I fondi Horizon2020 per la costruzione di una mano robotica

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Al progetto europeo ha partecipato anche l'Istituto Sant'Anna di Pisa

Europe
Europe Direct Firenze
14 febbraio 2019 23:50
I fondi Horizon2020 per la costruzione di una mano robotica

Gli esperti di robotica dell’Istituto Sant’Anna di Pisa hanno preso parte ad uno di quegli eventi che è destinato a fare la storia. Per la prima volta è stata trapianta una mano robotica ad una donna di quarantacinque anni a cui l’arto era stato amputato nel 2002. L’intervento è stato svolto presso il Sahlgrenska University Hospital di Goteborg in Svezia dai medici chirurghi Richard Brånemark e Paolo Sassu. Nello specifico, la nuova mano è stata impiantata unendola alle ossa, ulna e radio, e alle terminazioni nervose.

Inoltre, grazie all’applicazione di sedici elettrodi sui muscoli residui, per la donna sarà possibile riacquistare il senso del tatto ed utilizzare quindi l’arto normalmente. Ma veniamo alla realizzazione. Se la fase di sviluppo della protesi si è svolta in Svezia, dove il team di ricerca presso Integrum guidato da Max Ortiz Catalan, in collaborazione con Chalmers University of Technology, l’ha realizzata utilizzando la tecnica dell’osteointegrazione, quella di progettazione ci ricorda l’eccellenza della ricerca italiana.

La mano robotica è stata realizzata, infatti, nell’ambito del progetto di ricerca europeo Dexterous Transradial Osseointegrated Prosthesis with neural control and sensory feedback, coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e finanziato, con fondi comunitari, nell’ambito di Horizon 2020. Il programma rientra, assieme a molti altri, nel grande contenitore di Europe2020, una strategia di lungo termine messa in atto dalla Commissione Europea a partire da 2013 il cui obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo dell’Unione, da un punto di vista di tecnologico, economico, sociale ma anche culturale e di integrazione, favorendo lo scambio di idee e progetto tra i suoi cittadini.

È esattamente questo il fine dei fondi “diretti” messi a disposizione attraverso i diversi badi dalle DG (i “ministeri” della Commissione): fare in modo che le associazioni possano fare rete tra loro, impegnandosi a coltivare quell’elemento di transnazionalità considerato valore aggiunto imprescindibile, così da elaborare progetti che possano essere finanziati con fondi comunitari ed elaborare valore aggiunto che possa diventare patrimonio comune di tutti i cittadini comunitari. I fondi messi a disposizione dal programma Horizon 2020 (forse il più corposo di Europe2020, che si occupa in particolare di scienza e tecnologia) hanno contribuito, in questo caso, a fare enormi passi avanti in questo campo scientifico.

In particolare, grazie anche al perfezionamento della tecnica dell’ossointegrazione, è stato possibile per il paziente andare ben oltre i semplici movimenti grossolani a cui era limitato con l’applicazione di protesi convenzionali (ad esempio, chiudere ed aprire una mano). I sedici elettrodi impiantati nei muscoli a cui abbiamo accennato, inoltre, permettono l’estrapolazione di una maggiore quantità di informazioni così che la mano robotica possa essere controllata in modo molto più preciso dal paziente. Inoltre, la rivoluzione apportata dal supporto è anche nel campo della percezione sensoriale.

Le protesi viste fino ad ora consentivano al paziente un feedback sensoriale limitato. Non erano in grado, infatti, di percepire le sensazioni tattili tipiche dell’afferrare un oggetto o dell’interagire con un’altra persona o con l’ambiente che li circonda. Grazie agli elettrodi e a dei sensori che favoriscono al stimolazione nervosa, la donna a cui è stata impiantata questa mano robotica, invece, potrà tornare a “sentire”. La donna ha già iniziato una sorta di “allenamento” virtuale che le permetta di imparare ad usare nuovamente la mano.

I ricercatori, allo stesso tempo, hanno già annunciato di essere alla ricerca di pazienti per altri due interventi, uno dei quali avverrà presumibilmente in Italia. Tutto ciò, oltre a renderci orgogliosi per la qualità della ricerca scientifica del nostro paese, dovrebbe essere un promemoria e ricordarci quanto quell’Europa che alle volte appare così distante, in realtà possa essere presente anche nelle cose così quotidiane come la salute di ciascuno di noi. E soprattutto ricordarci come l’unione di menti e forze provenienti da contesti diversi, se messi in condizioni di lavorare, possano rivoluzionarci la vita portandoci a scoperte che mai avremmo ritenuto possibili.

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