LA TOSCANA IN GUERRA
 

Quanti, e chi, furono i toscani che indossarono il grigioverde? E quale fu la loro sorte? Pur con tutte le cautele rese necessarie dalla diversa origine, natura e finalità delle fonti usate, è forse possibile delineare un quadro abbastanza fedele. Diciamo subito che la Toscana - come del resto larga parte dell'Italia centrale - fu tra le regioni che pagarono un tributo maggiore all'insaziabile fame di uomini dell'esercito.
Il censimento del 1911 aveva registrato 539.422 uomini "in età militare": i "tenuti alle armi" (una qualifica che comprendeva tutti gli "assegnati ai corpi", e dunque anche gli addetti temporanei a uffici e stabilimenti industriali, ma non i "dispensati" e gli "esonerati") risultarono essere, alla fine della guerra, pari a 450.525, ovvero l’83,5% della cifra complessiva.
Moltissimi, dunque, come del resto era logico attendersi in una regione dove l'emigrazione era limitata ad aree nel complesso periferiche e montuose dell'Aretino e del Pistoiese, della Lucchesia e della zona apuana, dove la renitenza alla leva era sempre stata fra le più basse d'Italia, e dove neppure la profonda, diffusa ostilità della guerra produsse uno scarto significativo negli indici di affluenza delle reclute.
Le "bande" e i "drappelli" di disertori che tante volte si affacciano negli scritti e nelle testimonianze dell'epoca - nella misura in cui furono un fatto reale, e dunque al di là delle dilatazioni operate da una ridda di voci e di memorie popolari sul filo dell'atmosfera di trasgressione e di mistero in cui sempre sono immerse vicende del genere - ebbero a protagonisti non giovani ignari della guerra, ma soldati che ne avevano conosciuto gli orrori.
Tanta solerzia nel rispondere alle chiamate di leva significa, fra l'altro, che la percentuale di dispense ed esoneri su cui tanto si sarebbe speculato all'indomani della guerra, incise realmente solo sul 10% dei maschi passibili di indossare l'uniforme.
Quasi 47.000 di coloro che furono "Inquadrati nei corpi" non sarebbero tornati a casa, se non forse per morirvi subito dopo. Più di uno su dieci! Un tasso che appare ancor più terribile ove si consideri che almeno un quarto di quei 450.000 (ma si tratta di un calcolo molto prudente) rimase in loco, nei presidi, o nel servizi e nelle produzioni direttamente connesse con la guerra, e che i "combattenti" non dovettero essere più di 275.000. A pagare con la vita - e in altrettanti casi, certo più fortunati, a pagare per tutta la vita - furono soprattutto le classi d'età comprese fra il 1887 e il 1896, vale a dire coloro che al momento dello scoppio della guerra avevano tra i 19 e i 28 anni. Fra questi i morti raggiunsero - sempre entro il 1920 - il 14,2 %, con un picco fra i nati negli anni 1888-91 che giunse al 15,2. Un morto ogni 6 tenuti alle armi. E, fatto altrettanto sconvolgente, a mietere tutte quelle giovani vite non furono solo bombe e granate, fucili e cannoni. A fronte infatti di un 42 % di morti sul campo o per ferite, vi era un 41 % di morti per malattie contratte sotto le armi per i disagi e epidemie (di cui Elio Nerucci fa ampio cenno nel suo diario).

In sintesi, a guerra finita fra i toscani impegnati in guerra mancava all’appello un maschio su 11, aspetto fondamentale dal punto di vista sia umano che lavorativo, dato che il contingente militare coincideva con la forza lavoro impegnata nei vari settori produttivi.

Il tributo pagato dalla Toscana all'oscura divinità della guerra fu dunque particolarmente alto, soprattutto in certi strati sociali. Essa, infatti, non scelse le sue vittime in modo uniforme. Il sinistro auspicio formulato da Papini nel settembre del 1914 veniva pienamente confermato dalle cifre dei censimenti: "i contadini, i pigionali, gli operai e i borghesi" chiamati ad "affrontare la morte", secondo le parole del poeta nazionalista, avrebbero espresso "l'unico valore della loro esistenza", e avrebbero così salvaguardato nel contempo le vite - decisamente più preziose - di "quelli che creano e pensano". Parole farneticanti e provocatorie, ma ampiamente confortate dai censimenti postbellici.

