Toscana: dieci donne al giorno si rivolgono ai centri antiviolenza

Redazione Nove da Firenze

(DIRE) Firenze, 25 nov. - In Toscana ogni giorno 10 donne si rivolgono per la prima volta a un centro antiviolenza. Nell'ultimo decennio il dato è raddoppiato, passando da 1.761 a 3.539. La forma di violenza più diffusa è quella psicologica, ma negli ultimi 12 anni le persecuzioni nei confronti delle donne sono sfociate spesso nell'omicidio: dal 2006 al 2018 si sono contati, in effetti, 113 femminicidi. 

Al tempo stesso è cresciuto anche il numero degli uomini che si rivolgono ai sei centri rivolti agli autori di violenze. L'undicesimo rapporto sulla violenza di genere curato dall'osservatorio sociale regionale pone di fronte a dati in netta ascesa di un fenomeno che tuttavia resta in buona parte non emerso. "Ancora si stima- avverte in proposito la vicepresidente della Regione Monica Barni - che l'80% delle violenze non siano raccontate e quindi bisogna ancora lavorare molto su questo terreno".

Il governo regionale da anni è impegnato per di fare in modo che il problema possa venire a galla il più possibile, andando a finanziare i Cav ma anche investendo su iniziative di prevenzione e su reti territoriali di sostegno alle donne in difficoltà E in occasione della giornata internazionale contro la violenza di genere, Barni incassa il segnale positivo che arriva proprio in queste ore dal ministero dell'Economia: "Una buona notizia- fa sapere ai giornalisti - è giunta questa mattina. In commissione della conferenza della regioni è arrivato il decreto che stanzia 30 milioni a livello nazionale per il contrasto alla violenza e quindi tra breve saranno a disposizione le risorse statali.

Le abbiamo invocate tanto e stanno per arrivare".

Sul fronte dell'assistenza alle vittime di violenza la Toscana quest'anno celebra anche i 10 anni dall'istituzione del codice rosa: "È un anniversario importante - sostiene l'assessore al Diritto alla Salute Stefania Saccardi - perche' e' un progetto nato quasi per caso nell'ospedale di Grosseto. Adesso e' diventato un esempio non solo nazionale, ma internazionale di come dentro i pronto soccorso si possa e si debba prendersi carico delle donne e dei soggetti fragili che subiscono violenza per garantire il miglior percorso sanitario e il miglior percorso per l'accertamento e la conservazione delle prove di reato". Un'iniziativa, però, che rischia in qualche modo di subire una sovrapposizione con il codice rosso approvato a livello nazionale: "Si fa un po' di confusione. Lo dissi subito- ricorda- quando venne lanciato, il codice rosso dentro i pronto soccorso è un'altra cosa. Ci auguriamo dunque che si affermi nei percorsi all'esterno degli ospedali".