Incendi boschivi: meno roghi nel 2024, ma sotto la cenere...
E’ piovuto più del solito quest’anno, a primavera e a giugno, e sinora ci sono stati meno incendi di boschi e meno gravi. Nei primi nove mesi si contano in tutta la regione 210 roghi boschivi: quasi la metà rispetto alla media degli ultimi dieci anni. Meno incendi rispetto al 2023 (quando se ne registrarono 242), meno rispetto al 2022 (571) e al 2021 (405).
Inoltre si è ridotta ad un terzo anche la superficie boscata percorsa dalle fiamme: fino al 30 settembre, un dato per ora stimato e diffuso ieri dall'Assessorato regionale all'Agricoltura, risulta di 283 ettari rispetto agli 855 della media decennale, dove 145 ettari di quest’anno sono l’esito di soli quattro incendi (a gennaio a Roccalbegna in provincia di Grosseto, il 27 luglio e 25 agosto nel senese a San Casciano dei Bagni e a Abbadia San Salvatore, il 13 agosto a Massa). Un abisso rispetto ai 2.065 ettari di bosco bruciati nel 2022, i 1.567 del 2019, i 1.277 del 2018 (l’anno dell’incendio a Calci sui Monte Pisani) e i 2.079 del 2017.
La provincia toscana con più incendi boschivi è Grosseto (51): seguono Firenze (33) e Siena (32). Ma se si guarda la superficie percorsa dalle fiamme è invece Siena la più colpita: 93 ettari di superficie boscata, prima anche per la superficie non boscata attaccata dal fuoco (185 ettari contro i 150 di Massa Carrara e i 140 di Grosseto). Quanto ai cosiddetti ‘incendi di vegetazione’, dove l’antincendio regionale interviene a supporto dei vigili del fuoco che ne ha competenza, si contano 299 interventi in tutto l’anno (82 nel fiorentino, 36 nel grossetano e 38 nel senese).
Il 2024 è stato un anno fortunato, ma è il dato non può farci stare tranquilli. Cambia il clima nel mondo , cambiano gli incendi e cambiano le strategie. Nove da Firenze ne ha parlato con Federico Menichini, segretario generale di Asso.Mil., l'associazione sindacale militare che riunisce gran parte degli ex appartenenti al Corpo forestale dello Stato, oggi assorbiti nell'Arma dei Carabinieri.
“La gestione ambientale in Italia è poco presidiata. Le competenze di vigilanza sono state spacchettate alcuni anni fa e a tutt'oggi non ben distribuite e poco coerenti. E' una questione di interesse pubblico. La riforma del 2016 fu osteggiata da gran parte degli appartenenti al corpo forestale perché si riteneva che la fusione con gli altri corpi di polizia non avrebbe portato alcun risparmio alle casse dello stato. In particolare oltre 7.000 Forestali furono assorbiti dall'Arma dei Carabinieri, costituendo così il 7% dell'organico del corpo militare. Mentre i poco meno di 700 Forestali assegnati ai Vigili del Fuoco non hanno visto riconosciute le loro competenze certificate e nel caso degli incendi boschivi sono stati sostituiti da colleghi del corpo che non avevano maturato la loro esperienza. Oggi possiamo dire che la riforma non ha dato i frutti attesi”.
In Toscana anni di fortissimo impegno sono stati il 2012, l’estate 2017 e 2022 e l’inverno 2019. Tra gli incendi ad elevata intensità ricordo quelli di Calci nel 2018 (1.100 ettari distrutti) e Massarosa a luglio del 2022 (900 ettari).
“Sugli incendi boschivi il Corpo forestale dello Stato operava in convenzione con le amministrazioni regionali. In Toscana in particolare coordinando l'azione delle associazioni di volontariato antincendio. Ma si faceva anche pattugliamento sul territorio, che significa opera di prevenzione e deterrenza contro i piromani. Adesso il coordinamento è in capo al Corpo dei Vigili del fuoco, mentre l'attività di vigilanza è ancora in capo ai Forestali, ma l'assetto gerarchico dell'Arma dei carabinieri limita molto il suo concreto dispiegamento sul campo. Un tempo l'elemento vincente era proprio la gestione complessiva dei fenomeni affidata ad un unico soggetto. Un tempo i Forestali non avevano l'esclusività sulla vigilanza, ma riuscivamo a garantire una maggiore presenza che, gioco forza, si concretizzava in una vigilanza quasi esclusiva, anche se informale”.
L'Organizzazione Aib viene modulata dalla Regione Toscana in funzione dell'andamento dell'indice di rischio di incendi boschivi.
“Per fortuna i volontari toscani non hanno rivali in termini di competenze maturate. Ma non si può fare a meno di un coordinamento d'esperienza. E poi, dopo lo spegnimento l'area interessata ha bisogno di bonifica. Le fiamme covano sotto la cenere, la terra è caldissima, il rogo può riattizzarsi anche dopo molte ore se non si svolgono le necessarie attività di vigilanza, che non è più in capo ai Forestali che sono chiamati alle operazioni di indagine successive agli incendi. I forestali concorrono alla vigilanza al pari di tutti gli altri (compresi i cittadini privati) senza averne l'esclusività, come prima. L'attuale gestione degli incendi implica il ricorso quasi costante all'attività di spegnimento aereo con costi ben maggiori dai tradizionali spegnimenti a terra di cui si è persa traccia, anche a causa del fatto che gli interventi non sono più tempestivi come in passato”.
La diffusione di piccoli invasi sul territorio, ad esempio, permetterebbe ai soccorsi di disporre di acqua dolce in prossimità dei roghi riducendo i tempi di intervento e gli effetti provocati dall’utilizzo di acqua salata/marina per lo spegnimento.
“Giusto. Anche le alluvioni a valle si prevengono prendendosi cura dei boschi a monte. Gli investimenti non si sono ridotti soltanto per la gestione d'emergenza, delegando tutto allo spegnimento aereo, ma si è ridotta anche l'attività di bonifica. Invece il mantenimento delle zone montane è la garanzia che il territorio non venga abbandonato agli effetti degli eventi naturali. Non vedo molta cultura nella gestione del bene ambientale. La riforma del corpo forestale attuata nel 2016 non ha dato i risultati sperati in nessun ambito, compreso quello della gestione degli incendi boschivi. Il fallimento nell'ambito degli incendi riguarda anche la gestione ambientale, soprattutto in termini di prevenzione” conclude Federico Menichini, segretario generale di Asso.Mil.