Il Surrealismo e Dalì

L’occasione della mostra “The universe Dalì a Firenze”, a Palazzo Medici Riccardi, offre argomenti di riflessione sul movimento surrealista e il suo legame con l’inconscio.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
31 gennaio 2013 06:24
Il Surrealismo e Dalì

Movimento culturale nato nel 1924, dal Manifesto del pensiero surrealista di Breton, si sviluppa velocemente in Europa e in America, basando la propria tematica sul sogno e sull’inconscio che proprio in quel periodo, con Freud e poi Lacan e tanti altri psichiatri, iniziò un percorso storico le cui idee coincisero con la ricerca di artisti Max Ernst, Juan Mirò, René Magritte e Salvador Dalì tutti convertiti al Surrealismo. Precedentemente, le correnti pre-espressionistiche e espressionistiche si erano rifatte al concetto di inconscio come capacità di indagare le profondità dell’anima umana, ma i surrealisti legarono la loro attività artistica al pensiero freudiano producendo lavori basati sull’idea di inconscio e sul sogno, aderenti alla ricerca che stava muovendo i primi passi verso un nuovo modo di conoscenza della realtà psichica. Per Freud il sogno è la “via regia verso la scoperta dell’inconscio” e produce immagini simboliche che devono essere interpretate per capire il messaggio proveniente dall’inconscio, come desideri, pulsioni o malesseri e disagi.

La figurazione quindi risulta la via più semplice per rappresentare direttamente il sogno. Dunque il Surrealismo si identifica nel processo mediante il quale, attraverso il sogno e le libere associazioni di immagini e di idee, si accede alla dimensione inconscia, libera da inibizioni razionali e morali. Così Breton definisce il Surrealismo: “Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero.

Dettato dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”. Con il concetto di libera associazione di idee, si uniscono insieme cose, oggetti, figure e spazi tra loro apparentemente estranei provocando una visione sorprendente per la sua assurdità e in contraddizione con la realtà. Anche la metamorfosi viene suggerita, nelle elaborazioni figurative dei surrealisti, attraverso deformazioni irreali, trasfigurando la realtà, senza negarla. Salvador Dalí nacque a Figueras, in Catalogna, nel 1904.

A Parigi, Dalì fu coinvolto nel periodo più fecondo del movimento surrealista e vide nelle teorie surrealiste la possibilità di far emergere la sua immaginazione piene allucinazioni iperrealistiche. Del 1929 è il suo primo quadro surrealista: “Il gioco lugubre”. Nel quadro appare in primo piano una figura maschile di spalle, con mutande sporche di escrementi, che suscitò sconcerto tra gli artisti surrealisti. Nonostante il suo notevole virtuosismo tecnico, il suo eccesso decretò l’espulsione dal gruppo dei surrealisti nel 1934.

Ma, dichiarandosi l’unico vero artista surrealista esistente, intensificò l’universo delle sue forme surreali, denominando il suo metodo paranoico-critico. Dice Dalì della paranoia: “Una malattia mentale cronica, la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza o di ambizione”. E poi ancora: “Attraverso un processo nettamente paranoico è possibile ottenere un’immagine doppia, rappresentazione di un oggetto che, senza la minima modificazione figurativa o anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un oggetto assolutamente diverso”. Molte delle sculture esposte nella mostra “The universe Dalì a Firenze”, sono state realizzate da Dalí quando era da solo e voleva rilassarsi dalle tensioni ossessive e allucinanti che spesso lo tormentavano durante il giorno.

Il suo atteggiamento verso la forma artistica della scultura era allo stesso tempo scientifico e metamorfico, lo dimostra un passaggio tratto dalla sua biografia “La Vita Segreta di Salvador Dalí”: “Oggigiorno sappiamo che la forma deriva sempre da un processo di indagine del materiale... la reazione specifica del materiale quando è sottoposto alla terribile forza coercitiva dello spazio, che lo soffoca, lo preme e lo spreme ovunque, fino a creare quella crescita che, partendo dalla sua vita, raggiunge i limiti precisi stabiliti dai confini rigorosi della sua reazione originaria.

Molte volte, un pezzo di materiale spinto da un impulso assoluto, nega la reazione; mentre un altro pezzo di materiale riesce a creare una propria vita particolare, un pezzo di materiale che tenta di essere quello che è possibile che sia, abbandonandosi al piacere di creare nuove forme, nonostante il tirannico impatto dello spazio”. Cecilia Chiavistelli

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