40° dell'alluvione: a Palazzo Vecchio la cerimonia ufficiale e cinquecento persone alla mostra di Palazzo Panciatichi

Redazione Nove da Firenze
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04 novembre 2006 22:57
40° dell'alluvione: a Palazzo Vecchio la cerimonia ufficiale e cinquecento persone alla mostra di Palazzo Panciatichi

Firenze, 04 Novembre 2006- Sono passati 40 anni dal 4 novembre del 1966, quando la furia del fiume mise in ginocchio Firenze in poche ore. Dalle 5 del 3 novembre, per 18 ore consecutive, le nuvole caddero sul capoluogo e sul territorio provinciale. Nelle prime ore del 4 novembre 1966 l'Arno ruppe gli argini. Acqua e fango travolsero una Firenze impotente, causando vittime, mettendo in ginocchio l'economia cittadina con le sue botteghe artigiane. Oggi la citta' ha ringraziato gli Angeli del fango, tornati in città per le manifestazioni celebrative.



“Serviranno tre anni, ma poi la messa in sicurezza dell’Arno sarà completata”. Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell’Ambiente, oggi a Firenze per il raduno degli Angeli del Fango, ha promesso che non ci sarà mai più un’altra terribile pagina di cronaca come quella del 1966. Con il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, ha infatti firmato un protocollo d’intesa finalizzato alla realizzazione di venti interventi per la messa in sicurezza del bacino. “Con l'accordo di oggi, il ministero impegna sette milioni di euro del proprio bilancio 2006 per l'attuazione di una prima tranche di interventi.

Sono soldi veri, disponibili da subito che consentiranno di festeggiare il cinquantesimo con un fiume sicuro”.
Per il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, la firma del protocollo d’intesa getta “basi più solide per la realizzazione di tutti gli interventi necessari per garantire la sicurezza dal rischio alluvioni per Firenze, Pisa e tutte le realtà lungo la riva del fiume. La difesa del suolo – ha concluso Martini - è una priorità assoluta per questa amministrazione”.


Per Vannino Chiti, ministro per i rapporti col Parlamento ed ex governatore della Toscana, “Firenze si fece aiutare ma non rimase passiva. Tutti si rimboccarono le maniche e già dieci giorni dopo, le attività commerciali riaprirono”. Ricordato dal ministro anche il valore universale del capoluogo toscano: “dobbiamo vivere Firenze pensando che non ci appartiene ma è patrimonio del mondo. Il primo obiettivo da perseguire è quindi quello di fare di Firenze sede di un appuntamento annuale del volontariato europeo per non disperdere i valori e gli insegnamenti di quanti ci hanno aiutato”.


“È un pagina bellissima, da non dimenticare”. Così il vice premier e ministro dei Beni culturali, Francesco Rutelli, nel suo intervento. “Quarant'anni fa, da quella tragedia, sono nate tante cose: una coscienza ambientale che sarebbe cresciuta nel tempo e che oggi ci regala un volontariato organizzato, una Protezione civile nazionale modello in tutto il mondo. Così come è nata la coscienza dei rischi che corre la cultura, nostro patrimonio fondamentale".
Per Rutelli, è necessario dare alla “nostra Italia la costanza delle attività ordinarie, non solo la risposta nelle emergenze.

Il buon governo del territorio, dei beni cultuali, la prevenzione, perchè questi sono i modi più giusti per ricordare”. Secondo il ministro, per quello che riguarda i beni culturali, l’obiettivo è di “essere un paese normale, che non deve inseguire le catastrofi ma deve, giorno per giorno, organizzarsi per evitarle e per gestire il patrimonio”. Rutelli ha quindi concluso ricordando che l’impegno del ministero è quello di “rafforzare le istituzioni fiorentine perché beni culturali non significano solo Giotto e Cimabue”.

"Grazie.

Grazie per essere stati qui nel 1966 e grazie di essere qui oggi. Dove si respira davvero lo stesso clima, la stessa sensazione profonda, lo stesso coinvolgimento emotivo di 40 anni fa. Si respira il senso profondo della solidarietà che arrivò a Firenze da tutto il mondo. E questo è importante dirlo, perché di solidarietà nel mondo in cui viviamo c'è ancora tanto bisogno: e noi vorremmo che questi 40 anni dall'alluvione non fossero soltanto una celebrazione fine a se stessa, ma che arrivasse al mondo intero un messaggio forte da questa città universale che è Firenze".

