XXV Edizione degli Incontri Internazionali di Cinema e Donne - Firenze 8/14 ottobre 2003

Redazione Nove da Firenze

Eva & Eva: venticinque anni di cinema e donne a Firenze è il tema scelto quest’anno dalle organizzatrici.
Titolo semplice ma impegnativo che centra il cuore della vicenda: Eva & Eva come antipodi di Eva contro Eva, (ricordate il film di Mannkievicz?), come emozione ed energia, poli che scatenano la corrente della creatività. Eva & Eva come cinema di arte e mestiere, dove conta la voglia di intraprendere e di rischiare.
Ma anche cinema come capacità di mettere in scena il presente e tutte le sue contraddizioni.
Ad esempio il fenomeno del terrorismo ed il dramma dei popoli che si fronteggiano in Palestina, le cui ripercussioni sconvolgono il mondo, in un reportage collettivo, a cura della punta di diamante della cinematografia italiana, ben rappresentata al femminile da Wilma Labate (Lettere dalla Palestina) e la sconvolgente testimonianza di una sopravvissuta ad un attentato politico/razziale che incontra e ascolta le ragioni dell’attentatore che l’ha ferita nel premiatissimo documentario di Yulie Cohen (My Terrorist).

La vitalità del cinema al femminile brilla quest’anno nel Catalan Touch, ironico, sperimentale e scatenato, cui è dedicata una sezione del festival. Barcellona e la sua regione al centro di una “nuova onda” di autrici ma anche di scrittrici, pittrici, attrici, musiciste e donne di teatro. Omaggio alla Catalogna, dunque, in una selezione speciale.
Il festival apre con un film cult, un “introvabile” che ha fatto la storia del cinema delle donne e che ci permette di ricordare la regista argentina Maria Luisa Bemberg, amica degli Incontri fiorentini dagli anni Ottanta: Yo la peor de todas, dedicato alla figura di Suor Juana de la Cruz, una delle interpreti più rilevanti della letteratura e della cultura sud americana.

Seguono i migliori cortometraggi dell’ultimo anno, in una scelta che va dal Nepal a New York, mostrando le diverse anime e i diversi umori del cinema femminile contemporaneo.
Dall’Est europeo, rappresentante di una grande tradizione cinematografica e testimone privilegiata di inarrestabili cambiamenti, Livia Gyarmathy, con la sua straordinaria sensibilità capace di spaziare dalla natura alla società cogliendone legami e interazioni. Due i filoni che scorrono lungo la manifestazione: i passaggi tra le culture: registe che praticano il meticciato di lingue e culture, che testimoniano l’effetto di onda lunga delle grandi migrazioni, per cui dalle sponde del Mediterraneo si può giungere a vivere e fare cinema in Canada o il tango argentino può risuonare tra i templi e le strade di Katmandù.

Altri passaggi, questa volta esistenziali, come ad esempio l’età cardine dell’adolescenza, con una serie di giovani donne che sperimentano identità possibili. C’è una giovanissima scrittrice anarchica che ridefinisce il concetto di anarchia e si interroga sul senso della scrittura: Maledetta mia di Wilma Labate. C’è una ragazza turca di Berlino che sogna di essere stilista a Parigi nel miglior film europeo per i giovani sicuramente capace di avvincere tutti gli spettatori: Karamuk di Suelbiye V.

Guenar. Però i ballerini che Pina Bausch fa volteggiare in Damen und Herren hanno tutti più di sessantaquattro anni e non sfigurano, in quanto a grinta e determinazione, di fronte ai giovani artisti dei centri sociali.
Il Sigillo della Pace, quest’anno in edizione speciale, prevede due autrici premiate per la qualità artistica e innovativa delle opere che, entrambe incentrate su quello che le studiose anglosassoni chiamano “passing”, quell’attitudine contemporanea sempre più diffusa in equilibrio tra due lingue e due culture, trasformano questa non facile condizione in una risorsa umana e sociale.

Sono state prescelte per il Sigillo della Pace 2003 una giovane ma affermatissima regista franco algerina Yamina Benguigui, con un film bilingue anche nel titolo Inch’Allah dimanche ed una esordiente tunisino canadese Hejer Charf . Il primo film di Hejer Charf Les passeurs propone un catalogo di contaminazioni e attraversamenti disegnando ritratti realistici, affettuosi e ironici dei tipi umani che frequentano una strada canadese multietnica e globale.
Il piacere dello scrivere tra cinema e narrativa, cinema e saggistica, cinema e memoria, attraverso proiezioni, incontri e letture di Cristina Comencini, Paola Pitagora, intervistate da Anna Maria Mori, che alla Feltrinelli presenterà anche il suo ultimo libro: “Lasciami stare”.