La giornalista e scrittrice Anna Zafesova presenta i suoi ultimi libri
Giovedì 16 ottobre alle 18:00, presso Le Murate Caffè Letterario, la giornalista e scrittrice Anna Zafesova presenta i suoi ultimi due lavori, “Russia l’impero che non sa morire” e “Pietroburgo”. L’evento, con la collaborazione anche delle associazioni “Lilea” di Firenze e “Liberi Oltre le Illusioni” è presentato da Marco Baroncini.
Anna Zafesova, analista politica, sociale e culturale della Russia, dell’Ucraina e dello spazio post-sovietico, si occupa di relazioni internazionali, fake news e populismo, con pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Dal 1992 scrive per La Stampa. Fino al 2004 è stata corrispondente del quotidiano torinese a Mosca, dal 2005 vive e lavora in Italia. Nel primo libro, l’autrice indaga le dinamiche di potere attive nel regime di Mosca e descrive le contraddizioni di un Paese destinato a crollare sotto il peso della storia.
Con una natalità da Occidente, la Federazione Russa ha però una mortalità da Paese arretrato, con un’aspettativa di vita di settantadue anni circa, dieci anni in meno rispetto agli italiani, per esempio, secondo i dati della Banca Mondiale. Resta comunque un Paese per vecchi, con l’età mediana di quarantadue anni, e più della metà della popolazione – e quindi quasi due terzi degli elettori – nata prima della perestroika. Con una differenza fondamentale rispetto agli anziani nostalgici europei: mentre in Occidente il cambiamento è stato graduale e continuo, in Russia la modernizzazione è arrivata con decenni di ritardo, investendo un Paese che si era isolato dal mondo esterno.
Non ne aveva letto i libri, non lo aveva studiato a scuola, non ne aveva assimilato le mode. Il popolo sovietico era stato oggetto, suo malgrado, di un esperimento crudele, e forse questo è uno dei motivi per cui la Russia putiniana, con il suo sogno di un ritorno al passato, ha fatto da apripista a molti sovranisti nostalgici occidentali: aveva sperimentato il future shock senza avere gli anticorpi e gli strumenti per affrontarlo.
Con il secondo libro “Pietroburgo”, l’autrice coglie una chiave importante, se non decisiva, dell’anima di questa città, che è tutta tesa verso l’Occidente e verso le sue virtù – altrimenti perché volerlo imitare persino negli appellativi, questo Occidente? – e nello stesso tempo è incapace di imitarlo, perché il cuore dell’Occidente (amato, odiato) è la libertà; e la libertà, che è l’irripetibilità di ogni singolo uomo, proprio in quanto tale non può essere imitata, cioè ripetuta, tanto più in un paese che, mentre diventa «un consumatore insaziabile di tutto ciò che è straniero, imitando qualunque usanza forestiera», subito si contraddice punendo «con la pena di morte un viaggio all’estero non autorizzato dallo zar».