Un libro riporta alla luce l'antica parlata popolare fiorentina

Redazione Nove da Firenze
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14 novembre 2005 11:13
Un libro riporta alla luce l'antica parlata popolare fiorentina

«Lo studio dei dialetti è indispensabile per giungere a possedere la lingua italiana». Così si esprimeva il grande storico ed erudito italiano Ludovico Antonio Muratori agli inizi del Settecento. Oggi, in un'epoca di globalizzazione, in cui le lingue e i comportamenti delle persone tendono ad uniformarsi, con l'inglese che è ormai diventata lingua comune, parlare di idiomi dialettali può forse sembrare un anacronismo. Il volume di Giovanni Valdré dal titolo Fiorentinismi soliti usarsi dalla bassa gente, uscito per i tipi di Polistampa (pp.

232, euro 13) si propone di riportare alla luce l'antica parlata popolare della Firenze di epoca granducale. Si tratta di una raccolta di antichi idiotismi presenti nella parlata, nei canti popolari, nei giochi infantili del vernacolo che fu di Cecco Angiolieri, di Franco Sacchetti e in generale della gente di San Frediano di quell'epoca. Lo stesso gergo, del resto, dei trippai, delle ciane, dei beceri cioè, come la definisce l'autore, "la parlata sboccata, insolente, allegra, a bocca aperta e a mele strette". Un libro che interesserà a tutti i fiorentini, a tutti i toscani, a quanti sono insomma intenzionati a tener vive le antiche tradizioni e a riscoprire le proprie radici.

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