Emergenza migranti: la Toscana propone il suo modello d'accoglienza “diffusa”

Europe Direct Firenze

La Regione Toscana ha rilanciato il proprio modello di accoglienza “diffusa” ai migranti, in vista dell'ingente flusso di profughi che la prossima primavera-estate sbarcherà sulle nostre coste e metterà ancora più a dura prova le politiche europee sull'immigrazione. Dati i buoni risultati in termini di integrazione e accoglienza, ottenuti tra il 2011 e il 2012, quando la Toscana ha accolto 1800 profughi in fuga dalla Tunisia e dalla Libia, e tra il 2014 e il 2015, quando ha ospitato 6500 richiedenti asilo, la Regione propone di estendere l'utilizzo del modello e comprovarne l'efficacia. Oltre al caso italiano, infatti, il modello potrebbe anche essere preso a riferimento per stabilire delle direttive europee generali per l'accoglienza ai migranti, che valgano per più (o magari per tutti) i paesi comunitari. Il modello toscano si fonda su due presupposti: sì all'accoglienza e all'integrazione e no alle grandi concentrazioni.

Vediamo perché. Secondo la Regione, i migranti devono essere accolti in strutture piccole o di medie dimensioni, distribuite il più possibile sul territorio regionale, evitando di proposito i grandi concentramenti, che rischiano di divenire ghetti o tendopoli, peraltro di difficile controllo da parte delle istituzioni locali e statali. Al coordinamento generale delle operazioni deve essere deputato direttamente il Sindaco del Comune ospitante, più vicino alla città e alla realtà locale, mentre sono le associazioni del volontariato e del terzo settore a dover gestire l'accoglienza e le strutture. Una volta accolti, anche i migranti devono fare la loro parte.

Parallelamente alla loro ripartizione adeguata su tutto il territorio regionale, il modello d'accoglienza toscano richiede alle associazioni ospitanti di far svolgere attività e servizi di pubblica utilità ai migranti in arrivo. Questo per integrare loro nel tessuto sociale e per permettere a chi già vive in un determinato luogo di vederli come una risorsa, un aiuto alla comunità e non un problema. Per fronteggiare possibili emergenze, la Regione ha pensato anche all'acquisto di strutture mobili provvisorie, quelle che in genere usa la protezione civile in caso di calamità: piccole anche quelle, con cinque posti al massimo.

Un modello capace di garantire un'accoglienza più dignitosa agli ospiti ma anche una migliore integrazione. Secondo i dati raccolti dal Cesvot (centro servizi volontariato in Toscana) a Giugno 2015 la Toscana ospitava 4mila profughi in ben 280 centri di accoglienza straordinaria: piccole strutture, 15 ospiti per centro, presenti in circa 150 Comuni, poco più della metà dei Comuni toscani, e gestite da enti del terzo settore. In particolare la provincia di Firenze era l’area che ne ospitava di più, circa un migliaio, distribuiti in 63 centri: 11 centri gestiti dalle Misericordie, 4 da Caritas, 8 da altre associazioni di volontariato e 40 da cooperative sociali. Secondo Arci e Caritas, le due grandi organizzazioni che si occupano dell'accoglienza ai migranti, perché le politiche di accoglienza siano efficaci occorre ampliare la rete Sprar, il Sistema di protezione dei profughi e richiedenti asilo, attivato in Italia nel 2002. In Toscana, sempre secondo l'indagine del Cesvot, erano attivi 14 progetti Sprar, distribuiti in quasi tutte le provincie e gestiti da soggetti del terzo settore, come i già citati Arci e Caritas, ma anche da piccole e attivissime associazioni locali, che diventano un ponte tra la popolazione e il “migrante”, che viene più facilmente inserito e integrato nel tessuto sociale.

Finora le province toscane hanno risposto in maniera differenziata all’accoglienza: la percentuale di Comuni coinvolti varia dal 28,6% della provincia di Grosseto all’88,1% della provincia di Firenze, secondo i dati Istat risalenti all'Ottobre 2015 in Toscana. Per gestire l’assistenza sono state attivate complessivamente 412 strutture (appartamenti, strutture turistico-ricettive e assistenziali) e, dato il forte incremento nelle richieste di protezione internazionale, sono state istituite Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (a supporto di quella nazionale), alle quali è stato attribuito il compito di riconoscere lo status di rifugiato, concedere la protezione sussidiaria oppure, nei casi in cui ritengano che non sussistano i requisiti, per un riconoscimento di tipo internazionale.

Se corretto e applicato a livello europeo, il modello di accoglienza “diffusa” toscano potrebbe divenire il trampolino di lancio per una politica comunitaria sull'immigrazione che fondi i suoi presupposti sull'integrazione locale e il decentramento.