Sono le parole del sindaco Leonardo Domenici.
Vorremmo che arrivasse questo messaggio forte - ha proseguito il sindaco - con la stessa volontà di impegnarsi, con la stessa volontà di partire dalla tragedia, dal dramma, dalla calamità per ricostruire, per fare qualcosa di buono. Per ritrovarsi insieme e per dare a tutti un messaggio che sia davvero diverso, di un futuro migliore per tutti. Credo che voi oggi siate qui per testimoniare questo. Per dire a tutti noi quanto e quale sia stato l'impegno che ciascuno sia riuscito a mettere in quel momento per salvare Firenze".

"Devo ringraziare chi, a cominciare dalle istituzioni, ha reso possibile questo appuntamento davvero straordinario. D'altra parte Firenze, grazie a voi, seppe reagire e ritrovare una spinta e l'orgoglio di ricostruire se stessa. E i fiorentini seppero che il mondo guardava a Firenze con angoscia, con ansia, ma anche con la volontà di contribuire in modo sostanziale: perché era come se in quel momento il mondo temesse di perdere un pezzo della sua identità, della sua storia, della cultura. Sapeva che Firenze correva quel rischio.

E anche in città avvennero delle cose straordinarie, in un momento in cui c'era ancora la divisione in blocchi del mondo, in cui c'erano forti contrapposizioni ideologiche. Ebbene, in quel momento la città, dal profondo, seppe trovare quello spirito unitario forte e significativo: quello spirito che Firenze sa sempre trovare nei momenti più difficili e nelle sfide più impegnative. Quella solidarietà unì l'associazionismo e il volontariato laico e cattolico e coinvolse anche tanti giovani con una divisa.

Perché otre agli 'angeli del fango' e ai volontari, dobbiamo ricordare quei giovani militari che vennero da ogni parte d'Italia per spalare il fango. E ricordiamo i Vigili del Fuoco, che oggi qui celebrano il loro raduno nazionale e che dettero un contributo essenziale per il recupero della città". Domenici ha poi invitato tutti a visitare la mostra allestita nella Sala d'Arme di Palazzo Vecchio, con le immagini scattate del grande fotografo David Lees. "Vedrete quella che per me è l'immagine più bella - ha detto il sindaco - la grande foto del David di Michelangelo all'Accademia circondata dal fango.

E come me penserete: quella è l'immortalità dell'arte e l'immortalità di Firenze. Perché il David guarda il fango dall'alto ed è come se lo avesse sconfitto. E se lo abbiamo sconfitto, è perché Firenze è questa, perché ci siete stati voi, perché qui è venuta tanta gente". Domenici è poi passato a parlare dell'oggi. "Questi 40 anni devono anche ricordarci che l'impegno non è finito. E' stato fatto molto, molte cose importanti: soprattutto è cresciuta la nostra capacità di prevedere i rischi di piene e straripamenti e soprattutto ha fatto grandi passi avanti l'organizzazione della protezione civile.

Ma tutto questo non basta. Questi 40 anni sono per ricordare, per celebrare, per rivivere questo spirito di solidarietà, ma anche per dirci: prendiamo un impegno comune. Tutte le istituzioni insieme, perché ancora l'Arno non è in sicurezza; e non si deve parlare solo di Firenze, ma di tutto il fiume. E' necessario intervenire con realizzazioni e opere tecniche, a cominciare dalle casse di espansione, che possano farci dire che la messa in sicurezza del fiume è raggiunta". "Oggi siamo qui per ricordare e celebrare - ha concluso il sindaco - ma siamo qui tutti, soprattutto le istituzioni, per fare un patto e per dire che il nostro impegno non è finito.

Prendiamo nuovo stimolo e nuovo spunto da questa celebrazione, per dire che il nostro lavoro deve andare avanti e che vogliamo raggiungere l'obiettivo della messa in sicurezza del bacino dell'Arno". Il sindaco ha infine letto il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha ringraziato a nome della città e di tutti coloro che partecipano alle celebrazioni del l'anniversario dell'alluvione del '66.
“Tutti voi avete fatto uno straordinario gesto d’amore e per questo non possiamo che dirvi ancora una volta grazie”.

