"Fame" di Sarah Kane (regia di Barbara Nativi) dal 24 al 27 maggio in anteprima al Teatro della Limonaia

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 maggio 2001 13:05

Penultimo frutto del talento di Sarah Kane, Crave segna l’abbandono di ogni velleità di strutturazione realistica del testo a favore di una scrittura dominata dal ritmo, dagli scambi semplici e folgoranti. Una scrittura il cui senso non è pienamente dominato nemmeno dalla Kane, perché nasce dalle possibili alchimie cui le parole danno vita, una volta che vengono sporcate da sguardi e silenzi. O forse Crave è il frutto dell’intersecarsi casuale del monologare di quattro persone che parlano, per rimandare l’ultimo difficile atto.

Questa scrittura instabile, inafferrabile, in cui i sensi si creano e si perdono in un attimo a favore di nuovi, è l’occasione di una ricerca che mescola spazi e linguaggi (le cabine-casa, la sala, una persona che parla a due metri, la sua immagine virtuale, la sua sagoma lontana, sul palco, la sua parola scritta, la sua parola amplificata, la sua parola registrata) e che amplifica e diversifica, con le sue scelte artistiche, il punto di vista dello spettatore e la sua percezione del significato dell’opera, che diviene unica e irripetibile.
La Compagnia lavora su Crave dalla scorsa estate, e ha scandito la sua ricerca con gli studi di Radicondoli (luglio 2000), del Gabinetto Viesseux (ottobre 2000), e con questa anteprima, cui seguirà il debutto dello spettacolo in prima nazionale ad Intercity 2001, nel prossimo autunno.
Crave.

Fame, sete. Avidità. Nei sentimenti, dei sentimenti. Bisogno incontenibile di amare ed essere amati. Voglia disperata. Febbre. Due coppie parlano, accavallano frasi contratte e smozzicate dall’emozione, una catena di sì e no, senza ascoltarsi. Sanno già cosa dirà l’altro, e non vogliono sentirlo ancora. Parlano. Parlano a sé, parlano all’amato/a che non li ama abbastanza, perché le parole sono ancora un rifugio, una salvezza. Quattro personaggi senza nome cercano di dare forma ai loro pensieri in un oratorio commovente, un percorso di vita in cui piano piano la vita e la parola si consumano, spalancando sotto i piedi di A, B, C ed M, uomini o donne che siano, il vuoto consolante della morte e della poesia.

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