali regala un affettuoso omaggio a quello che era un modo di fruire del cinema: un rito collettivo di partecipazione a un evento. “l'Universale” è nostalgia e ricordo per quella sala scomparsa e anche narrazione degli anni Settanta a Firenze, tra innovazione, contestazione e aperture alla contemporaneità.

Il film racconta, infatti, la storia di tre amici: Tommaso, Marcello e Alice dei loro destini che s’intrecciano, si lasciano e poi s’ingarbugliano di nuovo, in una serie di avventure a cavallo degli anni Settanta e che incarnano i sogni, le illusioni e le sconfitte di una generazione.

Ma questa è anche la storia del cinema “ l’Universale”, e di tutti i personaggi che in quel periodo ci gravitavano intorno. All'Universale, infatti, il vero spettacolo non era il film ma il pubblico e il "Cinema" riusciva a essere allo stesso tempo sia il luogo che la pellicola, in una fantastica alchimia che non poteva prescindere dai sonori commenti della sala al film in corso. Perché, come spesso accade, il cinema diventa lo specchio e l'appendice di storie private e collettive, sia che sullo schermo che nelle sue poltroncine di legno o al bancone del bar, dove si sovrappongono Marlon Brando e il Tamburini, John Wayne, la politica e l'amaro Ballardini, l'hashish e Jesus Christ, ma anche il punk, la new wave, l’eroina, le radio libere e le tv private e tutto quanto ha attraversato il mito del Cinema Universale.

Dell'esperienza creativa di fare questo film, ne ha parlato il regista Federico Micali, nel corso dell'anteprima per la stampa. “:E’ stato un viaggio emozionate e divertente- ha dichiarato il regista fiorentino- in una storia del cinema molto privata, quella che ha caratterizzato l’identità di varie generazioni che si sono alternate su quelle scomode poltroncine di legno, dove il film diventava una partitura personale su cui improvvisare collettivamente: un’interazione che iniziava durante la proiezione e proseguiva nelle discussioni al bar o davanti alla cassa.

Da queste basi ho iniziato a cullare l’idea di avere il Cinema Universale come teatro di una scrittura drammaturgica che superasse i confini segnati dal reale, per andare a raccontare la storia di una generazione(quella che passa per gli anni Settanta) attraverso le strette mura di un cinema e l’immensa finestra che è il suo schermo. Mi ha affascinato soprattutto quel rapporto viscerale che si creava con il cinema, inteso come film ma soprattutto come luogo: uno spazio familiare che riusciva magistralmente a mettere insieme la cultura alta dei film d’essai e la sagacia popolare di San Frediano.

Un melting pot di persone, modi di essere e idee che avrebbe fatto diventare quel cinema un incredibile punto di riferimento culturale per gli anni Settanta e indirettamente per tutti gli anni Ottanta.”

Sono nostalgia e ricordo a generare il film. Nostalgia e ricordo per quella sala scomparsa, costretta a lasciare il posto a qualcosa di certamente meno romantico. Una sala dove i fantasmi si materializzavano sulla grande vela bianca, una sala che è un mito per chi è stato giovane in quegli anni. Per Il regista, il cinema è ,o forse, era un rito collettivo di partecipazione a un evento. La sala, nei primi tempi era decisamente popolare e non diversa, nella programmazione da quella da altri cinema del quartiere, poi l'intuizione di farne una sorta di cinema d'essay popolare ne ha fatto la fortuna e il mito. Sullo schermo passavano le immagini di una storia ideale che non teneva conto di divisioni fra cinema 'alto' e 'basso', in una programmazione che accrebbe la cultura cinematografica della vivace e creativa gioventù degli anni Settanta e Ottanta

Nel film non prendono il sopravvento mai gli eccessi, non vi è retorica o enfasi. Quello che di Micali ci colpisce, è l'attenta regia, il controllo perfetto nella realizzazione, la scelta degli attori, la capacità di tradurre concretamente in immagini assai efficaci il processo narrativo e le idee che sono alla base del film.

I protagonisti sono Tommaso, il figlio del proiezionista della sala (Francesco Turbanti) e i suoi amici Alice (Matilda Lutz) e Marcello (Robin Mugnaini). Nel cast anche Claudio Bigagli , Paolo Hendel, Vauro e Anna Meacci. La colonna sonora è affidata alla Bandabardò.

Il regista riesce con precisi accenni a narrarci gli eventi di quegli anni nel dialogo col quotidiano dei tre amici e del loro non facile processo di crescita . Micali evoca la nostalgia di una stagione trascorsa, la fine del cinema come rito collettivo, e anche le delusioni di una generazione.

Formidabili quegli anni, irripetibile la magia del mitico “Universale”

il film di Federico Micali uscirà al cinema il 14 aprile distribuito da L’occhio e la luna con il supporto de Lo Scrittoio. L’anteprima si terrà al Teatro Verdi di Firenze (via Verdi) il 12 aprile alla presenza del cast e dal 14 sarà al cinema Stensen (viale don Minzoni, 25) e allo Spazio Alfieri (via dell’Ulivo, 6).

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