Dazi Usa: una tempesta perfetta sull'export
L’Unione europea crede ancora nel negoziato con gli Stati Uniti, sperando di raggiungere un accordo commerciale entro il primo agosto e scongiurare così l’imposizione di dazi commerciali del 30%. “La guerra commerciale interna all’Occidente ci renderebbe tutti più deboli”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato l’annuncio del presidente americano.
Un'analisi di Prometeia rivela la cruda verità: la Toscana è tra le prime regioni italiane per valore delle esportazioni a rischio dazi, posizionandosi accanto a giganti come Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto. Pisa, con la sua specializzazione intensiva nei comparti più vulnerabili e una dipendenza quasi totale dal mercato nordamericano, è in prima linea.
Potrebbe costare oltre 300 milioni di euro alle imprese toscane e ai consumatori americani l’impatto dei dazi-choc annunciati da Trump su tutti i prodotti agricoli provenienti dall’UE. Tra i prodotti duramente penalizzati dalla guerra commerciale scatenata dal presidente americano il vino che, in questo scenario, sarebbe gravato di un dazio complessivo del 35% circa: una percentuale data dalla somma della tariffa media del 4,3% già in vigore e della tassazione aggiuntiva (30%) in essere, salvo accordo, dal prossimo 1 agosto.
Ma anche per l’olio, il prodotto Made in Tuscany più venduto e richiesto in Usa, le prospettive sono molto inquietanti. E’ la stima di Coldiretti Toscana sulla base dell’impatto per le filiere regionali già sperimentato in occasione delle tariffe aggiuntive imposte dal tycoon nel suo primo mandato, che aveva portato a un calo delle vendite a doppia cifra per i prodotti colpiti. “Dazi al 30% avrebbero conseguenze devastanti nelle relazioni tra Toscana e Stati Uniti e sulla crescita del nostro export che nel 2024 aveva superato i 4 miliardi di euro per la prima volta nel mondo anche grazie alla crescita del mercato Usa che è il primo sbocco extra Ue.
Chiuderebbero le porte in faccia ai nostri produttori e alle nostre imprese di un commercio importante e strategico rendendolo di fatto inaccessibile per tanti prodotti alimentari apprezzati dai consumatori. – ammette la presidente regionale di Coldiretti, Letizia Cesani – Sarebbe un colpo per tutto il sistema agricolo ed agroalimentare probabilmente peggiore del periodo del Covid”.
I due prodotti più venduti in Usa sono, nemmeno a dirlo, olio e vino: esattamente in questo ordine. Il primo, nel 2024, aveva raggiunto la cifra record di 590 milioni di euro di esportazioni, il secondo aveva superato i 420 milioni. Insieme valgono il 93% di tutti i flussi agroalimentari verso gli States. Le tensioni di questi mesi ed il clima di incertezza hanno già mostrato di influenzare le relazioni e gli scambi tra Toscana e Usa portando ad un calo delle esportazioni nel primo trimestre del 5,6%.
L’impatto in termini di prezzi maggiorati per i consumatori americani – analizza Coldiretti Toscana - si tradurrebbe inevitabilmente in ricadute anche sulle aziende, vista la richiesta di "sconti" da parte degli importatori riscontrata nelle scorse settimane. La diminuzione dei consumi porta inevitabilmente a prodotto invenduto per le imprese nostrane, costrette a dover cercare nuovi mercati. Al danno immediato in termini di un probabile calo delle esportazioni andrebbe ad aggiungersi quello causato dalla mancata crescita.
L’impatto dei dazi si ripercuoterebbe, come diretta conseguenza, anche sui territori più vocati a queste produzioni e soprattutto più dipendenti dalle relazioni commerciali con gli Stati Uniti. La provincia più colpita sarebbe Grosseto che ha un rapporto di dipendenza pari al 70% del valore di tutte le sue esportazioni nel mondo seguita da Lucca con il 37% (167 milioni) e Massa Carrara con il 36% (2,1 milioni), superando Siena, il cui rapporto di incidenza è intorno al 34% (282 milioni di euro). Poco sotto troviamo un’altra economia agricola marginale sul fronte internazionale come Prato (10 milioni) con una quota di export del 30%. Con un'incidenza del 27%, Firenze, pur registrando il valore assoluto più alto tra tutte le province toscane (285 milioni di euro), scivola oltre metà classifica. Seguono poi Pisa (32 milioni) con il 19%, Livorno (40 milioni) con il 15%, Arezzo (22 milioni) con 8%. Chiude la classifica elaborata da Coldiretti, Pistoia (8,7 milioni) con 1,5%.
Il dazio-choc trumpiano rischia di “interrompere” il formidabile trend di crescita del Made in Tuscany in Usa (+128% in dieci anni) e favorire il fake-food, il falso cibo Made in Italy. L’eventuale scomparsa di molti prodotti regionali dagli scaffali rappresenterebbe infatti un assist per la già fiorente industria del tarocco che per quanto riguarda il Made in Tuscany Fake vale circa 2 miliardi.
Molto dura la posizione di Coldiretti Toscana nei confronti dell’Europa: “Purtroppo non possiamo che constatare, laddove dovessero essere confermati i dazi il 1 agosto, il totale fallimento della politica esercitata dalla Von der Leyen a danno dei settori produttivi e delle future generazioni. – tuona la presidente Cesani - La Presidente deve spendersi per una soluzione vera, come non ha ancora fatto. In un momento delicatissimo per gli equilibri geopolitici ed economici globali, colpisce la totale assenza di coraggio e di visione strategica da parte dell’Europa. Mentre il mondo si riarma, le filiere si ricompongono e le grandi potenze investono nel rafforzamento della propria sovranità alimentare ed energetica, Bruxelles pensa a tagliare risorse proprio ai settori produttivi più strategici come l’agricoltura e dell'economia reale".