Con queste parole il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Riccardo Nencini, si è rivolto agli oltre duemila “angeli del fango” intervenuti questa mattina al raduno di Palazzo Vecchio dove sono in corso le cerimonie che ricordano il quarantesimo anniversario dell’alluvione del 4 novembre 1966 che colpì Firenze e la Toscana e che, attraverso l’impegno dei tanti giovani che accorsero da tutto il mondo, “dette il là alla nascita del volontariato organizzato ed a quella che oggi è la Protezione civile”.
Intervenendo subito dopo il sindaco fiorentino Leonardo Domenici, che a sua volta aveva esordito scandendo un triplice “grazie”, Nencini ha affermato che “più che celebrarlo, questo avvenimento va ricordato” perché non bisogna perdere la memoria degli immani danni che l’alluvione provocò col “fango che sommerse e distrusse” e con le molte vittime, le migliaia di famiglie rimaste senza casa, gli sfollati, le botteghe distrutte e le opere d’arte danneggiate.
“Foste chiamati metaforicamente angeli del fango”, ha detto Nencini rivolgendosi ai tanti ex volontari che gremivano il salone dei Cinquecento, “e venivate da fuori Firenze, da tutta Italia, da altre zone della Toscana e molti di voi dall’estero, perfino da Paesi assai lontani dall’Europa” e “senza di voi oggi la città sarebbe diversa”.
“Però dobbiamo ringraziare anche i toscani”, ha aggiunto Nencini.

“Quando molti volontari giunsero a Firenze, tante cose erano già state fatte e molti ragazze e ragazze di altre zone della Toscana, zone meno sfortunate, avevano già lavorato alacremente per portare via il fango dalle case, dalle botteghe, dalle biblioteche, dai musei”. Un grazie particolare, inoltre, Nencini lo ha voluto offrire alla memoria di Piero Bargellini, il sindaco dell’alluvione, di cui il presidente del Consiglio toscano ha ricordato che “dormiva poche ore per notte, in quei giorni terribili, e assieme a tutti i componenti della Giunta fiorentina girava incessantemente la città per fare quello che poteva fare”.
Moderatore della cerimonia è stato il consigliere regionale Erasmo D’Angelis, giornalista di professione ed autore di un volume sull’alluvione di quattro decenni fa e in particolare sui volontari che accorsero a Firenze, che ha evidenziato che “è con grande emozione e con un gigantesco grazie che vi accogliamo”.

D’Angelis, che si è occupato concretamente dell’organizzazione di questa iniziativa promossa dal Consiglio regionale, ha inoltre aggiunto che “non è stato facile contattare tanta gente” e che “con molti di voi ci siamo sentiti per telefono, ci siamo scritti per e-mail, per lettera, ci siamo conosciuti quando, un anno fa, decidemmo di rintracciarvi tutti, mentre con altri ci siamo visti o sentiti per la prima volta solo qualche giorno fa, ma l’importante oggi è essere qui tutti assieme per ricordare l’evento e per ascoltare la vostra voce e registrare la vostra testimonianza”.
Subito dopo è iniziata la serie di testimonianze.

Uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo hanno preso la parola. Significativa la frase di una volontaria arrivata dalla Scozia: “Ci hanno chiamato la meglio gioventù, non so se lo siamo stati, ma abbiamo fatto tutto ciò in modo disinteressato, solo perché sentivamo di farlo”.
“Provo un certo imbarazzo – ha esordito il più giovane Presidente di Provincia d’Italia (nato nel ‘75, nove anni dopo l’alluvione) – perché fra tante belle testimonianze di persone che possono dire ‘io c’ero’ la mia è solo la testimonianza di uno che non c’era”.


