Fiori, export selvaggio e caro gasolio fanno appassire il mercato toscano

Redazione Nove da Firenze

Il fiore toscano è sempre più in crisi. Stessa sorte per il comparto floricolo nazionale ed europeo. I costi – sottolinea la Cia Toscana – sono in sensibile crescita (a cominciare da quelli del gasolio, il cui “bonus” per le serre è stato soppresso dal novembre dello scorso anno), i prezzi in caduta libera, ma soprattutto le dilaganti importazioni da parte dei paesi terzi, che hanno invaso i mercati di tutta Europa e in particolare quelli italiani, sono le cause principali di una situazione drammatica per le imprese floricole della Toscana, molte delle quali rischiano di chiudere, mentre altre negli anni passati sono state già costrette a cessare l’attività.

Un quadro estremamente allarmante che si riscontra in tutta l’Ue e che è stato delineato a Bruxelles dalla Cia nel corso di una sessione della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, presieduta da Paolo De Castro. Una sessione che la Cia ha sollecitato proprio perché il problema floricolo ha ormai raggiunto una dimensione preoccupante e richiede pronti e efficaci interventi per evitare un tracollo. "La floricoltura toscana – sottolinea il presidente Giordano Pascucci -, fra le più importanti in Italia per quantità e qualità produttive, sta soffrendo enormemente per la crisi in corso, subendo sistematicamente gli effetti delle dinamiche europee e mondiali".

Infatti – precisa la Cia Toscana -, negli ultimi cinque anni la produzione di fiori recisi nel nostro Paese e in Toscana, è diminuita di oltre un quarto (-26%) e con essa c’è stata la perdita di più centinaia di ettari (soprattutto strutture serricole). "Particolarmente grave - aggiunge Pascucci - è lo scenario per le rose, la cui produzione si è dimezzata e i costi aumentati del 30%; molte aziende sono uscite dal mercato per l’insostenibile concorrenza dei prodotti importati (tra questi, appunto, le rose del Kenya)".

La perdita di competitività del fiore europeo, ovviamente, prosegue la Cia Toscana - deriva dalle migliori condizioni climatiche dei paesi terzi, ma anche e soprattutto dal bassissimo costo della manodopera che, in alcuni paesi africani, è addirittura 15 volte inferiore a quello delle aziende in Europa. La situazione è critica per i produttori di tanti Paesi europei, ma per quelli italiani e toscani sembra andare addirittura peggio. I dati, del resto, parlano da soli: oltre all’Italia, anche in Olanda, negli ultimi anni, si è avuta una perdita superiore ai mille ettari coltivati a fiori recisi; stesso discorso per la Spagna dove si è avuta una flessione di superficie di oltre il 12%o e per la Francia con una diminuzione di circa 700 ettari.

"Il nocciolo della questione è – precisa Alessandro Del Carlo della Cia regionale -, però, che manca una strategia nazionale per il settore floricolo, non c’è niente per la tutela delle produzioni nazionali, non ci sono azioni di sostegno per lo sviluppo, anzi, si è tolta l’agevolazione sul gasolio mettendo fuori mercato le aziende floricole italiane. Lo scenario in Italia e nella nostra regione è drammatico; senza interventi tempestivi le produzioni di fiori recisi sono destinate a sparire nel nostro Paese".

Le richieste della Cia Servono più strumenti e azioni da mettere in campo sia sul versante europeo che nazionale; si legge nel documento che la Cia ha consegnato alla Commissione Europea ne indica alcuni.

"Infine – conclude la Cia Toscana - è necessario aprire un confronto sul versante regionale a tale proposito è già partita una richiesta di incontro all’assessore regionale per affrontare i temi più specifici del settore in Toscana, come la riorganizzazione dei mercati, le azioni di sostegno al settore anche alla luce della formazione dei bandi di filiera previsti dal Piano di sviluppo rurale".