Scudo erariale: funzionari pubblici mai responsabili?
Lo scudo erariale è un provvedimento che limita la responsabilità dei pubblici ufficiali ai soli casi di dolo e di gravi omissioni, escludendo la colpa grave in tutti gli altri casi in cui un funzionario firma un atto o prende una decisione. Questa misura è stata introdotta per la prima volta nel 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte, con l’intento di fronteggiare la situazione eccezionale dovuta dalla pandemia da Covid-19, consentendo sostanzialmente più libertà ai funzionari pubblici di prendere decisioni senza il rischio di incappare in indagini e processi. In seguito, lo scudo è stato però prorogato dai successori di Conte anche dopo la pandemia, e lo scorso 9 maggio il governo Meloni ne ha allungato ancora la durata fino alla fine del 2025 con un decreto-legge, che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore il 12 maggio.
Come funziona in Italia il sistema delle responsabilità dei pubblici amministratori e dipendenti? I dipendenti e i funzionari pubblici sono soggetti oltre alla giustizia penale e civile, anche alla cosiddetta “responsabilità erariale”, ossia la responsabilità nei confronti dello Stato. L’organo che vigila sull’operato dei funzionari pubblici, dagli impiegati di un ufficio pubblico fino a quelli di un ministero, è la Corte dei Conti. Secondo l’articolo 100 della Costituzione, la Corte dei Conti ha in carico il giudizio nei confronti dei funzionari pubblici accusati di aver causato un danno erariale, cioè una perdita di risorse o denaro per lo Stato a causa di una loro decisione, o mancata decisione.
Secondo la normativa vigente, un funzionario può essere punito solo se è dimostrato il dolo o la colpa grave. Il dolo si verifica quando il danno è causato intenzionalmente, mentre la colpa grave è un errore involontario ma grave, causato da negligenza, con conseguenze dannose per lo Stato. Per fare l’esempio di un caso di cronaca, si ha colpa grave quando un funzionario svolge controlli poco accurati su un ponte e poi quel ponte cade, provocando danni a cose e persone.
L’idea alla base dello scudo erariale è di proteggere i funzionari pubblici dalla cosiddetta “paura della firma”, proteggendo dalla responsabilità per danni chi agisce, chi firma un atto o prende una decisione, come un sindaco o un amministratore pubblico, e non chi omette o chi non interviene. La “paura della firma” è un’espressione, spesso usata nel dibattito politico e giornalistico, che indica la paura di firmare atti ufficiali da parte degli amministratori pubblici, come i sindaci, per timore di essere accusati di danno erariale o altri illeciti.
Contro la paura della firma, a luglio 2024 il Parlamento ha anche approvato l’eliminazione del reato di abuso d’ufficio, voluta proprio dal governo Meloni e in particolare dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il reato di abuso d’ufficio era previsto all’articolo 323 del codice penale ed era commesso quando un pubblico ufficiale, per esempio il sindaco di un comune, causava durante l’esercizio delle sue funzioni un danno patrimoniale o un vantaggio a suo favore violando le leggi oppure omettendo di astenersi in una decisione quando era coinvolto in un conflitto di interessi.
Anche sull’eliminazione dell’abuso d’ufficio si è acceso un dibattito, tra chi sostiene che l’abolizione del reato rischia di causare una sostanziale impunità per gli amministratori pubblici, e chi invece sostiene che esistano altri reati contestabili ai politici e ai pubblici ufficiali che violano la legge svolgendo i loro compiti.
Uno degli effetti dello scudo erariale è che i pubblici ufficiali non rispondono per i danni causati nei confronti dello Stato. Questo implica che nei casi coperti dallo scudo erariale lo Stato non potrà chiedere nessun risarcimento ai funzionari pubblici, ma non vuol dire che i costi del danno si estinguano: sarà lo Stato infatti a dover risarcire le persone danneggiate con risorse proprie. Quindi l’intero risarcimento lo dovrà pagare lo Stato, ossia noi cittadini.
In conclusione, lo scudo erariale era giustificato da una situazione eccezionale come la pandemia, ma ora sono passati cinque anni dal 2020 e siamo all’ennesima proroga di questo strumento. Il rischio è che diventi una regola di irresponsabilità.