Florence Indian Film Festival

Redazione Nove da Firenze

La Quinta edizione del Florence Indian Film Festival “River to River”, in corso allo Spazio Uno in Via del Sole a Firenze e diretto da Selvaggia Velo, ha ospitato il Film documentario del regista Pietro Silvestri dal castico titolo “Bahurupia” l’arte del travestimento, che mostra un’antica tradizione di famiglie semi nomadi del Bengala caratterizzata dal travestirsi e peregrinare narrando. Documentario etnografico che associa a un forte impatto emotivo ed evocativo la forza trascinante di immagini sapientemente composte.

Singolare il rilievo dato dal regista ai vividi colori utilizzati dai Bahurupia che vanno a comporre nella sequenza del film una sorta di gustoso nutrimento per gli occhi. Nel film emerge l’evolversi e in alcuni casi il rischio di estinzione di queste antiche usanze, messe ormai in discussione dal passaggio quanto mai brusco da una cultura orale ad una cultura del tutto diversa legata alla scrittura, passaggio ben analizzato nel saggio di M. Mc Luhan “Gli strumenti del comunicare”. Il film oltre che essere documento e manifesto espressivo di forme d’arte non facilmente rintracciabili nel panorama indiano, perchè legate ormai a poche zone e portate avanti da sempre meno persone, ci lascia profondamente riflettere, sull’impatto di “medium freddi” (J.Ong “Oralità e Scrittura”) come la televisione, che con il loro gioco veloce e dispensatore di immagini ripetitive artefatte, vanno a colmare il comune creativo immaginare, provocando una forma di rivoluzione-involuzione verso forme comunicative-espressive sempre meno artistiche e sempre meno legate all’uso del corpo come mezzo espressivo.

Bahurupia arte perfomativa ancenstrale e madre del teatro, rappresentazione terrena delle trasfomazioni del dio Vishnu nelle sue discese verso l’uomo, è sedimento di memorie e alta espressione artistica cromatica, che ha resistito all’avvento del teatro e probabilmente resisterà all’ inquinamento mediatico moderno, rinnovandosi, cambiando pelle oppure preservandosi da eventuali contaminazioni. M: Quali condizioni potrebbero favorire la conservazione di questa singolare forma d’arte?. P: Sicuramente il riconoscimento da parte dello stato di tale espressione artistica come patrimonio culturale dell’India, e quindi un sostegno materiale, potrebbe incoraggiare queste poche famiglie di Bahurupia a continuare la loro tradizione, in ogni caso tutto è affidato alle nuove generazioni che decideranno se nella società attuale sarà possibile continuare a vivere come i loro avi.

M: Quanto queste espressioni artistiche sono legate alla ritualità sacra dell’India?. P: Nonostante i bellissimi travestimenti dei Bahurupia mostrino personaggi della mitologia hindù, non esiste un vero legame con la ritualità estrema rintracciabile nella cultura indiana, ma essendo questa una forma d’arte, è anch’essa uno strumento di comunicazione con Dio e un veicolo di diffusione religiosa orale per i remoti villaggi del Bengala. Il Film sarà oggi in replica alle ore 17:45 presso: Scuola di cinema Immagina, borgo stella, 11 r Firenze, dove il regista incontrerà gli studenti.

Pietro Silvestri ha studiato architettura e montaggio a Roma e ha iniziato la sua carriera come video artista e regista teatrale. Nel 1997 entra in contatto con il regista indiano Abani Biswas, discepolo di Jerzi Grotowski, viaggia per il Bengala collaborando con artisti tradizionali e realizza una serie di documentari di carattere culturale e antropologico per la RAI e vari enti pubblici ottenendo ampi consensi in festival internazionali e università. Da circa dieci anni vive con la comunità dei Baul, cantori erranti del Bengala e lavora a uno studio delle tradizioni combinandole alla ricerca visuale e alle arti performative.

Tra le sue opere: “Il piccolo danzatore di Shiva”, “Le nozze di Mongla”, “Le acque di Nashipur”, “Il costruttore di Zampogne Andrea Pisilli”

Massimo Duino