Tutti i colori del Calcio Storico: gli Azzurri

L'ultimo Colore della carrellata di Nove da Firenze...

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 giugno 2012 09:45
Tutti i colori del Calcio Storico: gli Azzurri

Andrea Cerchi, Calciante dal 1981 al 2006 ed ora Alfiere degli Azzurri, ci aspetta vicino alle scalette di cemento che portano al campo di allenamento, intento a sistemare un raccordo idraulico. Quando ci vede, dice: - Ci siete. Siamo in anticipo e visto che vedere l’allenamento non ci dispiace. Gli rispondiamo: - Possiamo anche farla dopo. - Meglio subito, e si avvia con il raccordo in mano ad una pompa che garantisce l’innaffiatura del campo. È qui, che, senza lasciare il raccordo, ci concede l’intervista. L’edizione dell’anno scorso è stata quella delle nuove regole, che, per quanto percepito da fuori, hanno garantito il normale svolgimento del Torneo.

Vorremmo sapere, da chi è più vicino ai Calcianti, cosa ne pensano questi ultimi? Sicuramente a differenza degli altri anni abbiamo avuto un presidente del Calcio Storico che ha lavorato per il Calcio Storico, fino ad ora ognuno l’aveva fatto per manovre politiche, addirittura, e faccio polemica un attimo, l’ultima presidenza che era affidata a Titta Meucci, ma di fatto era Giani che dirigeva tutto, nel 2006 ha il 99% di colpa per gli incidenti che ci sono stati, neanche al processo, dove siamo stati tutti assolti, ha fatto nulla per prendersi qualche responsabilità. Quindi giudichi positivo l’operato dell’Amministrazione Comunale. Sì, è stato importante perché, il presidente Pierguidi, prima si è dato da fare per capire il Calcio Storico e poi c’è stata una condivisione con tutti e quattro i Colori.

Il Calcio Storico deve molto della sua popolarità a Calcianti fortissimi, che anche in tempi recenti, hanno saputo condurre i compagni alla vittoria ed accendere la fantasia dei tifosi, quali sono i Calcianti del presente e dell’immediato futuro che possono raccogliere il testimone dei più forti? Siamo ripartiti quasi da zero, visto che negli ultimi due o tre anni il Calcio in Costume si era perso come gioco e si trattava per lo più di schermaglie pugilistiche, quindi delle altre squadre ti posso dire poco; mentre fra i miei ci sono ottimi giocatori che possono diventare i nuovi Serra, o gente in questo modo, anche se è molto difficile avere un nuovo Serra che a cinquant’anni è ancora piacevole a vedersi giocare, e non so in quanti se lo possono permettere. Ci fai alcuni nomi degli Azzurri? Gente come Piombino, Emanuele Ceccarelli, come un “vecchio” giovane, Gianni Carli che è un signor giocatore e riesce sempre ad essere di riferimento in campo, e poi Iacopo Bastiani, Guastalegnami, Trotta, sono molti i giocatori forti, penso che siamo la squadra, a differenza delle altre, che abbiamo gli uomini che garantiscono qualità nel posto giusto. Le squadre di Calcio Storico sono formate per lo più da atleti che provengono dagli sport di contatto e dal rugby, ma quali sono le doti che deve avere un Calciante e quanti anni occorre per affinarle? Per un giocatore che gioca due partite l’anno, minimo ci vogliono tre o quattro anni di gioco per capire soltanto quello che devi fare, e non reagire d’impulso agli stimoli del pubblico, questa è una cosa che gioca a favore degli Azzurri, visto che tranne in qualche raro caso ne abbiamo sempre giocate due. In questi ultimi anni le televisioni, anche d’oltreoceano il documentario - Firenze Fight club - ed il cinema - film Calcianti - si sono avvicinati al fenomeno Calcio Storico, giudichi questo interesse positivo per il Calcio Storico oppure no? Questa dovrebbe essere una cosa positiva più per il Comune, infatti, mi sembra che questo presidente stia lavorando in questa direzione; i Calcianti invece hanno solo da perdere con l’interesse delle televisioni, portando il Calcio Storico nelle altre parti d’Italia c’è il rischio che non sia capito come gioco, e sia preso come un’istigazione alla violenza, cosa che non succedeva quando lo vedevano solo i fiorentini. Però il Calcio Storico è molto apprezzato fuori da Firenze. Sì è vero, io che sono da una vita nel rugby dovunque vado mi chiedono del Calcio Storico, ho portato giocatori della nazionale di rugby a vedere le partite e si sono divertiti tantissimo, ma prima gli avevo spiegato la situazione, la costruzione della partita, insomma tutto che viene della partita stessa.

