Carne bio: mercato in crescita ma attenzione ai costi di gestione

Redazione Nove da Firenze

Firenze, 7 giugno 2006 - La carne biologica toscana piace ai consumatori, è in aumento il numero di aziende, ma il settore deve ancora trovare una precisa affermazione economica e commerciale per cui resta un mercato di nicchia. La zootecnia biologica in Toscana, i vincoli e le opportunità per una ulteriore valorizzazione sono stati i temi al centro di un convegno organizzato dall’Arsia, l’agenzia della Regione Toscana per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo e forestale, che si è tenuto a Grosseto, in cui sono stati illustrati i risultati di un progetto, avviato nel 2002 e recentemente concluso, promosso e finanziato dall’Arsia.

Le tendenze evolutive degli ultimi anni dell’agricoltura e della zootecnia biologica consegnano agli operatori della Toscana un certo ottimismo. In aumento le aziende zootecniche bio sul territorio toscano (da 491 nel 2000 a 603 nel 2005) e crescono anche gli allevamenti biologici (738 nel 2004, 905 nel 2005); in aumento poi l’indice di imprenditorialità (da 1,4% nel 2004 a 1,5% nel 2005: ovvero ogni azienda ha di media 1 allevamento e mezzo fra bovini, suini, ecc.); mentre gli allevamenti bovini sono nel 2005 il 27% degli allevamenti zootecnici, di cui 194 da carne e 50 da latte (176 e 51 nel 2004).

Partendo dalla verifica delle problematiche tecniche, economiche e sociali relative alla gestione dell’allevamento zootecnico biologico – spiega Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia -, il progetto si è sviluppato andando ad analizzare il contesto in cui operano gli imprenditori, e individuare le possibili azioni per agevolare l’introduzione dell’innovazione in azienda. Quindi si è proceduto con l’analisi comparativa degli aspetti tecnico-gestionali e qualitativi delle aziende partner; con la realizzazione di schemi in grado di rappresentare in modo sistemico le interazioni tra gli aspetti qualitativi, gestionali, tecnici, economici, sociologici interni all’azienda e nel rapporto con il contesto esterno.

Il progetto si caratterizza per la concretezza e per il dettaglio dei piani aziendali nonché per l’attuazione posta nell’affrontare le fasi sperimentali concertate. In questo senso assumono sempre più significato gli aspetti legati alla razionalizzazione della loro gestione tecnico-economica.

Grande attenzione dovrà essere dedicata all’integrazione fra le tecniche di pascolamento e la fase di ingrasso, tenendo sott’occhio e migliorando la qualità dei foraggi. Altrettanto importante è elevare il benessere dell’animale per un consumatore sempre più attento e creare un modello economico che bilanci i costi di produzione della carne e dei foraggi con i prezzi di mercato.



Un punto fondamentale per far crescere il settore – aggiunge Mammuccini – è incentivare quanto prima e quanto più possibile la filiera corta, per far crescere la vendita diretta in azienda al consumatore finale e per permettere di mantenere prezzi accessibili, lasciare alle aziende produttrici il margine commerciale, nonché il valore aggiunto della trasformazione della carne e nello stesso tempo creare un mercato proprio, con clienti abituali. Il mondo della ricerca deve poi continuare a fornire innovazione, indispensabile elemento di sviluppo per le aziende.



Molti i punti di forza su cui il settore può investire: Intanto – sottolinea Ezio Salvini, del dipartimento di agronomia dell’Università di Pisa e coordinatore del progetto – la tenuta della presenza dei trasformatori biologici nel paese e in Toscana può considerarsi un segnale positivo circa un legame crescente con la fase di traformazione, che offre a molte produzioni biologiche una più remunerativa collocazione sul mercato. Va inoltre considerata l’elevata immagine di qualità delle carni prodotte in Toscana ed il forte legame fra domanda e offerta di carni locali, soprattutto bovine, in una regione particolarmente ricca di aziende che vendono direttamente ai consumatori le proprie produzioni e questo vale ancor di più per le aziende biologiche, considerando anche il connubio fra attività agricola biologica e agriturismo.

Fra le difficoltà evidenziate da Salvini la complessità dei sistemi zootecnici e biologici e delle relative normative, i costi di gestione ed i problemi della filiera. I costi di produzione – spiega – sono maggiori del 40-50 per cento rispetto al convenzionale, per cui diviene fondamentale ottenere livelli di prezzo elevati della carne, mentre non sempre gli imprenditori spuntano prezzi superiori al prodotto convenzionale. In molti casi infatti la redditività degli allevamenti biologici è ritenuta insoddisfacente in considerazione degli investimenti fatti.

Dati i minori finanziamenti al biologico rispetto al passato e gli alti costi, secondo quanto emerge dai risultati, e considerando che il consumatore non è disposto a pagare eccessivamente la carne biologica rispetto a prodotti certificati Igp, è necessario ridurre i costi di produzione e i margini distributivi della rete commerciale al fine di ridurre la forbice di prezzo fra carne e carne bio. (lb)