Allarme alcol tra i giovani: in Toscana le ragazze bevono di più

Redazione Nove da Firenze

L’alcol torna a preoccupare la Toscana. Sempre più giovani, e in particolare le ragazze, fanno uso abituale di bevande alcoliche e ammettono di essersi ubriacati almeno due volte nella vita. Un fenomeno in crescita, che si configura come un problema non solo sanitario ma anche sociale, mentre le campagne di sensibilizzazione sembrano non dare i risultati sperati.

A lanciare l’allarme è Il Centro Alcologico Regionale Toscano (AOUC) che richiama l’attenzione a quanto emerge dall’ultimo rapporto della Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, che fotografa una tendenza in netto aumento. Tra le quindicenni toscane, il 28% ha dichiarato di essersi ubriacata almeno due volte, un dato superiore alla media nazionale. Ancora più allarmante la situazione delle diciassettenni, con il 58,2% che riferisce esperienze di ubriacatura, superando anche i coetanei maschi, fermi al 54,3%.

“Le ragazze, contrariamente a quanto si possa pensare, risultano oggi più esposte agli effetti negativi dell’alcol”, spiega Mimma Dardano, psicologa clinica, psicoterapeuta ed esperta in dipendenze. “Un ruolo importante lo giocano i fattori socioculturali: modelli comportamentali e pressioni sociali che spingono le giovani a uniformarsi a schemi di gruppo, dove l’abuso di alcol viene spesso percepito come sinonimo di libertà e integrazione”.

Una tendenza confermata anche dal prof Valentino Patussi, specialista in alcologia e patologie alcol-correlate, direttore della SOD di Alcologia e coordinatore del Centro alcologico regionale toscano, Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi: L’alcol, soprattutto tra i più giovani, rappresenta una minaccia silenziosa, spesso sottovalutata. Non incide soltanto sulla salute fisica, ma lascia segni profondi anche sul piano mentale, relazionale, sociale e ambientale. Il problema principale è che molti adolescenti non percepiscono i rischi a lungo termine, né le conseguenze immediate sul loro benessere e sul contesto che li circonda.

È proprio questa mancanza di consapevolezza a rendere il fenomeno difficile da arginare: l’alcol si insinua nella quotidianità, normalizzato da messaggi culturali ambigui, spesso banalizzato o addirittura associato a modelli di successo e appartenenza.

Ricorda e sottolinea la dott,ssa Dardano che il rischio legato al consumo di alcol, si somma quello - altrettanto preoccupante - associato all’uso di tabacco, sostanze psicoattive e droghe, compresi gli psicostimolanti di sintesi sempre più presenti nei contesti giovanili. Si tratta di un fenomeno complesso, che spesso non riguarda l’uso di una sola sostanza, ma assume la forma del policonsumo.

Entrambi gli esperti sottolineano che questa commistione amplifica gli effetti negativi sulla salute fisica e mentale, aumenta l’imprevedibilitàdelle reazioni e riduce ulteriormente la capacità dei giovani di percepire il rischio. È una spirale pericolosa che può innescarsi anche in ambienti ritenuti “sicuri”, come le feste tra coetanei o i ritrovi informali.

Per gli esperti la risposta non può che partire dalla prevenzione. “Occorre un impegno condiviso tra istituzioni, scuole, famiglie e imprese - sottolineano Dardano e Patussi - servono più controlli e campagne che parlino ai giovani”.

Un impegno condiviso tra istituzioni, scuole, famiglie e mondo produttivo: è questa la strada indicata da esperti e operatori del settore per contrastare il consumo di alcol tra i minorenni, un fenomeno che continua a destare preoccupazione in molte realtà del Paese.

Secondo gli addetti ai lavori, non bastano le buone intenzioni o gli interventi sporadici: servono campagne di sensibilizzazione mirate, capaci di coinvolgere direttamente i ragazzi, non come semplici destinatari, ma come protagonisti attivi del cambiamento culturale.

Accanto alla prevenzione, però, resta centrale il tema della legalità. I controlli sulla vendita di alcolici ai minori, infatti, si rivelano spesso insufficienti: in molti casi, i divieti imposti dalla legge vengono aggirati o ignorati, alimentando un mercato sommerso che sfugge alla regolamentazione.

Un approccio integrato, dunque, appare sempre più necessario: da un lato informazione e responsabilizzazione, dall’altro presidi più efficaci sul territorio. Solo così sarà possibile costruire un argine credibile a un fenomeno che, se sottovalutato, rischia di lasciare segni profondi sulle nuove generazioni.

In questo scenario, le Case della Salute possono giocare un ruolo cruciale. Diffuse sul territorio e concepite come punti di accesso integrato ai servizi sanitari e socio-sanitari, queste strutture rappresentano uno snodo fondamentale per la prevenzione, soprattutto tra i più giovani.

Attraverso équipe multidisciplinari composte da medici, psicologi, assistenti sociali e operatori socio-educativi, le Case della Salute possono intercettare precocemente situazioni di disagio, fornendo ascolto, orientamento e interventi mirati. Inoltre, in collaborazione con scuole, famiglie e associazioni del territorio storiche come: Alcolisti Anonimi, Narcotici Anonimi e Club Alcologici Territoriali, possono farsi promotrici di percorsi educativi e informativi, rafforzando quella rete di protezione comunitaria indispensabile per affrontare fenomeni complessi come il consumo precoce di alcol.

Ma perché il loro ruolo sia realmente efficace, è necessario potenziare risorse e visibilità, trasformandole sempre più in luoghi di riferimento accessibiliai giovani, non solo in situazioni di emergenza, ma anche nel quotidiano.

“Serve un cambio di paradigma - ribadiscono con forza sia Dardano che Patussi -. I giovani devono essere messi in condizione di scegliere in modo consapevole, riscoprendo il valore di uno stile di vita sano e alcol free". Un cambiamento che va ben oltre la dimensione individuale, e che coinvolge l’intera comunità, chiamata a riscoprire l’importanza del bene comune e del benessere integrale collettivo.

Non si tratta semplicemente di dire “no” all’alcol, ma di offrire alternative, creare contesti sani e significativi, coltivare reti di prossimità e fiducia. È una sfida che chiama in causa tutti: scuole, famiglie, istituzioni, servizi sanitari, mondo dello sport e dell’associazionismo tutto.

Solo attraverso un’azione coerente, integrata e partecipata, sarà possibile costruire una nuova cultura della prevenzione e della promozione della salute e del bene comune. Una cultura della prevenzione che non giudica né alimenta pregiudizi, ma educa e sensibilizza. Che non i soli i giovani, ma li valorizzi come parte attiva e propositiva di un percorso di trasformazione collettiva che coinvolge l’intera comunità.