“La capacità di esportare, finora fiore all’occhiello dell’area metropolitana fiorentina, per colpa dei dazi statunitensi rischia di diventare il nostro tallone d’Achille, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro. Siamo la seconda provincia italiana più esposta. Chi ha responsabilità politica si attivi velocemente.” A dirlo è il segretario generale Cisl Firenze-Prato, Fabio Franchi, che lancia un grido d’allarme alle istituzioni nazionali ed europee.
“Abbiamo sempre apprezzato e conosciuto la capacità dell’export della nostra Città metropolitana – dice Franchi - ma oggi tutto ciò, dopo l’ennesimo annuncio di nuovi dazi da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, impone a coloro che hanno ruolo di responsabilità politica di attivarsi velocemente e senza particolari titubanze perché sono a rischio centinaia di imprese e migliaia di dipendenti in un contesto produttivo già fragile.”
“Varie recenti indagini statistiche e report, pubblicate da Camera di Commercio di Firenze, Banca d’Italia e Irpet, ci dicono che Firenze è la 3 provincia in Italia per volumi esportati, nel 2024 circa 24,5 miliardi; che gli Stati Uniti da sempre sono il nostro primo mercato di riferimento, con oltre 6 miliardi di export e che per quel mercato Firenze è solo dietro Milano. Questi dati e questo apprezzamento delle nostre imprese fa sì che Firenze sia la seconda provincia d’Italia a più esposta alle ricadute nefaste dei dazi trumpiani. I settori più a rischio sono quelli del farmaceutico, della moda (già fortemente indebolita dalla crisi del settore), della meccanica dell’agroalimentare, del vino.
“Spetta anche a noi sindacati e alle parti datoriali – aggiunge Franchi - vivere questo periodo come una necessaria verifica dell’assetto produttivo della nostra Città metropolitana: la ridotta dimensione aziendale, gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, l’innovazione del prodotto, la questione salariale, il ruolo dei giovani nelle aziende e la valorizzazione del loro sapere devono stare al centro di un nuovo patto di responsabilità sociale.”
Una minaccia imminente incombe sull'economia della provincia di Pisa. La potenziale reintroduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti pende come una spada di Damocle minacciando di soffocare l'export locale. La Toscana, e di conseguenza Pisa, presenta una significativa esposizione a tali misure, data la rilevante incidenza di settori strategici come l'agroalimentare, il manifatturiero e la meccanica strumentale nel proprio interscambio commerciale con gli Stati Uniti.
“Le misure protezionistiche annunciate al 30% non suonano come una semplice minaccia, ma una sentenza che potrebbe avere ripercussioni catastrofiche sul tessuto produttivo toscano e pisano, rendendo non solo urgente, ma assolutamente necessaria una strategia aggressiva di diversificazione dei mercati e un rafforzamento drastico della competitività internazionale delle nostre imprese” dichiara il presidente di Confcommercio Provincia di Pisa Stefano Maestri Accesi.
“Tra gli aspetti che più ci preoccupano è la perdurante incertezza che da mesi accompagna gli annunci e l'applicazione dei dazi, con tutta una serie di incognite che purtroppo causano danni uguali, se non superiori, ai dazi stessi. L'economia prolifera solo grazie alla fiducia e la fiducia non va assolutamente d'accordo con l'incertezza”.
“Gli Stati Uniti, sono uno dei pilastri dell'export pisano, avendo assorbito nel 2024 un 8,2% delle esportazioni provinciali, per quasi 280 milioni di euro. Sebbene l'ultimo decennio abbia mostrato una crescita apparente, con un aumento del 47% delle vendite estere verso gli Usa, da 189 milioni a 278 milioni di euro, l'andamento recente è allarmante. Il picco di 331 milioni nel 2022 è stato un'illusione, con una diminuzione del 6,7% nel 2024, una dinamica meno che sostenuta rispetto alla crescita nazionale (+218%) e toscana (+338%) nello stesso periodo”.
“Questo declino è un segnale premonitore che non possiamo ignorare” - aggiunge il presidente di Confcommercio - “La domanda statunitense per il "made in Pisa" è concentrata in pochi settori. I mezzi di trasporto (61 milioni nel 2024), il vino (26 milioni) e la meccanica (macchine di impiego generale con 23 milioni e macchine agricole con 20 milioni) sono i nostri punti di forza, ma anche i nostri talloni d'Achille. Se questi settori chiave dovessero essere colpiti da dazi di queste dimensioni, le conseguenze sarebbero devastanti. Ancora più preoccupante è la situazione nel sistema moda, in particolare per le calzature. L'export verso gli Stati Uniti è crollato da 65 milioni di euro nel 2014 a soli 19 milioni attuali, una diminuzione vertiginosa che evidenzia la fragilità delle nostre catene di approvvigionamento e la nostra dipendenza”.
“In questo scenario, le rinnovate tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea rappresentano l'ultima goccia e l'effettiva introduzione di dazi al 30% suonerebbe come un colpo mortale per le esportazioni italiane e locali” afferma il direttore generale di Confcommercio Pisa Federico Pieragnoli. “L'assenza di un accordo equivarrebbe a una condanna per le esportazioni pisane e a pagare dazio sarebbero soprattutto le le piccole e medie imprese, le prime vittime di questa guerra commerciale, con margini minimi per assorbire i costi aggiuntivi o diversificare i mercati”.
“Negoziare, negoziare e ancora negoziare” è l'accorato appello che Confcommercio rivolge al Governo “questa deve essere la parola d'ordine, in questa fase è fondamentale che tanto da Roma quanto da Bruxelles venga esplorata ogni possibile strada per raggiungere un accordo in grado di evitare impatti sconvolgenti sulla nostra economia”.