Romano Prodi discute del futuro dell’immigrazione

Redazione Nove da Firenze

Può un paese come l’Italia affrontare la questione dell’immigrazione senza affrontare il problema dell’economia sommersa? E’ più conveniente puntare su un’immigrazione di breve durata o favorire i trasferimenti a carattere definitivo? Bisogna favorire un’immigrazione di qualità per accrescere il capitale umano o vanno semplicemente assecondate le spinte del sistema produttivo più orientato verso lavori a bassa qualificazione? Quale equilibrio dobbiamo trovare tra politiche nazionali e politiche dell’Unione sul tema dell’immigrazione? Saranno queste le principali questioni che emergeranno nel corso dell’incontro con Romano Prodi dal titolo ‘Europa 2020: politica dell’immigrazione e della cittadinanza’, in programma domani, sabato 27 marzo alle 16 all’Auditorium Stensen (viale don Minzoni 25, ingresso su prenotazione, info 055/576551).

L’incontro, organizzato in collaborazione con l’associazione Neodemos, sarà coordinato dal senatore Massimo Livi Bacci e introdotto dal presidente della Fondazione Stensen Ennio Brovedani. L’appuntamento è il primo del ciclo ‘Il Cittadino e il Senso dello Stato’, una serie di conversazioni con politici, sociologi ed esponenti di diverse tradizioni socio-culturali che porterà allo Stensen Gianfarnco Fini (27 aprile) e Rosi Bindi (maggio). L’incontro sarà articolato dalle seguenti tre relazioni: ‘Migrazioni’ di Corrado Bonifazi dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali; ‘Generazionie Stato sociale’ di Gustavo De Santis, professore di demografia all’università di Firenze; ‘Natalità e famiglia’ di Letizia Mencarini, professoressa di demografia all’Università di Torino.

Al termine delle relazioni, il professor Romano Prodi interverrà sulle questioni sollevate. “Parlare di ‘Senso dello Stato’ – spiega Ennio Brovedani, presidente della Fondazione Stensen - può apparire retorico, banale e forse anche ingenuamente ricorrente. In realtà, le crescenti tensioni civili, politiche e sociali a cui assistiamo da qualche anno, in quasi tutti gli ambiti relazionali e istituzionali, il preoccupante degrado del nostro discorso pubblico, sempre più diffuso in ambienti giuridici e politici tutt'altro che marginali, il processo di “deformazione populista” della politica – alimentato dalla comunicazione televisiva e dei media in generale - che tende a semplificare e, a parere di molti, a aggirare le stesse regole della Costituzione, hanno indotto una svalutazione del sentimento di appartenenza dei cittadini, da cui deriva il senso dello Stato, a vantaggio di un sempre più diffuso individualismo e disimpegno, soprattutto tra le generazioni più giovani”.

“Si stanno anche aprendo spazi a domande di semplificazioni ed autorità in un clima di antipolitica – conclude Brovedani -. Sarebbe sconveniente e irresponsabile affidare o delegare la riflessione e la composizione di questi problemi e conflitti esclusivamente ai tatticismi e ai calcoli di alleanze politiche contingenti. La posta in gioco oggi, invece, è la ridefinizione del senso dello Stato e della laicità nella società civile - ridefinizione che interessa a pari titolo credenti e non credenti, sulla base della loro comune cittadinanza democratica”.