Concerie di Toscana: dalla pelle alla moda, migliaia i lavoratori
Nella Toscana centrale tra i comuni di Castelfranco di Sotto, Montopoli Valdarno, Santa Croce sull'Arno, Santa Maria a Monte, San Miniato, e Bientina, nella provincia di Pisa e Fucecchio nella provincia di Firenze c'è il distretto Conciario di Santa Croce sull'Arno, dove la lavorazione conciaria è di livello internazionale: è qui concentrato, in circa 600 aziende da 12 addetti in media per un totale di 8.000 lavoratori, il 35% della produzione nazionale di pelli ed il 98% della produzione nazionale di cuoio da suola.
Dopo anni di aumento produttivo, il distretto ha risentito della crisi economica ma ha saputo sviluppare una elasticità che ha consentito accelerazioni e risposte variabili alle richieste dei mercati e delle mode, ad esempio cercando materia prima nei mercati emergenti e selezionando i fornitori. La capacità di lavorare qualsiasi tipo di bovino, ovino e rettile ha consentito di soddisfare una domanda di piccole produzioni, ma di elevata qualità. Molto spesso è il distretto stesso ad anticipare le tendenze moda grazie alla creatività tanto che le imprese conciarie toscane sono diventate, nel tempo, consulenti di griffe come Armani, Cavalli, Luis Vuitton, Gucci, Prada o Versace.
Invenzioni in campo stilistico sono ad esempio il “cavallino” o la “pelle di struzzo" che hanno conquistato il mercato mondiale della pelletteria, dell’abbigliamento e delle calzature. Le prime attività risalgono alla metà del 1800 ma da sempre la zona è legata alla concia delle pelli di origine artigianale, piccole concerie all'interno delle abitazioni dei paesi. La massima espansione delle attività a Ponte a Egola si raggiunge negli anni ’60 mentre la delocalizzazione verso le zone industriali, prima “Romaiano I” poi “Romaiano II” ed oggi “Pruneta”, avviene dal 1970 e nascono le associazioni di categoria.
Gli associati del Consorzio di Ponte a Egola sono oggi presenti nella banca dati online.Il Consorzio Conciatori di Fucecchio nasce ad esempio nel 1979 con i membri che, senza aiuti economici pubblici, costruiscono un impianto di depurazione centralizzato per il trattamento delle acque reflue. Oggi le aziende associate sono 42 per oltre 600 addetti.
L'indotto a Santa Croce è composto di attività direttamente o indirettamente collegate: prodotti chimici, macchine per conceria (il 30% della produzione nazionale), servizi, manifatture dell'abbigliamento, della pelletteria e delle calzature.Parliamo di una movimentazione in ingresso ed in uscita di circa 300 Tir al giorno con una incidenza delle esportazioni sul fatturato del 70% come evidenzia l'Associazione Conciatori Consorzio Conciatori Ponte a Egola che non esita ad attribuire questa fortuna alle vetrine offerte dalle fiere.L’approvvigionamento della concia italiana avviene per il 95% all’estero, si tratta di semilavorato industriale.
Il prodotto grezzo al 95% viene prodotto in Stati dotati di leggi su allevamento, trasporto e macellazione e l’83% proviene da paesi comunitari.Gli esperti del Consorzio Conciatori spiegano che "La pelle finita è un’alternativa naturale e rinnovabile. Il 99% delle pelli lavorate in Italia è un sottoprodotto dell’industria alimentare, recuperato attraverso le operazioni chimiche e meccaniche tipiche del processo conciario e trasformato in materiale ad alto valore aggiunto, strategico per la manifattura a valle: calzatura, pelletteria, arredamento, auto, articoli moda".La lavorazione conciaria a Santa Croce sull'Arno è riuscita a ridurre l’impatto con l’ambiente? "Altrimenti non sarebbe stato possibile proseguire questo genere di produzione - spiegano dal Consorzio - il governo italiano ha deciso di stabilire norme concrete e fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente, ponendo dei parametri invalicabili all'inquinamento.
Invece di dotare ogni azienda di un sistema di depurazione, la filosofia distrettuale ha suggerito di creare apposite soluzioni per ogni tipo di problematica. Esistono due depuratori che ricevono ogni giorno i liquami di tutte le concerie, trattandoli come se fosse un unico scarico oltre ad aziende addette al recupero e allo smaltimento dei cosiddetti “sottoprodotti” dell’industria conciaria. La problematica non si riduce alla sola depurazione, ma investe il largo campo della produzione dei fanghi e sottoprodotti della lavorazione, avviati a riutilizzo e all'impiego in altri settori produttivi".
I sistemi di tariffazione risultano premianti per le aziende meno inquinanti.I consorzi offrono oggi servizi formativi così come il Polo Tecnologico Conciario che, si occupa di promuovere la specializzazione del personale tecnico a livello di scuola media superiore e universitari coinvolgendo aziende conciarie, lavorazioni conto terzi ed aziende calzaturiere diventando Polo tecnologico della filiera Moda.AssoConciatori parla di svolta green per il settore valorizzando le politiche industriali eco-compatibili.Un seminario si è svolto venerdì 6 maggio al Polo Tecnologico Conciario, promosso dal Gruppo Giovani Conciatori con la partecipazione dell'Istituto di Management Scuola Superiore Sant'Anna, che partecipa all’individuazione dei parametri che definiranno, entro il prossimo anno, la nuova certificazione di qualità dei prodotti in pelle.
"La nuova certificazione - ha detto il presidente del comitato promotore EMAS di distretto Piero Maccanti - nasce come uno strumento che potrà rendere più efficace il dialogo tra produttori e clienti della filiera-pelle, nell'interesse complessivo e con vantaggi anche per i consumatori finali. Potrà essere meno complesso certificare la qualità non solo di un prodotto, ma a monte riconoscere la qualità dell’intero contesto industriale in cui quel prodotto è stato realizzato.
Si avrà così un nuovo strumento per valorizzare ulteriormente le pratiche improntate ad eco-compatibilità attuate in questo distretto su cui possiamo già trarre alcune indicazioni sia dalla certificazione EMAS che dai primi risultati del progetto PREFER per l’analisi del ciclo di vita dei prodotti".