Palazzo Medici Riccardi rende omaggio a Clemen Parrocchetti
Firenze, 1° ottobre 2025 – Palazzo Medici Riccardi rende omaggio a Clemen Parrocchetti (Milano 1923 - 2016), autrice del Novecento che ha saputo indagare la complessità della sfera femminile, delle relazioni affettive e della sessualità, sfidando la visione dominante di una cultura patriarcale. La mostra, promossa dalla Città Metropolitana di Firenze, nasce da un progetto del Museo Novecento ed è organizzata dalla Fondazione MUS.E in collaborazione con l’Archivio Clemen Parrocchetti, si tratta della prima ampia esposizione all’interno di un’istituzione museale italiana e intende raccontare al pubblico un’artista ancora poco conosciuta, vicina al movimento femminista italiano e autrice di un linguaggio originale, provocatorio e autentico.
Ironia Ribelle, a cura di Marco Scotini e Stefania Rispoli, con la direzione artistica di Sergio Risaliti, in programma dal 2 ottobre 2025 al 6 gennaio 2026, riunisce oltre cento opere tra dipinti, disegni, sculture, arazzi, documenti e materiali d’archivio e restituisce la figura di un’artista anticonformista, che ha saputo unire ricerca estetica e militanza politica.«Negli ultimi anni il Museo Novecento ha dedicato grande attenzione alle artiste del contemporaneo e del Novecento, da Jenny Saville a Cecily Brown, da Rachel Feinstein a Anj Smith, da Louise Bourgeois a Haley Mellin, lo stesso impegno lo abbiamo profuso nei confronti delle nuove generazioni di artiste italiane dal duo Goldschmied&Chiari a Francesca Banchelli, da Giulia Cenci a Alessandra Ferrini – ha dichiarato Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento.
– Oggi proseguiamo su questa strada presentando la prima ampia retrospettiva in un’istituzione museale italiana dedicata a Clemen Parrocchetti, figura che ha saputo attraversare il proprio tempo in dialogo con le trasformazioni della società e del movimento femminista, coniugando rivendicazioni sacrosante a un’ironia affilata. Parrocchetti ha saputo appropriarsi di linguaggi storicamente dominati dal verbo maschile – dal surrealismo alla pop art, dall’assemblage all’arte povera – per rovesciarne i codici, introducendo una poetica gioiosa e ribelle che parla ancora al presente.
Desidero ringraziare i prestatori, la Fondazione Clemen Parrocchetti, gli eredi, i curatori Stefania Rispoli e Marco Scotini, la Città Metropolitana di Firenze che ha sostenuto il progetto, e lo staff della Fondazione MUS.E di Palazzo Medici Riccardi e del Museo Novecento per la straordinaria collaborazione che ha reso possibile questa mostra».
Parrocchetti ci invita a superare le barriere dei pregiudizi sulla donna - musa, sposa, madre, custode, angelo - e delle questioni di genere che tuttora, pur in un mutato contesto, trovano i loro significati; e lo fa nel segno dell'arte
».«Credo che la grande mostra fiorentina su Clemen Parrocchetti concluda un anno, il 2025, molto fortunato per la riscoperta del suo intero lavoro – ha detto Marco Scotini, co-curatore della mostra. –"Ironia Ribelle" a Palazzo Medici Riccardi rende pienamente giustizia ad un’artista geniale e ad un’opera straordinariamente precorritrice, rimasta sconosciuta fino al 2019.Un’artista non convenzionale e completamente originale con una grande capacità affabulatoria ed un segno fortemente espressionista e ironico, allo stesso tempo passionale e giocoso. Esplosiva, scriteriata, puntigliosa, ribelle, coloratissima, Clemen Parrocchetti - a partire dal 1970 - ci ha consegnato un lavoro che è un vero manifesto del femminismo internazionale, capace di sovvertire gli attributi del lavoro domestico in un programma che ancora risulta rivoluzionario. Con aghi, spilli, fili, forbici e spolette, per quarant'anni non fa altro che ricamare la rivolta.
» «Clemen Parrocchetti è stata per noi una scoperta e siamo certi che lo sarà anche per il pubblico della mostra: un’artista che appassiona e che ha sempre interpretato l'arte come uno strumento di autodeterminazione e denuncia – ha dichiarato Stefania Rispoli, co-curatrice della mostra.– Non a caso nelle sue opere la biografia si intreccia alla politica, al femminismo e all' arte. Come tante artiste della sua generazione si è mossa ai margini del sistema artistico dominante non affievolendo mai la carica espressiva, trasformativa e militante del suo lavoro. Nei suoi diari scriveva: “Non c’è gesto, né parola, che non porti con sé il segno di una battaglia da combattere e di una libertà da conquistare”. Parrocchetti testimonia come il femminismo sia stato e ancora sia una lente attraverso cui ripensare la società, una prospettiva critica e teorica alimentata dal sogno e dal desiderio di cambiamento.
Con questa mostra vogliamo sottolineare quanto le sue opere continuino a parlare al presente, riconoscendo la forza con cui ha intrecciato la pratica artistica e l’impegno politico e restituendo il posto che merita nella storia dell’arte italiana del Novecento». In quegli anni di battaglie e immaginazioni al potere Clemen Parrocchetti scriveva “Non voglio più essere sfogliata, non voglio più che mi si strappino le ali. Le rivoglio tutte, vibranti di luci e suoni per volare”: la mostra ripercorre l’interno arco creativo dell’artista milanese, che al fianco di altre donne della sua generazione ha agito ai margini del sistema culturale ufficiale, dominato da logiche maschili e da modelli prestabiliti, sostenendo l’urgenza di un ripensamento profondo del ruolo femminile tanto nell’arte quanto nella società.Intrecciando biografia, militanza e linguaggio visivo, la mostra ricostruisce l’immagine di una pratica coraggiosa e autonoma, capace di trasformare ago, filo e tessuto in strumenti di ribellione e di gridare, allora come oggi, un desiderio di libertà e di emancipazione.Il percorso si apre con la serie Amore e divorazione, presentata per la prima volta nel 1969, in cui l’artista mette in scena un’esplosione di corpi scomposti, mascheroni grotteschi, bocche e vagine coloratissime.