“Stamani, venendo qui a Palazzo Vecchio – ha proseguito Renzi - abbiamo incrociato un fiorentino che aveva in mano un libro della Divina Commedia salvato dal fango, che ci ha detto, parlando in fiorentino stretto: So’ venuto pe’ fa’ du’ lacrime.... Non so come si possa tradurre in inglese questa frase – ha ironizzato il Presidente della Provincia – Certamente questa è sì una occasione per piangere insieme sul passato, ma è anche una pagina di storia che trasmette un monito che le Amministrazioni devono raccogliere perché l’Arno sia sempre più sicuro e più vivibile, ricucendo così la frattura del 66’ che ha separato i fiorentini dal loro fiume”.
Infine il Presidente della Provincia ha avuto parole di elogio per i giovani che quaranta anni fa lottarono per salvare il patrimonio culturale di Firenze: “Gli Angeli del fango seppero infondere, in quel momento drammatico, una nuova speranza.

Da loro impegno arriva ancora oggi una ventata di ottimismo per un mondo che ha bisogno di ritrovare una nuova consapevolezza. Se sapremo cogliere questo messaggio l’appuntamento di oggi sarà qualcosa di più di una semplice occasione "pe’ fa’ du’ lacrime"

La Protezione civile è figlia di Firenze, di quella terribile quanto indimenticabile esperienza che fu l’alluvione del ’66. E’ da quell’evento che prese il via in Italia la Protezione civile, divenne una struttura organizzata e oggi invidiata in molti Paesi”.

Con queste parole, rivolte al direttore del Dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso, il presidente del Consiglio regionale, Riccardo Nencini, ha inaugurato in Palazzo Panciatichi la mostra “Angeli del fango”. Oltre cinquecento le persone che nel pomeriggio hanno visitato la mostra, allestita nei due piani di Palazzo Panciatichi.
Alle 15.18, il taglio del nastro, presenti fra gli altri Erasmo D’Angelis, presidente della commissione regionale Territorio e ambiente e motore delle manifestazioni per il quarantennale dell’alluvione, il presidente e il vicepresidente della giunta regionale, Claudio Martini e Federico Gelli, il presidente dell’Associazione per l’Arno, Vittorio Bugli, il presidente della Mediateca regionale, Ugo Di Tullio e il consigliere regionale Marco Cellai, anche lui angelo del fango.
“Quella che ci accingiamo ad inauguare – ha detto Erasmo D’Angelis – è una mostra a più mani, che restituisce in parte il senso di quanto avvenne quarant’anni fa e lo sforzo di tanti, dall’esercito ai radioamatori, dai fiorentini ai giovani che vennero da tutto il mondo per salvare l’immenso giacimento culturale di Firenze così profondamente colpito dall’alluvione.

Il palazzo del Consiglio regionale ospita questa grande mostra che consta di oltre 500 foto, di una personale del pittore Salvatore Bartolomeo, più vari allestimenti curati dall’esercito, dalla protezione civile e dai radioamatori che allora assicurarono le comunicazioni in una città isolata dal mondo. La mostra - ha concluso D’Angelis - rimarrà aperta fino al 18 novembre e a fine dicembre verrà trasferita a Bologna, città che nel ’66 mandò a Firenze oltre tremila volontari”.

Ieri è stata scoperta dall'assessore alla protezione civile Eugenio Giani una lapide in via San Giuseppe, in ricordo della vittima disabile dell'alluvione Elida Benedetti.

Di fronte a una folta presenza di residenti del quartiere di Santa Croce è stata ricordata la vittima del 4 novembre che morì nella propria abitazione invasa da oltre 4 metri di acqua che in quel punto invase il quartiere, senza la possibilità di salvarsi in quanto impossibilitata a camminare. "L'apposizione di questa lapide - ha sotolineat l'assessore Giani - vuo testimoniare a perenne memoria il ricordo di Firenze per la vittima dell'alluvione del 1966 ed il caso di Elida Benedetti è il caso del sacrificio di una cittadina inerme che serve da monito per un comune impegno affinché ciò non si ripeta più".

Alla cerimonia erano presenti ed hanno parlato il Presidente del Quartiere 1 Stefano Marmugi, Don Carlo Guarnieri, parroco di San Giuseppe e Giovanni Tartaglione del Comitato dei cittadini di Santa Croce. Subito dopo è stata inaugurata in San Giuseppe una mostra fotografica sull'alluvione con fatti e documenti raccolti dalle vive testimonianze dei cittadini del quartiere.(

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