Toscana e abolizione del Senato, chiesta cancellazione privilegi dei parlamentari

In Consiglio regionale la riforma del Senato approvata lunedì dal Consiglio dei Ministri

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 aprile 2014 15:24
Toscana e abolizione del Senato, chiesta cancellazione privilegi dei parlamentari

La presidenza del Consiglio toscano, aprendo i lavori della seduta speciale, ha ribadito la volontà in particolare di confrontarsi sulla riforma dell’articolo 117 della Costituzione affermando che il Governo e la maggioranza che lo sostiene non possono derogare da un confronto di merito su aspetti dirimenti per il futuro delle Regioni ed il loro prossimo ruolo nell’architettura dello Stato.

Secondo il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, occorre dire no al nuovo centralismo romano. Il progetto di riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione non deve essere fatto attraverso il riaccentramento del governo delle decisioni e della loro implementazione. Il presidente si è detto non contrario ad introdurre in Costituzione il concetto di comunità regionali. L’orientamento volto a ridefinire i poteri delle Regioni nasce infatti dal fallimento di un federalismo degli staterelli, come lo ha definito Rossi, travolto dalla crisi della globalizzazione, dal governo centrale che vi ha scaricato i suoi costi finanziari, e da comportamenti eticamente disdicevoli.

Secondo il presidente, non esiste il rischio di una svolta autoritaria anzi, piegare il dibattito su questo profilo è sbagliato. Ricordando come sia dagli anni ’70 che la politica cerca di riformare le istituzioni, ha rilevato che già allora, e negli obiettivi del suo partito, tra le proposte in campo c’erano anche quelle che prevedevano il monocameralismo con un Senato che fosse rappresentanza dei territori e il superamento delle province. Il nuovo Senato che dovrebbe trattare anche le normative europee, è visto bene da Rossi considerato che si è perso il controllo politico sull’attuazione delle norme comunitarie. 

I Senatori, non più eletti, saranno 128, tra Governatori, Consiglieri regionali e Sindaci. "Ma la struttura, il carrozzone, resta in piedi - così Maria Luisa Chincarini, Capogruppo Centro Democratico in Consiglio regionale -  invece credo che proprio lì, pur tutelando i posti di lavoro, si dovesse intervenire per abbattere in modo decisivo i costi e avvicinarsi a quel miliardo di risparmi ventilato dal Premier Renzi. Inoltre, questa riforma non ha inteso toccare in alcun modo i numeri e le prebende dei nostri Deputati, né ha voluto modificare la disciplina, ormai superata, delle Regioni a statuto speciale.

Ma c'è un aspetto che, più degli altri, mi lascia sgomenta: se i nuovi Senatori saranno chiamati a dare un parere non vincolante su tutte le leggi dello Stato in discussione alla Camera, come faranno Presidenti di Regione e Sindaci a svolgere il proprio lavoro negli Enti locali? Delle due l'una: o il nuovo Senato non sarà altro che una scatola vuota, oppure Regioni e Comuni capoluogo si vedranno privati dei loro amministratori. In ogni caso, è una contraddizione inaccettabile".

 Due sono le premesse che hanno anticipato l’intervento del vicepresidente del Consiglio regionale della Toscana, Roberto Benedetti. La prima ha rilevato come la disputa dottrinale sul bicameralismo perfetto sia stata ormai superata dai fatti. La seconda è servita per chiarire come ci sia bisogno di una riforma e che tuttavia non la si può fare senza rispettare le istituzioni. Molti sono i dubbi che Benedetti ha espresso sul progetto in discussione. Il nuovo Senato sembra una specie di super assemblea dell’Anci, una Camera dei Lords di regia nomina e, in questo senso, il processo rischia di diventare una farsa che si abbatte sulle istituzioni.

