L’Alto Commissario Onu in Iraq Dennis Halliday a Firenze dal 20 al 22 febbraio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 febbraio 2003 13:12
L’Alto Commissario Onu in Iraq Dennis Halliday a Firenze dal 20 al 22 febbraio

La crisi in Iraq, il terrorismo, il ruolo dell’Onu e dell’Europa, il rapporto con gli Stati Uniti, attraverso la testimonianza diretta di Dennis Halliday, già Alto Commissario delle Nazioni Unite a Baghdad.
Il responsabile della distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione Irachena che, nel 1998, si dimise dal suo incarico per protesta denunciando quello che tutt’oggi non esita a chiamare un “atto di guerra”, un “genocidio che in dieci anni è costato la vita a un milione di civili iracheni”, sarà a Firenze dal 20 al 22 febbraio 2003 per partecipare a una serie di incontri pubblici.
Dal 1998, Halliday lavora per la pace nel mondo, puntando il dito contro la politica dell’Occidente verso l’Iraq, contro il genocidio da sanzioni, contro i bombardamenti “illegali”, contro l’attuale “guerra preventiva”.
Invitato dal Gruppo consiliare Verdi della Provincia di Firenze, Halliday parteciperà, nella città che vide levarsi l’impegno di Giorgio la Pira a favore della pace e della collaborazione internazionale, a una serie di iniziative per approfondire e dibattere le tematiche della crisi irachena.

Dennis Halliday inconterà la stampa e le istituzioni venerdì 21 febbraio alle 10,30 nella Sala Convegni della Cassa di Risparmio di Firenze (Via Folco Portinari, 5 – Firenze)

Altri appuntamenti e incontri con Dennis Halliday:
Giovedì 20 febbraio – Ore 20,30 - Sala Vanni, Piazza del Carmine, 19 – Firenze Introducono:Ugo Bardi, Verdi Fiesole, Sergio Gatteschi, Consigliere Provinciale Verdi Interventi di: Dennis Halliday; Lisa Clark, Beati i Costruttori di Pace, Rete Lilliput; Prof.

Mario Primicerio, Docente universitario; Tommaso Fattori, Social Forum Firenze, Stefania Ippoliti, Confesercenti; Prof. Alberto L’Abate, Docente universitario, Ornella Sangiovanni, Un Ponte per Baghdad
Sabato 22 febbraio – Ore 17,30 - Centro Culturale cattolico, Sala Toniolo, piazza Mino 1 – Fiesole (Firenze).

Piena Soddisfazione da parte dei consiglieri dei Comunisti Italiani in Provincia per l’approvazione del documento presentato dalla Giunta, che è diventato della maggioranza e nel quale hanno trovato convergenza anche i consiglieri di Rifondazione Comunista, e che rileva come eventuali sanzioni contro Saddam Hussein debbano essere prese in sede Onu.

Nella risoluzione viene inoltre denunciata l’ambiguità dei comportamenti e la leggerezza del governo Berlusconi, si ritiene che l’Onu non debba deliberare per un’azione militare giudicando che questo porterebbe ad un incremento del terrorismo islamico, apprezza tutti gli sforzi condotti da vari soggetti che, in queste ore si stanno adoperando per scongiurare la guerra, con particolare riferimento al piano franco-tedesco richiamato positivamente dalla Commissione Europea presieduta da Romano Prodi e delibera di aderire alla manifestazione del 15 marzo e ad esporre sulla sede provinciale la Bandiera della Pace che già sventola da una finestra di Palazzo Medici Riccardi.

“Noi siamo stati i promotori del Consiglio Straordinario sulla crisi internazionale ed avremmo voluto che fosse aperto anche alle associazioni – spiega Massimo Marconcini dei Comunisti Italiani – abbiamo presentato un ordine del giorno per ribadire che il nostro paese deve stare fuori dalla guerra. Una guerra definita preventiva, quindi anche qualcosa di più di una guerra: un qualcosa di pretestuoso che può produrre un conflitto devastante. Abbiamo apprezzato molto il documento presentato in Consiglio da parte della Giunta e, come Comunisti Italiani, riconoscendoci in quel documento abbiamo deciso di ritirare la nostra mozione autonoma.

Non capisco – ha detto infine Marconcini – questo accanimento contro la bandiera della pace che non è la bandiera di un’associazione ma riprende il simobolo ecumenico dell’arcobaleno. E’ grave cercare di mettere sotto la cappa dell’illegalità un simbolo per tutti gli uomini e le donne del mondo”.
La nota inviata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri ai prefetti italiani nel 1998, ricordava che sugli edifici pubblici non potevano essere esposti vessilli privati, ma solo le bandiere italiane e della Ue, nonche' quelle della specifica amministrazione o del Paese che in un dato momento era ospite di questa o quella istituzione.

Ma perche' il Governo di Romano Prodi mando' questa nota? In quei mesi erano molto numerose le amministrazioni comunali, provinciali e regionali che facevano sventolare la bandiera del Tibet, in sostengo alla lotta di sopravvivenza etnica di quel popolo contro l'amministrazione della Repubblica Popolare di Cina che li aveva spodestati. E' notorio che le autorita' della Cina, ogni volta che sentono parlare di Tibet, si sentono assaliti da un forte prurito e chiudono qualunque forma di confronto e dialogo (per loro e' un capitolo chiuso, punto e basta).

Per questa ragione chiesero al Governo italiano di fare qualcosa per impedire che continuasse questa esposizione delle bandiere tibetane. E il Governo italiano invio' la nota di cui sopra. Furono in molti a levare le bandiere del Tibet o a giustificare la mancata esposizione per questo motivo.
"La storia si e' fatta beffa di una norma che ricorda piu' i rigori militari che non il quieto vivere di un Comune di provincia che ha voluto dire la sua in politica internazionale? -commenta Vincenzo Donvito, presidente Aduc- Si puo' anche leggere in questo modo.

Ma cio' che piu' e' vistoso e' che, quando una legge o una norma viene istituita per limitare una liberta' il cui manifestarsi non fa male a nessuno ma, anzi, invita chiunque alla riflessione e alla voglia di meglio informarsi e conoscere, questa norma si ritorce anche coloro che l'avevano proposta e perorata.
Per cui: e' proprio necessario che in un Paese ufficialmente libero si facciano queste norme? E' questo un modo di normare e legiferare che aiuta la comunita' civica rispetto al suo sentire e alle sue necessita' di manifestare il proprio pensiero?"

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