Giochi e palii in Toscana

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 giugno 1999 11:39
Giochi e palii in Toscana

Ieri a Siena in piazza del Campo si è svolta la tradizionale tratta con l'assegnazione dei cavalli alle 10 contrade partecipanti. Alcuni cavalli hanno dimostrato una forte inadattabilità alla piazza. Alla fine Pantera, Drago, Lupa e Chiocciola sembrano essere le favorite alla conquista del "cencio" di seta dipinto da Michel Folon. Il solo cavallo ad avere già vinto è Re Artù, lo scorso anno ad agosto nella contrada del Nicchio.
A Livorno invece si prepara il Palio Marinaro che avrà luogo domenica 11 luglio alle 16.00.
La storia del Palio procede parallela alla storia della città, nel senso che in questa competizione confluiscono cultura e tradizioni in linea con lo stesso sviluppo urbanistico di Livorno.

Le sue origini risalgono a prima della fondazione della città, quando esisteva l'usanza di celebrare grandi eventi con una regata. Alla metà del '400 si ha notizia di una gara in onore di Cosimo de' Medici e, successivamente, negli appunti del "diario e cerimoniale della Corte Medicea" si ricorda che, nel 1505, in occasione dell'apertura del fosso perimetrale alla Fortezza Nuova, viene disputata una gara marinara chiamata "lo strappamento del vello delle oche".
La fama del Palio delle barchette varcò i confini di Livorno per tutto il '700 e l'800.

Intorno al 1770 tale regata, che si svolgeva in settembre, veniva organizzata e finanziata dal nobile di un rione che, così, acquisiva il diritto di vedere impiantata l'antenna di scalata nelle acque del fosso prospiciente la propria abitazione. La tradizione del Palio, ormai consolidata, continuò fino al secolo successivo quando assunse un aspetto meno pacifico divenendo una gara di imbroglioni, di remi e collisioni che si risolveva in veri e propri arrembaggi con solenne scambio di remate (ancora oggi esiste nei regolamenti, quale traccia di quei tempi, una norma che vieta l'abbordaggio tra imbarcazioni).

Notizie di rilievo si hanno poi intorno al 1927, quando la sua storia si intreccia con quella dei rioni ed il loro sviluppo. Nel 1925 si parla già di "palio dei rioni", si regolarizza la stazza dei gozzi e si fissa la sede della gara che diviene lo specchio di mare di fronte la Terrazza Mascagni.
La gara si svolge in un campo di regata di duemila metri, da percorrere in tre volte, con due virate di boa. Il campo è suddiviso in otto corsie larghe quaranta metri, con alle estremità le sedici boe di virata, che dal lato sud fungono anche da boe di partenza.

I gozzi sono assicurati alle boe di partenza dalle barbette, cime lunghe circa cinque metri, che sono tenute "in tiro" dai timonieri. Percorso il primo tratto, da sud a nord, viene effettuata la prima virata di boa verso sinistra e si torna così verso la partenza. Le boe sono nuovamente affrontate da sinistra ed inizia così l'ultimo tratto che porta all'arrivo, durante il quale i timonieri chiamano gli equipaggi allo sforzo finale, detto "serràte", al fine di ottenere un aumento del ritmo di voga nell'ultimo tratto di mare.

Issata su ciascuna boa vi è una bandiera con i colori del rione al quale la corsia è stata assegnata per sorteggio, per meglio distinguerla da lontano, e scegliere così la traiettoria migliore. Al rione che vince la gara viene assegnato il drappo - o "cencio" - detto "Palio". L'ultimo arrivato "perde il gozzo" e l'anno successivo gareggia con le "gozzette a quattro remi", sostituito dal vincitore di quest'ultima gara.
Il "gozzo" odierno è lungo nove metri ed ha un peso che oscilla intorno ai cinquecento chilogrammi.

La sua ossatura è costituita da una carena, da una controcarena e da banchi fissi sui quali sono bloccate le panche sulle quali stanno seduti i dieci vogatori, che fanno forza sui puntapiedi, regolabili in senso longitudinale per essere adattati alle singole misure antropomorfe. Il fasciame è costituito da strati di tranciato di cedro incrociati tra loro, tenuti insieme da speciale colla marina, il tutto per uno spessore di circa dieci millimetri. I remi sono lunghi quattro metri e mezzo e sono fissati allo scalmo dallo "stroppolo", che è una sorta di treccia di canapa o altro materiale simile, impregnato di sego per favorire la rotazione del remo sulla castagnola.

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