Regioni e Comuni: così addio federalismo

Spostamento festività laiche, Scaletti: “Attentato all’identità culturale nazionale e al turismo”. Bindi: “Ristabilire le responsabilità per non cadere in un clima di totale sfiducia”. Borghi e Giurlani: "Falsità sui risparmi, aumento dei costi”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 agosto 2011 22:38
Regioni e Comuni: così addio federalismo

FIRENZE– La manovra bis è stata varata per raggiungere un importante e ambizioso obiettivo: il pareggio di bilancio nel 2014. Ma per il voto definitivo il governo cerca la sponda delle minoranze parlamentari. «Sono soddisfatto per l'approvazione di una manovra apprezzata dall'Europa», annuncia Berlusconi e aggiunge: "Mai avevamo messo le mani nelle tasche degli italiani, ma la crisi è mondiale, guardate gli Usa". La manovra avrà effetti immediati sulle famiglie italiane, e le ripercussioni si faranno sentire già a partire dal mese di settembre.

Spostare o accorpare le festività laiche? Secondo l’assessore regionale alla cultura e al turismo Cristina Scaletti, il provvedimento contenuto nella manovra bis del governo configurerebbe un doppio attentato: all’identità culturale italiana e al turismo. “Pensare di accorpare alla domenica le festività civili (25 aprile, 1 maggio, 2 giugno), o comunque di spostare la data della loro celebrazione – dice l’assessore – è un vero attentato all’identità culturale della nazione e alla memoria delle nostre radici: lotta per la libertà, valori repubblicani e lavoro.

Il 25 aprile, per esempio, deve rimanere festa nazionale intoccabile: potrebbero tollerare i francesi di non festeggiare la festa nazionale il 14 luglio o gli americani la festa dell’Indipendenza il 4 luglio? Ci sono dei valori fondanti della nostra società che devono rimanere imprescindibili sempre e comunque. A partire da questa convinzione – aggiunge ancora – vorrei ricordare come la Regione sia impegnata nel portare avanti un provvedimento che ribadisca la centralità ed il valore della festa del Primo Maggio: festa autentica del lavoro, dedicata al riposo, al senso dei valori, alla cura della vita privata di ciascun cittadino”.

A questo si aggiunge, con l’abolizione o la riduzione dei ponti festivi primaverili, una ricaduta drammatica sul turismo che da sempre è uno dei pilastri strategici sui quali si regge l’economia, toscana e nazionale. “A livello economico – sottolinea Cristina Scaletti – i risultati in termini di incremento della produzione nazionale per l’accorpamento delle festività laiche, sarebbero totalmente vanificati dalle conseguenze disastrose sul settore turistico, con un netto calo delle presenze e dunque del fatturato.

Inoltre, sul piano occupazionale, il mancato avvio della stagione turistica con le tradizionali feste nazionali potrebbe rivelarsi fatale, a discapito dei lavoratori stagionali, sopratutto giovani e precari, da sempre anello debole della catena. Mi auguro – conclude l’assessore – che il Ministro del Turismo faccia sentire la sua voce, impedendo un provvedimento tanto lesivo per il settore già fortemente penalizzato dall’improvvida tassa di soggiorno”. Manovra finanziaria, future coalizioni in vista delle elezioni, tagli alle Province e aumento di sfiducia nella politica.

Questi i temi affrontati da Rosy Bindi ieri sera presso lo spazio dibattiti della Festa democratica di Siena, durante un'intervista “seria ma non troppo” con la comica sinalunghese Anna Meacci. Le domande, poste in maniera ironica e spiritosa dalla comica su temi importanti di attualità, hanno animato lo spazio dibattiti, gremito di persone che hanno partecipato attivamente ad un'iniziativa, che ha creato un mix coinvolgente di serietà e umorismo. “Se fossimo stati al governo – ha detto Rosy Bindi rispondendo alla prima domanda – forse non saremmo arrivati a questo punto, perché ci saremmo mossi prima.

Siamo alla quinta o sesta manovra perché le precedenti muovevano dal presupposto che tutto andava bene, che la crisi c'era, sì, ma che l'Italia non sarebbe mai diventata come la Grecia. Se le manovre precedenti fossero state concrete e non avessero fatto soltanto macelleria sociale o affondato su coloro che già pagano le tasse, forse adesso la situazione sarebbe diversa. Ma finora si sono susseguite solo manovre inefficaci. Ci sono due dati oggettivi della crisi: il primo è che siamo il terzo debito del mondo, pur non essendo la terza potenza economica del mondo; il secondo è che la crisi non è solo italiana ma dell'Occidente.