Riguardo alla Finale del 2011 con i Bianchi vinta all’ultimo minuto, è possibile che dopo la caccia del vantaggio abbiate un po’ mollato, magari a livello inconscio? Abbiamo sbagliato strategia, invece loro l’hanno indovinata alla grande e manca poco si perde negli ultimi trenta secondi, secondo me non si è voluto rischiare nulla vivendo la partita sul momento, mentre si doveva andare ad attaccare e metterli sotto pressione avendo tanto dislivello, invece si badava a riportarci in vantaggio, sennonché ci sono passati avanti a pochi secondi dalla fine, e lì abbiamo rischiato di mettere in pericolo tutto; ti dirò, si veniva da due a tre anni dove si giocava poco, e sicuramente questo è andato a nostro discapito, ci è servito da lezione, anche se poi abbiamo vinto, e penso che ci è servito, nel 2011 è stato la conferma che si deve giocare. In qualunque manifestazione per stare al vertice per tanti anni bisogna avere un progetto solido, puoi dirci alcuni fondamenti di questo progetto che hanno portato gli Azzurri ad essere la squadra più titolata dagli anni ‘80? Non si è voluto fare la fine dei Bianchi, che hanno tirato il carretto sempre i soliti fino a quando smettendo tutti non hanno più rivinto, quindi ogni anno abbiamo messo in campo quattro o cinque elementi nuovi, i vecchi rimangono per fare da guida, e così via garantendo un ricambio costante, grosso modo è questo il nostro progetto. Sei nel Calcio storico da molti anni, ci puoi raccontare come sono i rapporti con quest’ambiente, e in che momento è il Calcio Storico oggi? Ora si è cercato di riportare il gioco e si spera che torni anche il rispetto delle persone, visto che prima si era andati al di fuori degli scontri leali e non sarebbe rimasto più niente. Con gli altri Colori massimo rispetto, però uno che vuol fare sempre il suo in campo deve avere un certo comportamento: amici quando finisce la partita, massimo rispetto quando ci si trova fuori, però ognuno a casa sua, perché un domani ci si trova in campo e se c’è da cazzottarsi ci sono dei problemi con chi hai baciato ed abbracciato, ora che non gioco più posso essere amico di tutti e lego con tutti, sono uno sportivo e in quanto tale consiglio sempre, ai ragazzi del rugby che giocano nelle altre squadre e vogliono smettere, di non farlo, magari li posso pressare prima per venire negli Azzurri, ma poi se ne scelgono un’altra squadra devono andare avanti al meglio, io ho piacere se il più bravo di un’altra squadra è un rugbista perché è una crescita sua personale, ma anche di tutto l’ambiente.

Sempre legato alla tua lunga militanza nel Calcio Storico, ricordi saranno molti puoi dircene uno che ha visto protagonista un tuo compagno che ti ha stupito per forza, abilità e che comunque ha fatto una giocata che sembrava impossibile? Ce n’ho duemila, ho giocato con dei grandi compagni ed ognuno a suo modo è una grande persona, sono molto orgoglioso di aver fatto parte di questo gruppo. Sono uno che crede in quest’ambiente altrimenti non ci sarei ancora, e se ne dicessi un nome mancherei di rispetto agli altri. Lasciamo Cerchi ai suoi lavori idraulici e poi alla direzione dell’allenamento, per noi, inteso come il sottoscritto e Alessio Farolfi, non è difficile ricordarlo quando da Calciante si gettava, con o senza palla, nelle mischie avversarie, in quegli anni spesso i cappelli lunghi erano legati da una fascia sulla fronte, ora li tiene raccolti in un codino alto, ma lo spirito è sempre lo stesso, così come la voglia di non perdere tempo e di badare al sodo.

Gli Azzurri erano l’ultimo Colore da sentire ed io e Alessio siamo soddisfatti di aver finito, prima di andare via, mentre i Calcianti continuano i loro giri di corsa, volgiamo ancora lo sguardo al campo, ai bordi del rettangolo contiamo una cinquantina di persone, e già, siamo al Ponte di Mezzo, un po’ come se fossimo alle Case Minime di Rovezzano.

Articolo di Massimo Capitani e Alessio Farolfi

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