Come parlare di Covid-19 ai bambini 0-3 anni

Paola Marangio

La fascia d’età 0-3 anni che corrisponde a quella di frequenza del nido d’infanzia è quella in cui i bambini sono molto più perspicaci di un adulto sul piano relazione, naturalmente manca la capacità di esprimersi con il linguaggio verbale nonché le funzioni cognitive più complesse che consentono un pensiero deduttivo. Cosa vuol dire tutto questo? Che i bambini SANNO quello che sta succedendo attorno a loro anche quando non lo capiscono del tutto.

Un bambino di 2 anni che ha iniziato a frequentare il nido, ha superato le fasi di ambientamento e che si è appropriato del proprio spazio fuori da casa è un bambino che si sente accolto dal gruppo con l’educatrice e che sa di poter lasciare i propri genitori senza il rischio che qualcuno ne soffra troppo.

L’idea che “improvvisamente” qualcosa cambi in modo inspiegabile non è da assecondare, spesso c’è un senso che sfugge agli occhi dell’adulto. È vero che tanti giorni a casa possono aver intaccato quel delicato equilibrio con il nido ma probabilmente ci sono altri elementi che hanno contribuito a farlo saltare.

Il restare a casa ( o essere rimandato a casa ) in epoca Covid19 ha un valore diverso e delle implicazioni diverse rispetto al passato.

Un bambino che non può andare al nido crea scompiglio nella routine dei genitori, se c’è il rischio che sia positivo al covid19 non può essere accudito dalla babysitter o dai nonni e quindi costringe i genitori a uno sforzo di riorganizzazione lavorativa che a volte comporta un costo molto alto.

Oltretutto bisogna chiedersi: “Con quali elementi il bambino ha creato LA PROPRIA spiegazione dell’accaduto? Cosa ha visto e sentito?”

Il bambino verosimilmente non chiederà conferma di ciò che a lui è evidente, ed è chiaro che si sentirà meno accolto dalla maestra visto che è causa di nervosismo e dispiacere per la sua mamma nonché causa di allontanamento e tampone per lui. A 2 anni si frequenta il gruppo di pari per il piacere di farlo, non per senso del dovere, vien da sé che se non mi sento benvoluto non vorrò andarci.Uno degli strumenti più efficaci che ha un adulto rispetto al contenimento dei timori di un bambino è la comunicazione che deve essere consapevole ed affettiva. Nell’esempio precedente: proviamo ad ascoltarci con le orecchie del bambino ed aggiungiamo eventualmente “come sarà dispiaciuta anche la maestra per non averti potuto tenere al nido oggi!” oppure “il tampone è negativo, che bello! Chissà come sarà contenta la maestra che puoi finalmente tornare con gli altri bimbi!”. In questo modo avrete evitato di veicolare, involontariamente, LA COLPA alla maestra.

La Psicologa Risponde — rubrica a cura di Paola Marangio

Paola Marangio

Psicologa, psicoterapeuta e mediatrice familiare. Referente del sito PsicologiaFirenze.it. Membro dello staff clinico e didattico dell’Istituto di Terapia Familiare di Siena, ha lavorato nell’equipe del Centro di Terapia Familiare della ASL 10 di Firenze e si è occupata delle valutazioni psico-ambientali delle commissioni medico legali INPS. Collabora con la cooperativa sociale Matrix onlus in ambito della disabilità e psichiatria. Per inviare quesiti scrivere a: marangio@psicologiafirenze.it