Alla scoperta degli agrumi accompagnati da Fanucci e Tintori
FIRENZE- Via del Giardino della Bizzarria è una strada nel quartiere di Novoli circondata da un panorama di palazzoni, che cela però un’origine davvero bizzarra del nome, legato a uno storico agrume. Nel XVII secolo infatti il giardino che tuttora si trova nella traversa di via Torre degli Agli, a quel tempo orto botanico della famiglia Panciatichi, oggi parco della Caserma del Genio Infrastrutture, fu il teatro della nascita di una rarità botanica, talmente strana da suscitare la curiosità città, che andava a osservarla dai cancelli di Villa Carobbi.
I fiorentini la battezzarono quindi Pianta della Bizzarria, un incrocio singolare fra limone, cedro e arancio e dal cui pomo sembravano protendersi delle piccole dita. L’agrume è tuttora esistente: ritrovato dal direttore del Giardino Mediceo di Villa Castello fu ripiantato nel secolo scorso al Giardino di Boboli, ma si si può ammirare anche all’Orto Botanico.
Firenze aveva un’autentica passione per gli agrumi. Almeno a partire dal XVI secolo, con l'avvento della famiglia Medici, la coltivazione degli agrumi era diffusissima. Si dice che in certi periodi dell’anno la città fosse pervasa dal loro profumo, che si diffondeva per le strade dalle mille limonaie, piccole o grandi, in nobili giardini, o in piccoli cortili sparpagliati in tutti i quartieri. La ragione è facile da immaginare: si sapeva che quei frutti erano utili a rafforzare le difese immunitarie, anche se non si conoscevano ancora le loro quantità mediche, in quanto produttori di vitamina A e C.
Non stupisce che le varietà più rare e bizzarre diventassero un vanto collezionistico da esibire ai propri ospiti. Ancora oggi alcune fortunate famiglie, magari oggi non più in città, ma nelle ville della campagna toscana, tengono viva la tradizione dell’uscita (a primavera) e del rientro (in autunno) degli agrumi nella limonaia padronale.
Queste e altre storie si leggono con piacere nel volume di Paola Fanucci e Alberto Tintori Il viaggio degli agrumi in Italia, Percorsi e curiosità di cultivar regionali. Edito nella collana Giardini e paesaggio di Olschki, il volume di oltre 300 pagine, ciascuna delle quali riccamente corredata di illustrazioni a colori, offre spazio anche per approfondire il tema della cura degli agrumi in vaso. Un regalo pregiato, con copertina rilegata (€ 29,00 il prezzo) che vale la pena di considerare alla vigilia di Natale.
La pistoiese Paola Fanucci, laureata all'Università di Pisa in Storia dell'Arte, ha incentrato il proprio interesse sui giardini ed è specializzata nella manutenzione e nel restauro di parchi storici. Mentre Alberto Tintori è un esperto della coltivazione degli agrumi. Il vivaio di famiglia, a Pescia, è un luogo da visitare per scoprire 400 varietà di aranci, bergamotti e cedri provenienti da tutto il mondo, alcuni dei quali veramente spettacolari.
Nel loro viaggio fra gli agrumeti d’Italia, Fanucci e Tintori raccontano curiosità locali, tracciando una mappa della penisola con l’intento di far capire quanto la presenza degli agrumi sia multiforme e radicata nella nostra cultura, dalle grandi piantagioni ai vasi sulle nostre terrazze.
In Italia gli agrumi sono presenti fin dai tempi dell'antica Roma come testimoniato da reperti famosi, quali “La casa del frutteto” a Pompei. Nel Sud Italia con varietà iconiche come le arance rosse (Tarocco, Moro, Sanguinello di Sicilia), i limoni (Femminello, Verdello), i bergamotti di Calabria, i chinotti, i cedri e i mandarini (il Tardivo di Ciaculli). Questi frutti sono noti per la loro ricchezza di vitamina e antiossidanti, offrendo benefici per la salute, e alcuni hanno certificazioni DOP/IGP, valorizzando il territorio e le tradizioni. La produzione italiana di agrumi ammonta infatti a tre milioni di tonnellate e vale circa 1,9 miliardi di euro all’anno.