Carlo Levi scrisse in piazza Pitti “Cristo si è fermato a Eboli”.

"L'arse argille consolerai: Carlo Levi dal confino alla Liberazione di Firenze attraverso testimonianze, foto e documenti inediti” è il libro di Nicola Coccia che racconta la vita dello scrittore nella nostra città. La presentazione del volume martedì 19 alle 16,30 presso la saletta dei soci Coop di Campi.

Alessandro
Alessandro Lazzeri
16 aprile 2016 18:47
Carlo Levi scrisse in piazza Pitti “Cristo si è fermato a Eboli”.

Il libro più famoso di Carlo Levi, scrittore, pittore e uno dei protagonisti del Novecento è sicuramente “Cristo si è fermato a Eboli”. L’Opera narra in forma autobiografica gli anni 1935-1936, quando lo scrittore fu condannato al confino in Lucania a causa della sua attività antifascista e dovette quindi trascorrere un lungo periodo ad Aliano, dove ebbe modo di conoscere la realtà di quelle terre e delle loro genti.

Il libro che subito dopo la pubblicazione nel 1945 ebbe un successo internazionale, è stato ampiamente studiato e analizzato, anche se la storiografia non aveva sinora evidenziato molto del momento in cui lo scrittore aveva scritto la sua opera. Non si conosceva molto degli anni 1943- 1944, quando l'autore viveva a Firenze in piazza Pitti e aveva scritto il suo capolavoro.

Adesso il libro “L'arse argille consolerai”, scritto dal giornalista Nicola Coccia e edito da Ets, colma questo vuoto storiografico. Sei anni di ricerche sono occorsi all'autore per scavare nella vita di Carlo Levi e in uno dei libri più importanti del Dopoguerra. Un viaggio dal confino, dove il fascismo lo spedì, fino alla Liberazione di Firenze. Un cammino ricostruito, da Nicola Coccia con l'approccio di storico e la qualità del narratore, attraverso documenti, inediti, che gli hanno permesso di entrare nelle vite di alcune persone che hanno “raccontato” storie drammatiche e straordinarie.

La storia del partigiano milionario, delle carognate dei fascisti in un convento di clausura, delle stragi di bambini e civili, dell’uccisione della donna più bella del mondo, di Manlio Cancogni portiere in un torneo di pallone nella villa di Mussolini. La storia del furto della valigia di Carlo Cassola, dell’olio e della farina portati a Giorgio Bassani in fuga da Ferrara, dell’erede al trono finito a vendere motorini, del matrimonio della figlia di Amedeo Modigliani con l’uomo che si era gettato in acqua col cappotto per sfuggire all’arresto.

Sono gli anni terribili della guerra, dell’occupazione tedesca e infine della Liberazione, vale a dire gli anni in cui Firenze, che è per l’artista e scrittore torinese “crocevia” della vita e straordinario rifugio creativo , è sospesa tra mille incubi e fragili speranze. Qui la narrazione di Coccia, senza rinunciare a una ricca e preziosissima documentazione, assume la forma di un romanzo che con ritmi e storie , forse, alla Pratolini , ci restituisce storie di una Firenze non del tutto nota.

Nel volume ci sono testimonianze e foto mai pubblicate prima e anche un quadro molto significativo di quel periodo, rimasto chiuso in una stanza. E poi c’è la foto e la storia della persona che ha suggerito a Levi il titolo del suo capolavoro.

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