La convinzione del vicepresidente è che questa riforma sia frutto di altre riflessioni: da parte di centri di potere che nulla hanno a che fare con la democrazia, c’è l’interesse a depotenziare le assemblee elettive. In tema di costi, infatti, il taglio che si sta portando avanti elimina una parte risibile di quelli della struttura, a dimostrazione che si parla alla pancia della gente in una deriva, secondo Benedetti, populista preoccupante. Sulla Riforma del Titolo V della Costituzione, Benedetti ha riconosciuto quanto ce ne sia bisogno ma se deve essere un taglio, un togliere i poteri alle Regioni, allora non è la strada giusta, creerebbe un pasticcio e un danno alle comunità.

Quindi un’ultima considerazione rispetto al taglio dei consiglieri operato in Toscana a detta del vicepresidente fatto in maniera eccessiva. Una riduzione era necessaria, ha chiarito, ma non tanto stringente da rischiare di comprimere ed inficiare la rappresentatività dei territori.

Per Vittorio Bugli significa riprendere il percorso tracciato nel 1984 dall’allora presidente Gianfranco Bartolini, quando presentò al Parlamento una proposta di riforma costituzionale basata sul Senato delle Regioni.

Da qui l’invito, però, a prendere bene questo percorso, nei due sensi: nell’incoraggiamento a proseguirlo, ma soprattutto nel definirlo con chiarezza, in un equilibrio virtuoso tra tutte le parti dello Stato. Con la dignità di rappresentare quel regionalismo fondamentale per il buon funzionamento della nostra democrazia, specialmente nel processo parallelo di superamento delle Province.

 Tra le proposte avanzate, la necessità di rappresentare le comunità regionali nel loro insieme, magari pensando anche ad un voto per delegazioni regionali, che non possono essere tutte uguali; ma anche l’opportunità di salvaguardare l’equilibrio tra i due rami del Parlamento.

Sul fronte del Titolo V, le Regioni chiedono di non rinunciare a un elenco espresso di materie concorrenti, che chiariscono l’ambito di intervento della legislazione regionale, pur nel rispetto dei principi statali. E sulle materie di competenza esclusiva dello Stato occorre procedere ad uno snellimento, nella eccezionalità della clausola di supremazia. 

Gianfranco Venturi ritiene che la riforma del Senato così proposto e il ruolo delle Regioni vanno rivisti: il Senato non può essere una sorta di conferenza stato-regioni integrata da 21 signori, nel segno dei tagli e dei risparmi. Se si parla da tempo di riforme e adeguamento indennità, è quanto sostiene Venturi, se anche il Consiglio regionale della Toscana ha provveduto a tagliare i vitalizi e a ridurre i componenti dell’assemblea, come mai il Governo ha deciso di intervenire solo sul Senato? La Camera, così com’è, ha aggiunto Venturi, con i suoi 630 parlamentari, ha il 50 per cento in più dei membri del Congresso degli Stati Uniti e i nostri deputati hanno l’indennità più alta d’Europa.

“Abolire il Senato e ridurre gli stipendi ai consiglieri regionali? Per contenere i costi della politica cominciamo cancellando la diaria e altri privilegi dei parlamentari”. Con queste parole il consigliere regionale Gabriele Chiurli (Democrazia Diretta) annuncia la presentazione in Aula di una risoluzione per tagliare la busta paga dei parlamentari, durante la seduta del Consiglio dedicata all’esame del disegno di legge per la riforma costituzionale. “Oltre 3.500 euro al mese di diaria per soggiornare a Roma, 3.690 euro al mese a titolo di rimborso spese per l’esercizio del mandato, rimborso trimestrale per trasferimenti pari a 3.300 euro circa per chi deve percorrere meno di 100 km per arrivare all’aeroporto più vicino a casa e quasi 4mila per chi deve percorrere più strada, 1.200 euro l’anno di spese telefoniche a carico del contribuente – elenca il consigliere Chiurli – tutto ciò dovrebbe sparire o subire un netto taglio, per coerenza con lo spirito della riforma.

Oppure sì, è il caso che questo Governo e questo Parlamento vadano a casa”

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