Referendum Longinotti: il sindaco ha deciso la

Redazione Nove da Firenze

Il referendum è lo strumento che consente ai cittadini di esprimersi su una scelta fatta dall’amministrazione, non si può lasciare che, per gli errori e le incapacità di chi si è assunto l’onere di raccogliere le firme, questo diritto venga leso. E’ questo lo spirito che anima l’ordinanza firmata dal sindaco di Firenze Leonardo Domenici, poco prima di partire per Sidney, che rinnova la notifica dell’ordinanza per il referendum consultivo sull’ex Longinotti.
Il 24 luglio 1999, con ordinanza del sindaco, è stato dichiarata ammissibile la richiesta di referendum consultivo sull’area ex Longinotti presentata da Mario Razzanelli il 30 giugno 1999.
Tre giorni dopo veniva notificata l’ordinanza a Razzanelli, in qualità di presidente del comitato promotore del referendum, e da allora scattavano i termini (tre mesi) per la raccolta delle cinquemila firme necessarie per effettuare il referendum.


Insieme alla notifica l’amministrazione ha anche allegato il modello tipo, che doveva essere vidimato dal Comune, su cui il comitato poteva raccogliere le firme.
Nei giorni immediatamente successivi alla notifica Razzanelli si è presentato in segreteria generale con una pacchetto di copie del modello per farle vidimare. Operazione che è stata effettuata immediatamente. Il presidente del comitato promotore del referendum, dopo essersi fatto vidimare tutte le copie, le ha portate via con se.

Non ne ha lasciata neppure una copia alla segreteria generale, né ha chiesto di inoltrare parte dei fogli vidimati ai quartieri.
La segreteria generale d’altra parte non poteva certo interferire nelle scelte di un organizzatore di referendum. Un comitato, per opportunità o di visibilità, può scegliere di raccogliere direttamente per strada le firme, facendole autenticare da un notaio o da un consigliere comunale.
L’attività propulsiva della raccolta delle firme, infatti, spetta agli organizzatori del referendum.

Sono loro che devono decidere come e dove raccogliere le firme, e spetta sempre a loro chiedere all’amministrazione comunale in quali luoghi e sedi, secondo quali orari, i cittadini possono andare a far autenticare la loro firma.
Portare i cittadini a firmare per il referendum è compito del comitato promotore, non del Comune.
All’amministrazione, come prevede la normativa e come è sempre avvenuto per tutti gli appuntamenti referendari, spetta l’onere di garantire che in Palazzo Vecchio e nelle sedi dei quartieri vi sia un ufficio che possa autenticare le firme dei cittadini che intendono sottoscrivere per la consultazione.

Compito assolto pienamente, poiché in piazza della Signoria e in tutte le sedi decentrate vi è un ufficio con un funzionario che può autenticare le firme.
Il 12 settembre, il presidente del comitato promotore ha presentato un’istanza al Comune per chiedere una proroga dei termini per la raccolta delle firme, adducendo quale motivazione la mancata istituzione “di centri di raccolta delle firme” da parte dell’amministrazione comunale.
L’amministrazione, dopo aver riprecisato a Razzanelli la distinzione di compiti che esiste tra chi organizza un referendum (cui spetta l’attività propulsiva ed organizzativa della raccolta delle firme) e il Comune (cui spetta di assicurare nei suoi uffici la funzione di autenticazione delle firme), ha deciso di non penalizzare i cittadini e di non far ricadere sulle loro spalle le inefficienze del comitato promotore.

Al tal fine, il sindaco, ha deciso di rinotificare l’ordinanza di ammissibilità del referendum, spostando la lancetta dell’orologio che conta i giorni entro cui i promotori devono raccogliere le firme.