A questo si aggiunge il fatto che loro al governo non hanno saputo finora far fronte alla situazione. Se fossimo stati al governo la prima cosa che avremmo fatto sarebbe stato rilanciare l'Europa comunitaria, che se vuole essere uno spazio di moneta unica deve essere anche uno spazio di economia finanziaria unita. Il nostro governo non ha creduto nell'Europa e quando ha capito che ne aveva bisogno non aveva più l'autorevolezza per chiedergli aiuto”. “Il debito – ha continuato la Bindi - non si tiene sotto controllo con finte politiche di contenimento della spesa.

Non si può pensare che il debito pubblico si possa eliminare tagliando lo stato sociale, dando meno istruzione ai ragazzi, meno assistenza agli anziani e meno diritti ai lavoratori. Oltre al contenimento delle spese, per diminuire il debito pubblico occorrono anche delle riforme concrete. Il debito pubblico, inoltre, si combatte se c'è crescita economica. Saremmo stati meno aggredibili con un governo più credibile. È arrivato il tempo che inizi a pagare chi non ha pagato fino ad adesso. Deve essere combattuta l'evasione fiscale, perché un governo che non sa combattere l'evasione fiscale è già fallito in partenza.

Avremmo anche fatto delle vere liberalizzazioni, prendendo provvedimenti concreti per incoraggiare l'imprenditoria giovanile, e avremmo ascoltato Confindustria perché le sue proposte sono molto più adeguate di quelle avanzate dal governo: se non riparte l'economia delle piccole e medie imprese non c'è possibilità di uscire dalla crisi e contribuire alla crescita economica del paese”. “Chiediamo il cambio di governo – ha detto la Bindi - ma prima vorremmo ottenere una legge elettorale diversa e il dimezzamento del numero dei parlamentari.

Abbiamo chiesto un governo del presidente della Repubblica, persona più dignitosa a livello europeo, con i ministri che vuole lui e supportato da chi è presente in Parlamento. Non sono più disponibile ad essere considerata responsabile delle cose che avvengono in Italia, delle cose che vogliono fare e fanno loro. Con il governo attuale rischiamo di compromettere la politica e la vita democratica del nostro paese. Se 10 milioni di elettori del centro destra al referendum hanno votato come 15milioni di elettori del centro sinistra, però vuol dire che qualcosa è cambiato.

Nel nostro paese bisogna ricostruire le fondamenta della vita democratica. Riguardo alla futura coalizione bisogna definire in modo chiaro il binario che intendiamo seguire. Non possiamo compromettere la nostra alleanza storica con Vendola e Di Pietro, ma non possiamo neanche ricacciare o rendere sterile il terzo polo. Un accordo con chi in questi anni ha lasciato Berlusconi dobbiamo tentare di farlo”. “La soppressione di alcune Province – ha detto la Bindi - è una manovra che forse è necessaria, ma chi pensa di farci cassa si sbaglia di grosso.

Sono convinta che prima di arrivare alla soppressione delle Province si debba ripensare alle strutture e sovrastrutture del territorio create negli ultimi anni. Bisogna tenere presente inoltre che si tolgono delle strutture ma che i servizi da fornire ai cittadini rimangono e ci sarà comunque bisogno di uffici decentrati per coprire il territorio. Questo ovviamente costa. Ecco perché la cifra che hanno messo sulla manovra è una cifra finta. Che in questo paese ci sia troppa classe dirigente e che questa costa è vero, però queste riforme devono essere fatte con progetti seri”.

“Togliendo il consiglio comunale a un Comune di mille abitanti – continua la Bindi - si risparmiano due soldi, ma si chiude una scuola di politica, di democrazia e di partecipazione locale. Si rischia di scivolare verso un atteggiamento di sfiducia nella politica e nel suo funzionamento e un grande partito come il nostro non se lo può permettere. Stiamo attenti a non ritornare a una democrazia consentita solo a chi ha i soldi. Questo è l'ultimo regalo che Berlusconi ha fatto al nostro paese.

