Sempre responsabile il Comune per le insidie stradali

Roberto Onorati

Una recente sentenza del Tribunale di Lecce farà sicuramente giurisprudenza a favore di cittadini, soprattutto anziani, che si sentono in pericolo a percorrere strade malmesse e poco illuminate.

Le amministrazioni sono sempre più in difficoltà finanziarie, ma questo non significa che non continuino ad essere responsabili verso i propri cittadini: in caso di scarsa manutenzione stradale il Comune deve risarcire i danni subiti, poiché alle amministrazioni pubbliche proprietarie di strade si impone come priorità la salute pubblica. Un marciapiede buio e un gradino nascosto possono costare caro a un’amministrazione comunale.

Con la sentenza n. 2380 del 31 luglio scorso, il Tribunale di Lecce ha condannato un Comune a un cospicuo risarcimento danni in favore di un pedone caduto su di un gradino di un marciapiede invisibile per la scarsa illuminazione, in un angolo al buio. Il Comune è stato ritenuto responsabile dell’accaduto, a causa di un dislivello non ben manutenuto presente nella pavimentazione e di una non sufficiente illuminazione pubblica.

La storia riguarda un incidente avvenuto in orario notturno e in una nota località costiera, che in estate vive di turismo balneare. Un pedone è inciampato su uno scalino di circa quindici centimetri, che di fatto era impossibile da vedersi a causa di un “cono d’ombra” proiettato dai lampioni. Il tribunale, acquisite le varie perizie tecniche, ha individuato in questa situazione una vera e propria insidia stradale, con l’aggravante di essere localizzata in una zona molto frequentata da turisti, quindi da persone che solo occasionalmente percorrono quel tratto e non ne conoscono le insidie.

La sentenza del tribunale ha quale riferimento normativo l’articolo 2051 del Codice civile, che disciplina la responsabilità derivante da ‘cose’ in custodia che causino danni ad altri. La responsabilità a cui fa riferimento la norma citata è ‘oggettiva’ vale a dire non serve vi sia prova di qualche colpa o negligenza del Comune.

In questo caso basta che il danneggiato possa dimostrare il nesso causale tra la “cosa”, nello specifico il marciapiede difettoso e buio e il danno subito, in questo caso la caduta e le lesioni dimostrate da cartelle cliniche e da registro del pronto soccorso. Inoltre, secondo il Giudice, non si è trattato di un “caso fortuito”, ovvero un evento che l’amministrazione comunale non poteva prevedere né di un accadimento inevitabile, di conseguenza niente scusanti e piena responsabilità per l’Ente.

Da queste considerazioni è derivato l’accoglimento della domanda ed il riconoscimento per l’infortunato di un risarcimento complessivo di oltre 11 mila euro. Il Giudice ha quotato questa somma tenendo conto di due livelli di danneggiamento alla vittima. Ha inserito un valore di circa 8.800 euro per il danno non patrimoniale, calcolato sulla base di un’invalidità permanente del 4%. Ha poi sommato altri 2.900 euro per il danno patrimoniale, relativo a spese mediche e altre perdite economiche conseguenti all’infortunio.

Secondo la sentenza, la responsabilità dell’ente è evidente sotto più profili. Il Comune, in qualità di custode della strada e del marciapiede, avrebbe dovuto prevedere la potenziale pericolosità del dislivello. Aveva quindi il dovere di intervenire per rimuovere l’anomalia, riparando la pavimentazione. Nelle more dell’intervento, avrebbe dovuto quantomeno installare un’idonea segnaletica di preavviso o delle barriere di sicurezza, specialmente considerando l’alta frequentazione dell’area.

Inutile la strategia difensiva del Comune che aveva puntato il dito contro il pedone, accusandolo di negligenza e chiedendo l’applicazione del concorso di colpa anche in fase risarcitoria. Anche questa eccezione avanzata dall’ente risulta respinta. Infatti, a discolpa del pedone, il cui comportamento è stato ritenuto ininfluente sono state acquisite fotografie e testimonianze della scena dell’evento.

Proprio sulla base di queste informazioni raccolte e delle fotografie prodotte, il giudice ha ritenuto che il gradino andasse definito una ’insidia nascosta’, non visibile né prevedibile in termini di possibili danni, proprio a causa della scarsa illuminazione. A nulla sarebbe bastata la cosiddetta ‘ordinaria diligenza’ nel comportamento del passante, proprio perché la pericolosità del luogo non era immediatamente percepibile.

Fondamentali per il giudizio finale, anche in questo caso, prove testimoniali e fotografiche.

Difesa Civica — rubrica a cura di Roberto Onorati

Roberto Onorati

Potentino di origine, toscano di adozione, laureato in legge, dirigente pubblico, segretario comunale, poi funzionario a Bruxelles per la Commissione Europea, oggi si occupa come consulente di formazione e supporto giuridico per gli enti locali in tema di affidamento e gestione di servizi alla persona e alla comunità - www.robertoonorati.it - onorati66@gmail.com