Bekaert, la Fiom contro i 113 licenziamenti: accuse alla Regione

La Cgil: "Non ha saputo svolgere un ruolo politico in questa vertenza". Presidio di protesta davanti alla fabbrica

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 maggio 2021 15:11
Bekaert, la Fiom contro i 113 licenziamenti: accuse alla Regione

Firenze, 4-5-2021 - Ieri sera si è svolto l'incontro convocato dal Ministero dello Sviluppo Economico per la Bekaert di Figline Valdarno. L’azienda, a fronte della richiesta del sindacato di sospendere i licenziamenti previsti e prorogare la Cassa integrazione, per favorire la riuscita del progetto di reindustrializzazione, è stata irremovibile nel dire no. Già in queste ore dunque i lavoratori potrebbero ricevere le lettere di licenziamento che riguardano i 113 lavoratori. 

Stamani la Fiom Cgil ha fatto un presidio di protesta davanti alla fabbrica a Figline di Valdarno: in seguito una delegazione di lavoratori e sindacalisti è stata ricevuta dal sindaco di Figline-Incisa Giulia Mugnai. “Siamo in questa situazione perché il 24 febbraio scorso Fim, Uilm e Regione Toscana hanno firmato i licenziamenti: se l’azienda ha avuto un atteggiamento inaccettabile, la Regione purtroppo non ha saputo svolgere un ruolo politico in questa vertenza.

E’ un paradosso licenziare mentre è in atto il blocco dei licenziamenti: per questo patrocineremo come sindacato eventuali cause che i lavoratori vorranno intentare. Al sindaco stamani abbiamo chiesto di aprire un coordinamento tra le istituzioni del territorio per costituire un bacino di lavoratori da cui possano attingere imprese in cerca di personale, tramite gli incentivi previsti”, ha detto stamani Daniele Calosi, segretario generale Fiom Cgil Firenze Prato.

Che a caldo, dopo la fine dell’incontro di ieri, aveva spiegato: “Ad oggi c'erano le condizioni affinché questa storica azienda potesse avere un futuro nella filiera dell’acciaio e dentro un progetto più ampio legato la rilancio di Piombino. Attraverso l'utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione, avremmo potuto garantire il passaggio dei lavoratori ad un'altra società in costanza del rapporto di lavoro, senza consentire ad un eventuale soggetto subentrante di scegliere se e quali lavoratori Bekaert assumere.

Pandemia e crisi di Governo hanno rallentato il progetto di reindustrializzazione del sito di Figline e Bekaert in quasi tre anni di vertenza non ha mai portato al tavolo ministeriale un soggetto con un piano industriale. L'unico piano industriale arrivato al Ministero è stato quello della Cooperativa di lavoratori che non è mai stato preso in considerazione dal tavolo. Ci siamo resi comunque disponibili a siglare nei prossimi giorni un protocollo che, in caso di futura reindustrializzazione dello stabilimento di Figline o di avvio di un'attività industriale anche in un sito limitrofo, preveda che chi subentrerà, se beneficerà di finanziamenti pubblici, costruisca con istituzioni e organizzazioni sindacali, le condizioni affinché vi siano le garanzie occupazionali per tutti i lavoratori licenziati da Bekaert”.

Per Silvia Spera, responsabile dell'Area politiche industriali per la Cgil nazionale “la multinazionale ha tenuto un atteggiamento inaccettabile e arrogante. Questa vertenza, come altre aperte al Mise, ha dimostrato l’urgenza e la necessità di prorogare il blocco dei licenziamenti, come richiesto unitariamente da Cgil Cisl e Uil al Governo Italiano in questa fase drammatica per i lavoratori”.

Approfondimenti

Per Elena Aiazzi della Cgil Firenze “si consuma per l’ennesima volta un dramma sociale causato da aziende predatorie che carpiscono il saper fare dei lavoratori e se ne vanno lasciandosi alle spalle drammi umani e territori feriti".

POTERE AL POPOLO - "Siamo a Figline Valdarno - si legge in una nita di Potere al Popolo -, nel giorno in cui sono partite le 113 lettere di licenziamento per i lavoratori Bekaert. L'incontro di ieri al Ministero, come previsto, è stato inutile. Il verdetto è quello già visto: licenziati dopo un lungo periodo di cassa integrazione, mentre il padrone è andato in Romania a sfruttare di più e meglio.

L'appuntamento è corso veloce sulle chat whatsapp, "domani alle 9 di fronte alla fabbrica. Se pensano di farci fare la fine della rana bollita si sbagliano di grosso". Il grosso dei lavoratori si raccoglie di fronte alla fabbrica, quella che è stata per anni la loro casa, il loro centro sociale, la loro parrocchia. Dove sono nate amicizie, dove hanno permesso agli pneumatici di mezza Europa di funzionare, dove hanno sudato e lottato insieme, fianco a fianco, arrivando insieme a tutto il Valdarno a smontare un pezzo di Jobs Act.Ci sono le bandiere della Fiom, ma questa non è una manifestazione sindacale, è un corteo politico.

Perchè, come ripete Marcello ai giornalisti, il problema non è la proprietà di Bekaert, perchè "il padrone fa il padrone, lui fa il suo, cerca di fare più profitto". Il problema è "chi amministra questo paese e questo territorio". Il problema è chi ha fatto il Jobs Act, chi ha pensato una Unione Europea non in senso cooperativo, ma in senso competitivo, dove i lavoratori si fanno concorrenza a chi lavora per meno salario e diritti.Il problema è chi, di fronte alla richiesta di nazionalizzare la fabbrica e affidarla alla cooperativa operaia, non ha alzato un dito.

Il problema è l'accordo firmato il 24 febbraio dalla Regione, dall'azienda, dai sindacati Fim e Uilm, che concede i licenziamenti in cambio di qualche spicciolo in più. Il problema è chi ha disinvestito in controlli sulla sicurezza, chi permette che ogni giorno muoiano almeno tre Luana D'Orazio, 22 anni, stritolata dalla macchina.Il problema è la destra economica che governa ininterrottamente questo paese da decenni, facendo gli interessi di quelli che pagano le campagne elettorali. Che si chiami centrodestra, Lega, Alleanza nazionale, Fratelli D'Italia Berlusconi, o Democratici di Sinistra, Partito Democratico, Governo Conte, Leu, il risultato è stato lo stesso.Ora gli operai sono in Comune a Figline per pretendere che quelle istituzioni che li hanno abbandonati si occupino di ricollocare 120 lavoratori rimasti senza stipendio.

E' il minimo che possono fare.Da parte nostra, lo ripeteremo incessantemente, possiamo fare solo una cosa. Non piangere, non rassegnarsi, non chiudersi nel privato o nel locale. Continuare a organizzarci, farlo POLITICAMENTE, su scala nazionale, perchè è là, nel politico, che occorre rovesciare la classe dirigente ipocrita e indegna che prende i voti a tradimento. Solo puntando la nostra rabbia verso il quartier generale, organizzando la maggioranza della popolazione, potremo scongiurare un'altra Bekaert", conclude Pap.

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