Mostre: Pietro Benvenuti alla corte di Napoleone e dei Lorena

Redazione Nove da Firenze

E’ stato definito dagli storici dell’arte il Jacques-Louis David toscano, ma a differenza del pittore francese della Rivoluzione, Pietro Benvenuti, massimo protagonista dell'arte toscana negli anni che segnano il passaggio dal neoclassicismo al romanticismo non è molto noto al grande pubblico. Adesso la mostra “Pietro Benvenuti alla corte di Napoleone e dei Lorena”, in corso alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti sino al 21 giugno, permette una conoscenza più vasta dell’artista. Sono in mostra, infatti, le opere più significative dell’artista messe a confronto con quelle dei suoi primi maestri e degli artisti italiani e stranieri (da Giani a Sabatelli) incontrati a Roma nella eccentrica e sperimentale Accademia dei Pensieri.

Nato ad Arezzo nel 1769,l ‘artista fu allievo dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, e completò la formazione a Roma dove dipinse i primi importanti saggi: la Giuditta per il Duomo d’Arezzo e il Martirio del beato Signoretto Alliata per quello di Pisa.
Elisa Baciocchi (che dal fratello Napoleone Bonaparte ricevette il principato di Lucca e Piombino, poi il governo dell’intera Toscana) nominò Benvenuti pittore di corte e nel 1807 lo chiamò a dirigere l’Accademia di Firenze, carica mantenuta fino alla morte.

La Sala Bianca della Galleria Palatina è riservata all’esposizione dei dipinti degli anni napoleonici (in particolare ritratti e temi mitologici). L’allestimento ruota intorno al grande quadro di Pirro, presentato per la prima volta al pubblico dopo un lungo e complesso restauro che ne ha rivelato le componenti stilistiche ricavate dallo studio di David e di Canova.
L’itinerario della mostra include anche la Sala d’Ercole e termina con una sezione dedicata ai dipinti degli anni della Restaurazione, di genere per lo più storico-letterario con inflessioni di gusto troubadour.

Il particolare interesse di queste opere emerge dal confronto con alcuni dipinti, d’esplicita adesione romantica, dei contemporanei Luigi Sabatelli e Giuseppe Bezzuoli. Sono la prova che Benvenuti, maestro classicista, seppe almeno in parte condividere le istanze di veridicità avanzate dalla successiva generazione dei ‘moderni’, soprattutto dai Macchiaioli.