Ma qual è il tributo in vite umane pagato dalle singole province toscane alla Grande Guerra? Le notizie su militari e caduti in guerra (che purtroppo, sono raggruppate per distretto, e quindi risultano poco comparabili con i dati demografici, oltreché poco perspicui) parlano di percentuali fra il 10,10 e l'11,48 per Pistoia come per Siena e Lucca, per Arezzo come per Firenze, mentre Livorno, su cui insisteva anche parte del Pisano, era al 9,82 per cento: ma è innegabile che l'unico crollo si avesse proprio nella zona dove la quota di addetti all'agricoltura era la piú bassa della regione, quella di Massa Carrara.
Quanto agli elenchi di caduti dei vari comuni via via pubblicati a pietosa e orgogliosa memoria da associazioni di sottoscrittori, ma anche da società e istituzioni locali, è giocoforza riconoscere che essi, oltre ad essere poco affidabili e ancor meno comparabili fra loro, non dicono molto di piú. Tuttavia i dati forniti per la provincia di Siena da una di quelle pubblicazioni sono lí a dimostrare che roccaforti dell'attività estrattiva - come Abbadia San Salvatore, Trequanda, Sovicille, Rapolano, Monticíano... - o centri dotati di una rete di servizi e di piccole industrie (come il capoluogo o come Poggibonsi) ebbero da piangere un numero di giovani proporzionalmente assai minore delle aree nettamente ed esclusivamente rurali.
Fu nei comuni in cui l'agricoltura dominava sovrana che la guerra apparve in tutta la sua dirompenza, quali che fossero l'assetto produttivo e l'organizzazione del lavoro: da Gaiole e Radda, ai comuni del Chianti fino a Cetona e Chianciano, e nell’area della Val di Chiana, i morti furono migliaia.

In particolare, per quanto riguarda la Toscana, quasi un uomo su due, se si escludono vecchi e bambini, fu coinvolto nell'esercito di guerra e nell'esperienza di guerra: una guerra di inaudita violenza e profondità, tale da mutare radicalmente esistenze e rapporti, attitudini e percezioni, identità e valori di una generazione già di per sé inquieta e povera di certezze, strutturalmente piú avanzata e "moderna" della società da cui emergeva, protagonista di una trasformazione di proporzioni sin lí sconosciute.
Non per nulla, mentre il censimento del 1911 aveva fatto registrare, in campo nazionale, una presenza di addetti all'agricoltura pari al 54 per cento della popolazione maschile attiva in condizione professionale, elaborazioni e proiezioni successive compiute su quegli stessi dati indicavano che, alla vigilia del conflitto, sulla fascia d'età fra i 18 e 40 anni, quella percentuale raggiungeva appena il 48 per cento: una percentuale sostanzialmente confermata dagli elenchi delle "leve di terra", che sembrano quindi configurarsi come una fonte meno insicura di quanto si temesse e senza dubbio preziosa per individuare dimensioni e linee di tendenza dell'occupazione giovanile.
Per la Toscana, in particolare, esse ci dicono non solo che agricoltori, pastori e allevatori di bestiame incidevano per non piú del 44 per cento sulle classi di età che qui ci interessano, ma che a partire dai primi del Novecento era in atto un esodo dai campi di proporzioni non indifferenti, benché ancora incerto e non continuativo.
Cosí, mentre la leva dei nati nel 1890 aveva dato ancora un 42 per cento di occupati nel settore primario, tale quota cadde al 36,88 e al 31,37 per quelli del 1894 e del 1896, per crollare al 28,55 della classe 1900: una percentuale senza dubbio inquinata dalla fame di manodopera delle industrie di guerra, ma ugualmente clamorosa, perché mette in luce l'esistenza di una seria linea di frattura nel proverbiale equilibrio toscano, che vedeva registrava da sempre l’incontrastato primato dell’agricoltura su ogni altra forma di produzione.

Tabella relativa ai Militari e caduti in Toscana.
Il numero dei maschi di ogni età è derivato dal censimento della popolazione del 1911.
 
  MASCHI
IN ETA'
MILITARE
A
A/MASCHI
DI OGNI ETA' (%)
A'
TENUTI
ALLE ARMI
B
MORTI
C
C/B (%)
Arezzo 55406 38,34 67447 7720 11,48
Firenze 206605 41,52 107439 io 846 11,35
Grosseto 32112 42,18 - - -
Livorno 29770 43,98 61433 5971 9,82
Lucca 55607 35,76 64715 6849 10,58
Massa Carrara 37375 36,33 40987 2996 7,31
Pisa 71337 40,95 - - -
Pistoia - - 49567 5009 10,10
Siena 51210 41,03 59210 6100 10,30
Toscana 539422 40,22 450595 46911 10,41

N.B. 1 dati sono per province in A e A', per distretti militari in B e C. - Caduti dei comuni della Romagna Toscana che nel 1923 furono aggregati alla provincia di Forlí. ' Caduti indicati a parte con l'indicazione "Provincia di Pisa". L'ipotesi piú probabile è che si tratti di caduti di cui si conosceva solo approssimativamente la zona di provenienza, ma non il distretto militare di appartenenza.



 
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