Franco Branciaroli in "Medea" domenica 5 al Teatro Goldoni di Livorno

Redazione Nove da Firenze

Nella famosa edizione di Medea del '96, diretta da Luca Ronconi, l'eroina tragica euripidea era interpretata da uno dei maestri del teatro italiano: Franco Branciaroli. Sì, come nel teatro antico di Atene, Medea era un attore maschio. Ora Branciaroli ritorna a confrontarsi con il testo di Euripide ripercorrendone le azioni in un cortocircuito inestricabile tra narrazione e messa in vita di tutti i protagonisti della cruenta vicenda, che nei fatti segnò il fallimento dell'incontro tra la "barbara" principessa della Colchide e la civiltà greca.

Medea va così oltre il personaggio di donna abbandonata e tradita e perciò artefice di una vendetta tremenda, per divenire emblema di un dolore più grande, di una solitudine più angosciante e devastante: quella del diverso, uomo o donna, straniero o barbaro, poco importa, in un'attualità di accenti di cui solo il grande teatro classico è ancora capace. Spostando il baricentro del dramma dal rapporto Medea-Giasone a quello Medea-coro e sottraendo parallelamente il testo alle interpretazioni "psicologiche" , Medea svela la propria identità di maschera impenetrabile, figura di un'irriducibile alterità pronta a pietrificare, come una nuova Medusa, chi cerchi di decifrare il suo segreto.