Queste tele segnano la rottura con la pittura più cupa degli esordi e traducono la carica contestataria del Sessantotto in un linguaggio pittorico esuberante e provocatorio, definito in quegli anni da Dino Buzzati come un intreccio di pop art, sesso, sadismo e carnevali popolari. A seguire, la serie dei Trofei solari introduce un vocabolario più astratto e festoso, ma ancora attraversato da tensioni tra gioco e violenza: all’inizio degli anni Settanta Clemen Parrocchetti non abbandona la pittura ma, in un certo senso, alleggerisce i toni del suo espressionismo.
In questo contesto si colloca anche l’opera-manifesto Promemoria per un oggetto di cultura femminile (1973), che segna l’avvicinamento al Movimento di Liberazione della Donna e trasforma il cucito, simbolo del lavoro domestico femminile, in strumento di lotta e autocoscienza.La sezione centrale della mostra è dedicata agli “oggetti di cultura femminile”, opere ready-made concepite come anti-trofei della domesticità. Aghi, rocchetti, spole, bambole, utensili da cucina e siringhe diventano, nelle mani dell’artista, strumenti di denuncia contro la subordinazione della donna e la violenza patriarcale.
Queste opere, esposte per la prima volta a Milano nel 1975 e a Pavia l’anno successivo, dialogano con il pensiero marxista femminista di Silvia Federici, Leopoldina Fortunati e Mariarosa Dalla Costa e con le battaglie del collettivo Wages for Housework, trasformando la casa in un campo di lotta politica. Per la prima volta, a distanza di oltre cinquant’anni, la mostra fiorentina le raccoglie di nuovo tutte insieme.“Sono convinta che non sia possibile una completa rivoluzione sociale se prima le donne non abbiano raggiunto una vera coscienza del proprio ruolo”, scriveva in quegli anni l’artista.Un’ampia sezione in mostra è dedicata in particolare al 1978, anno cruciale in cui Parrocchetti entra nel Gruppo Immagine di Varese, accanto a Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Mariuccia Secol e Mariagrazia Sironi.
Con loro partecipa al convegno Donna Arte e Società, da cui nasce il documento collettivo Vogliamo, Vo(g)liamo, e alla Biennale di Venezia, dove presenta uno dei suoi primi arazzi nell’ambito di un environment collettivo. In mostra compaiono lavori come Macchina delle frustrazioni (1975), Metamorfosi di una processione (1978), Sveglia!! È ora (1978), e Macchina delle frustrazioni (1975), legata al tema dell’aborto, che testimoniano la volontà di risveglio e azione sociale attraverso l’arte.Alla fine degli anni Settanta le opere di Parrocchetti iniziano a occupare lo spazio in modo nuovo e fanno uso di materiali diversi, come la juta.
Nascono i primi arazzi e le installazioni, tra cui BARRIERE, una serie di triangoli rovesciati e attraversabili, che suggeriscono un’idea di passaggio e superamento. L’anatomia del corpo femminile rimane il fulcro delle sue composizioni allusive, che mirano a criticare lo sguardo oggettivante sulla donna ma anche a rappresentarla nel pieno delle sue potenzialità creative ed erotiche.Il percorso prosegue con le opere degli anni Ottanta e Novanta, tra cui arazzi, installazioni e lavori su carta cucita che assumono la forma di diari visivi in cui confluiscono testi, poesie, frammenti autobiografici e materiali leggeri come tulle, paillettes e organza, in un gioco ironico con l’estetica della moda e della frivolezza femminile.
In questi lavori l’arte diventa spazio di autocoscienza e di liberazione, ma anche esorcizzazione di traumi personali e collettivi. Non mancano autoritratti, come l’opera Io Micol, in cui l’artista si raffigura insieme al suo cane, suggerendo un’identità aperta e non gerarchica tra essere umano e animale.In mostra i disegni di pulci, blatte, pidocchi e meduse, insieme a sculture cucite che riproducono tarme in picchiata su brandelli di tessuto mettono anche in luce la svolta eco-femminista dell’artista della fine degli anni Novanta, quando Parrocchetti concentra la sua attenzione sugli insetti e i parassiti domestici.
In queste opere, che trasformano i parassiti in creature quasi poetiche, emerge il parallelo tra il dominio patriarcale sul corpo femminile e lo sfruttamento della natura, sottolineando l’urgenza di ripensare insieme le relazioni tra i sessi e con l’ambiente.La mostra è accompagnata da un catalogo edito Dario Cimonelli realizzato in collaborazione con la collezione 49 Nord 6 Est - Frac Lorraine a Metz in Francia.Inoltre, tutti i sabati e le domeniche alle ore 15, sarà possibile prendere parte alle visite guidate per giovani e adulti (prenotazioni allo 055-276 0552 o info@palazzomediciriccardi.it) che consentono di esplorare un’ampia selezione di opere tra dipinti, disegni, sculture e arazzi, ripercorrendo le tappe salienti del lungo percorso artistico di Clemen Parrocchetti, con un focus sui lavori realizzati dopo il ’68, in anni animati da lotte e rivendicazioni sociali in favore di un risveglio delle coscienze.