Le osservazioni dei cittadini al Piano Strutturale: tra speranze democratiche e dubbi sulla partecipazione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 febbraio 2005 00:03
Le osservazioni dei cittadini al Piano Strutturale: tra speranze democratiche e dubbi sulla partecipazione

In chiusura dello scorso mandato amministrativo è stato adottato il Piano strutturale, che è alla libera visione della città sino a mercoledì prossimo. I fiorentini possono proporre rilievi per arricchire la discussione del Consiglio comunale. Chiunque sia interessato a proporre modifiche a quanto contenuto nel Piano Strutturale deve inviare con raccomandata con ricevuta di ritorno o depositare di persona una lettera entro il 2 marzo indirizzata al sindaco oppure alla segreteria generale in Palazzo Vecchio o alla direzione urbanistica in via Andrea del Castagno 3.
L'obiettivo della presente legislatura è avviare la formazione dello strumento operativo, il Regolamento urbanistico, che traduce in misure applicative i precetti del piano.
Il Piano strutturale sarà messo in atto con le risorse derivanti dagli annuali bilanci, gli ultimi dei quali si sono concentrati però sul contenimento dei danni da tagli emergenziali ai trasferimenti e dalla limitazione dell'autonomia impositiva.

Negli ultimi tempi cioè, al priorità è garantire la qualità dei servizi erogati, pur operando scelte dolorose di razionalizzazione della spesa, già ridimensionata. E' essenziale condividere le politiche con i 600.000 abitanti dell'area fiorentina senza dar loro un senso punitivo. La soluzione prescelta è stato il percorso allargato del Programma di mandato, elaborato in due mesi di discussione, iniziati nel Consiglio comunale del 19 ottobre e conclusisi il 20 dicembre con il dibattito e il voto sul documento.
Il Programma della Giunta ha cercato di proporre un piano degli investimenti consapevole delle reali possibilità di indebitamento, per evitare di creare aspettative non realizzabili.
A lungo termine si guarda a nuovi stumenti di partecipazione, anche se l'idea più interessante emersa nel documento approvato dal Consiglio comunale pare quella di rivitalizzare la funzione dei Consigli di Quartiere, quali luoghi per la promozione civile, sociale e culturale.
Fondamentale anche il rapporto tra partecipazione e informazione, tra dialogo e comunicazione.

Al centro il tema della Rete civica in funzione di coordinamento di relazioni e attività, con ambiti tematici per terzo settore, volontariato e associazioni. Con l'augurio che questa rivoluzione della nostra cultura informativa non si limiti ad un semplice trasferimento di tecnologie, ma sia tesa a sviluppare la comunicazione biunivoca con i cittadini, ai quali sia consentito, nonostante la morte dei partiti di massa, di continuare ad essere parte dei processi di scelta delle politiche pubbliche, con meccanismi di verifica democratica dei risultati.
Nel documento si accenna a forme di governance per gestire la qualità pubblica degli interventi privati e si suggeriscono interventi di decongestione degli spazi per valorizzare i vuoti urbani come parte di un processo di riacquisizione del territorio.

Però le linee programmatiche prendono avvio non casualmente dal tema delle nuove infrastrutture, dei grandi lavori, dell'assetto urbanistico. E' questo il centro della visione politica del programma di mandato? Ma l'accezione neutra di parole come "nuovo", o "efficiente" bastano a giustificare una politica? E questo progetto di "decongestionamento della città" quali mutazioni potrà innescare nel tessuto collettivo? Infatti nell'elaborato segue, ma in mezzo c'è un vasto non detto, qualche inquietudine sulle relazioni tra gruppi sociali.

Che cosa generà questa preoccupazione? Non è esplicitato. E come si risolve? La soluzione è un'idea "transitiva" dell'azione sociale espressa da termini quali "governare l'innovazione", azioni quali la coesione e l'inclusione che non portano con se un'accezione interattiva della realtà. Insomma un'intervento pubblico dall'alto che mette le persone in condizione al massino di "trovare posto", di "riconoscersi nei processi". Infatti lo strumento principe non è la partecipazione, ma, in alternativa, il welfare.
In questo processo di sviluppo senza alternative gli interlocutori reali sono i proprietari delle aree industriali dismesse, i realizzatori di infrastrutture viarie e ferroviarie, l'imprenditoria privata dalla quale ci si aspetta persino la soluzione del problema abitativo.

Il dubbio è che piuttosto che di sviluppo stiamo parlando di ridefinizione delle funzioni di pubblico e privato sul territorio. Mentre i sistemi di garanzia a cui si accenna (consulte, osservatori, o forum) rimangono in una dimensione ancora vaga e idealizzata.

Nicola Novelli

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