L'ultimo Arafat: mercoledì 26 (21.30) alla Facoltà di Lettere e Fisolofia in esclusiva il video censurato di Paolo Mondani
Giovedì 20 incontro al Centro Popolare Autogestito Fi Sud

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 gennaio 2005 12:48
L'ultimo Arafat: mercoledì 26 (21.30) alla Facoltà di Lettere e Fisolofia in esclusiva il video censurato di Paolo Mondani<BR>Giovedì 20 incontro al Centro Popolare Autogestito Fi Sud

Il filmato contiene le immagini degli ultimi giorni di vita di Arafat, documenta il suo itinerario umano e politico, un simbolo della resistenza del popolo palestinese. Disponibile per la messa in onda della RAI e de La7 all’indomani della morte di Arafat, è stato giudicato politicamente irrilevante, troppo filopalestinese, ed è stato censurato. E’ un Arafat che parla all’uomo comune, spiegando le ragioni del suo popolo.
L’informazione è ormai nel mirino, in tutti i sensi: in Israele si è sperimentata la pratica di eliminare fisicamente i giornalisti scomodi (vedi assassinio di Raffaele Ciriello); in Iraq i giornalisti sono arruolati dagli eserciti occupanti (gli “embedded”) o eliminati come Baldoni; in Italia si estende l’applicazione del codice militare al diritto di informazione, prospettando la condanna da due a dieci anni per chi raccoglie e diffonde informazioni valutate “di interesse militare”.

Stop the Wall, abbatti il muro dell'apartheid con la resistenza Palestinese
Coordinamento Regionale Toscano di solidarietà con la Palestina cpa@ecn.org


Giovedì 20 Gennaio ore 21.30 al Centro Popolare Autogestito Firenze sud via Villamagna 27/a
Michel Warschawski presenta il libro "A precipizio.

La crisi della società israeliana"

Il merito principale di questo libro di Michel Warschawski, "A precipizio"(Bollati Boringhieri, pp. 125 euro 12) è quello di rompere, o quanto meno di sgretolare, quel muro dell'informazione ufficiale secondo il quale in Israele e nei Territori è in corso una guerra tra due contendenti che si affrontano sostanzialmente ad armi pari e che, tra questi due soggetti in lotta, lo stato d'Israele è quello che porta meno responsabilità nella spirale di violenza in atto da anni in Medio Oriente.

In primo luogo perché si tratterebbe di uno stato democratico, e in secondo luogo perché i palestinesi sono colpevoli di numerosi atti di terrorismo contro i quali ogni tipo di azione, anche la più brutale, diventa legittima. Una lettura assolutamente fuorviante dello scenario esistente che Warschawski smantella con un'analisi dei fatti assolutamente inconfutabile. Difficile in poche righe dare un'idea esauriente delle oltre cento pagine del testo.
Questo coraggioso esponente della sinistra radicale israeliana stigmatizza nella prima parte del libro il massacro di civili attuato dall'esercito con la stella di Davide dopo quel terribile settembre 2000, ricordato per la provocazione di Sharon alla spianata delle Moschee: «(...) la sanguinosa repressione di una popolazione è mascherata sotto il nome di "guerra contro il terrorismo" (...).

Anche il concetto di guerra ha la sua importanza: lascia intendere che, di fronte alla quinta potenza militare del mondo, non c'è una popolazione civile, ma un'altra forza militare, e che ciò giustifica l'uso di carri armati, di elicotteri da combattimento e di aerei da caccia.» Come dicevamo Warschawski si interroga poi sulla natura democratica dello stato d'Israele e denuncia con forza la deriva autoritaria e militarista che nega i principi più elementari di una società aperta e pluralista: «Negli ultimi due anni - scrive - è stato possibile scorgere numerosi segnali di questa scomparsa delle norme più elementari della democrazia: il ritiro della cittadinanza israeliana ad arabi sospettati di legami con il terrorismo, l'annullamento dell'immunità parlamentare di deputati arabi, la legittimità concessa a opinioni, programmi politici e progetti di legge apertamente razzisti: in particolare, i progetti di pulizia etnica nei territori occupati e nello stesso Israele.» Di fronte a questa deriva la sinistra sionista sembra impotente e rinunciataria: «Anziché battersi per la società che sognava non troppi anni fa (...) accusa il mondo intero (...) e sogna un avvenire più normale in Europa.» Resta a battersi solo «una piccola minoranza.» Ma, dice con amarezza l'intellettuale israeliano «il rapporto di forze non è incoraggiante e i giorni sono contati.»

Vittorio Bonanni

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