Un sintomo di sfiducia nei confronti della politica è arrivare a chiedere quanto costiamo piuttosto che cosa facciamo. E i media sembrano tendere ad aumentare questo clima di sfiducia. Non siamo tutti uguali – conclude la Bindi - cerchiamo di ristabilire le responsabilità vere di questo paese e forse saremo in grado di dare ancora fiducia alla politica”. "L' Accademia della Crusca va salvata, il ministro Galan deve far valere una deroga, cosi' come previsto per altri istituti strategici.

E' l' unica grande istituzione che tutela la lingua nazionale, altro che ente inutile". Lo sostiene in una nota il senatore Andrea Marcucci, responsabile cultura del Pd della Toscana, in merito alla soppressione dei mini enti non di natura economica. "Insieme alla collega Vittoria Franco abbiamo presentato una proposta di legge per definire la natura giuridica dell'Accademia- spiega il parlamentare- e per dotarla finalmente di un finanziamento stabile. I tagli vanno fatti ma devono essere selettivi e non possono certo colpire istituzioni prestigiose come la Crusca". “La Manovra del Governo da 45 miliardi, colpisce duramente gli amministratori degli Enti locali e scarica su ceti popolari e medi, e soprattutto sui piccoli comuni di montagna, il problema dell’economia italiana, rincarando le tasse e riducendo i servizi indispensabili, oltre che sferrare un duro colpo alla partecipazione democratica”.

Così hanno dichiarato ad Agipress Enrico Borghi, vicepresidente ANCI con delega alle aree montane e Presidente Nazionale di UNCEM, e Oreste Giurlani Presidente di UNCEM Toscana in merito alla Manovra del Governo che tra le altre cose prevede lo scioglimento delle giunte e dei consigli nei piccoli comuni sotto i 1.000 abitanti, il tutto per ridurre i costi della politica. “È una falsità il fatto che tale Manovra porterà a risparmi - ha dichiarato Borghi - ma la spesa pubblica aumenterà a seguito delle misure che interessano i comuni ad invarianza di quadro normativo, a meno che i sindacati non sottoscrivano la libertà di licenziamento anche nel settore pubblico.

Inoltre il taglio solo sui comuni è di 3.6 miliardi, e colpirà il fondo di riequilibrio che finanzia il welfare nei comuni poveri come la maggior parte di quelli di montagna. Riduzione dei servizi e aumento dei costi saranno le prime gravi conseguenze che penalizzeranno i cittadini dei comuni montani”. “Altro dato degno di nota - ha aggiunto Borghi - è il fatto che si assiste ad una riduzione drastica della partecipazione democratica, scardinando le autonomie municipali. Non si può dimenticare che il Comune è l’ultimo livello in cui il cittadino ha la possibilità di scegliere democraticamente i propri rappresentanti.

Si sta aprendo lo scenario in cui i cittadini non potranno più scegliere, con un’inevitabile ripercussione sulla qualità della vita democratica dell’intero Paese. È frutto di un governo privo di idee che, pressato da eventi esterni e dall'ennesimo fallimento delle sue previsioni di bilancio, scarica in periferia i costi del risanamento anzichè mettere mano al patrimonio statale”. “Ancora una volta - ha dichiarto Giurlani - le decisioni del governo vanno a penalizzare gli enti locali e nello specifico i comuni, soprattutto quelli piccoli e montani; ma noi non ci stiamo, nella convinzione che i costi della politica siano altrove e non nel lavoro quasi ‘volontario’ che gli amministratori dei piccoli comuni svolgono ogni giorno”.

"Siamo alle solite - ha aggiunto Giurlani - sono indignato del fatto che le decisioni politiche del governo non badino al merito, a quello che rappresentano i sindaci per i piccoli comuni e a quello che svolgono per il territorio. Non accettiamo che a sacrificarsi siano ancora una volta i piccoli comuni, e ancora di più quelli montani, che sul fronte della riduzione delle spese hanno già dato. Pur nella consapevolezza che una razionalizzazione dei costi della politica sia necessaria, non condividiamo affatto le scelte del Governo con i provvedimenti sui comuni sotto i 1000 abitanti, dato che un assessore di un piccolo comune ha una retribuzione che si avvicina al volontariato, quando invece se si riducessero il numero dei parlamentari, si otterrebbero veri risparmi! Siamo pronti ad una mobilitazione dei territori.”

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