Vino: nelle Doc spazio alle sottozone per valorizzare gli autoctoni

Redazione Nove da Firenze

Firenze, 8 giugno 2006- Creare delle sottozone all’interno delle Doc, in particolare quelle di vaste dimensioni per differenziare e caratterizzare le nostre produzioni. Così come da sempre avviene in Francia con le “grand cru”. Insomma è necessario valorizzare ulteriormente il patrimonio vitivinicolo toscano e nazionale, salvaguardando la memoria storica e la tradizione, e partendo proprio da quel patrimonio vasto e variegato rappresentato dai cosiddetti vitigni minori, ovvero gli autoctoni.

Ed in Toscana sono presenti e già censite ben 240 varietà secondarie. Un quadro suggestivo e dalle prospettive stimolanti quello che scaturisce dal seminario organizzato dall’Arsia, l’Agenzia della Regione Toscana per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo e forestale, e dal Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università degli studi di Firenze ,che si è svolto oggi a Vinci (Fi), presso le Cantine Leonardo, in cui sono stati presentati i primi risultati del progetto di ricerca promosso e cofinanziato dall’Arsia, sul “Miglioramento delle produzioni vitivinicole toscane attraverso la valorizzazione dei vitigni autoctoni” rivolto ad operatori e tecnici del settore.

Il progetto di ricerca il cui costo complessivo è di 335mila euro,per la della durata di quattro anni (2004-2007) ha visto il cofinanziamento delle Province di Siena e Pisa.

Non possiamo essere tutti uguali all’interno delle Doc – commenta Maurizio Boselli, coordinatore scientifico del progetto, del Dipartimento di ortoflorofrutticoltura dell’Università degli studi di Firenze –, specialmente in denominazioni di grandi dimensioni, come quelle di 7-10mila ettari. Ritengo che una soluzione possibile possa essere quella di suddividere la Denominazione di origine controllata magari per aree, per dare una maggiore specificità ai nostri territori e alle produzioni.

Tanto più che la Toscana, così come è emerso da questa prima fase del progetto, ha a disposizione un patrimonio genetico incredibile, con le 240 varietà minori collezionate nelle Università e negli Istituti di ricerca. Fra questi il foglia tonda, il morellino del Casentino, il pugnitello, il pollera, il brunellone, l’orpicchio, presenti in diverse località della Toscana, dalla provincia di Lucca e Pisa, a quelle di Siena, Firenze ed Arezzo. Così fra dieci, venti anni, la vitivinicoltura toscana potrebbe sorprendere ancora, grazie a questi vitigni fino ad oggi sconosciuti, valorizzando la tradizione dei diversi territori.

E inoltre, grazie al lavoro di selezione clonale, sono stati omologati – attraverso i programmi di ricerca finanziati dalla Regione Toscana e dall’Arsia – 27 cloni di vitigni.

E’ importante però – sottolinea l’amministratore dell’Asia Maria Grazia Mammuccini – che l’impegno profuso dalla Regione e dai produttori nella direzione dei vitigni autoctoni per rafforzare l’identità della nostra viticoltura sui mercati globali, non vada vanificato a livello comunitario, come sta avvenendo con la nuova Ocm del vino e l’apertura all’impiego di trucioli nel vino per accelerarne l’invecchiamento.

Il progetto di ricerca si pone gli obiettivi di acquisire ulteriori conoscenze sui vitigni autoctoni toscani a minore diffusione per evitare il fenomeno dell’erosione genetica, da alcuni anni in atto nella nostra viticoltura, e favorire l’incremento della biodiversità nella coltivazione della vite.

Una conoscenza più ampia sui vitigni autoctoni è necessaria per la diffusione verso i viticoltori di genotipi in grado di rispondere alle esigenze produttive moderne. Questo per dare una maggiore valorizzazione a quei vitigni autoctoni poco diffusi ma che invece possono dare ottimi risultati e rispondere in modo positivo alle diverse condizioni pedoclimatiche. Il progetto tuttora in corso, che si concluderà nel 2007, ha poi il compito di studiare per ogni vitigno ed in ambienti diversi, la possibilità di applicare differenti tecniche colturali, in modo di individuare quelle più adatte per arrivare alle massime potenzialità produttive in termini soprattutto di qualità e di rafforzamento dell’identità delle produzioni toscane.

Temi quanto mai attuali e da sostenere – sottolineato l’assessore all’agricoltura della Provincia di Firenze, Luigi Nigi -; è fondamentale in un settore primario per la Toscana e anche per la nostra provincia essere lungimiranti per mantenere un ruolo da protagonisti nel mercato globale del vino. (lb/as)