Toscana Digitale: la paura di comunicare senza prima capire

La velocità digitale annulla i tempi di risposta, ma necessita di una comprensione culturale propedeutica

Antonio
Antonio Lenoci
05 ottobre 2015 13:48
Toscana Digitale: la paura di comunicare senza prima capire

Dig.it ha riunito, ancora una volta a Prato, il mondo della comunicazione digitale: novità e prospettive, tendenze e cambiamenti sono stati oggetto di alcuni corsi tenuti da relatori di alto livello che studiano il web come piattaforma sociale e virtuale senza però perdere di vista il mondo reale.In una Toscana che sta ramificando la propria rete di fibra ottica con l'obiettivo di coprire il 98% delle centrali poste nelle maggiori località, la digitalizzazione è un tema fondamentale. Le Camere di Commercio hanno colto per prime l'importanza del web per gli scambi locali ed internazionali di beni e servizi, a ruota le Amministrazioni locali hanno aperto canali di dialogo sempre più sociali postando e twittando avvisi e bandi. All'ombra delle grandi banche dati, delle tessere elettroniche e degli Open Data esistono famiglie analogiche e nativi digitali che non possono viaggiare su binari separati.

Matteo Biffoni, sindaco di Prato ha dichiarato a Nove da Firenze: "Prato è lieta di accogliere Dig.it e si conferma così città del contemporaneo.. con i suoi problemi, ma anche con la sua forza e la sua bellezza. Accogliere i giornalisti da tutta Italia consente di raccontare la città attraverso i nuovi mezzi di comunicazione".Prato è una città connessa? "Stiamo finendo le fasi di un investimento importante sulla Banda Larga che porteremo in tutte le scuole ed in tutta la città, i lavori procedono e saremo tra le prime città a mettere tutto su fibra".Sul piano dell'alfabetizzazione informatica? "Stiamo facendo uno sforzo importante affinché l'uso di internet sia a disposizione di tutti ed investiamo sia nella formazione dei piccoli che degli anziani".Ideatore e motore di Dig.it è Marco Renzi, giornalista, scrittore, docente Master per l'Editoria presso l'Università degli Studi di Siena: "Siamo ancora all'inizio, cerchiamo ogni anno di migliorarci..

gli esami non finiscono mai. Il digitale è cultura e non solo un gap tecnologico da colmare, questo il punto focale di questa edizione ed il messaggio che vogliamo mandare".La comunicazione filtrata da internet ha cambiato la società? "Invece di pensare agli strumenti dobbiamo pensare al mondo fatto in digitale. Il cambiamento è nelle sfere di competenza, ma è lo stile di vita che ha trasportato noi stessi in una dimensione in cui dobbiamo imparare nuovamente a vivere.

Consiglio: tre passi indietro, umiltà e occhi aperti per comprendere cosa accade".I rappresentanti della Stampa hanno a cuore la correttezza dell'informazione e vorrebbero un bollino di garanzia sulla marea di dati forniti dalla rete: "Non condivido questa visione. E' evidente che se ho bisogno di medicine chiedo al farmacista, perché ci sono professionisti che hanno gli strumenti per poter dare le giuste indicazioni. La rete è veloce, i dispositivi mobili sono consultabili ovunque, riducono le distanze e fanno anche superare le file, ed è così che le persone comuni possono informarsi e informare senza per questo essere giornalisti.

Dall'altra parte servono persone preparate, adeguatamente pagate per svolgere un lavoro di informazione, perché di lavoro si tratta". Il giornalismo però è in crisi, cos'è che non funziona? "La crisi è dovuta ad una categoria che non ha saputo adattarsi al cambiamento e continua a pensare ed agire secondo schemi di un tempo già finito. Se i giornalisti facessero della qualità per dirimere la "fuffa" dalle "buone notizie" farebbero un ottimo servizio..

internet è pieno di fuffa. Il giornalista oggi deve saper curare il proprio profilo Social, deve essere un Social Media Manager, un Community Manager. Sono figure ibride, ovvio e non sono soltanto ad uso dei giornalisti, ma un giornalista con buone basi culturali e buona pratica può imporsi in modo altamente professionale".Abbiamo detto di chi scrive, chi legge invece è preparato? "Si tratta di un problema che c'era già nell'analogico.. Oggi le fonti sono tante, incontrollate ed il lettore deve essere più scaltro e più preparato che mai. Ecco che allora abbiamo casomai un problema diverso: da una parte esistono i nativi digitali che hanno basi tecniche inaudite, ma mancano delle basi culturali per carenze strutturali dovute alla scuola e alla famiglia.

Dall'altra abbiamo gli analogici che fanno fatica ad adattarsi al digitale però sono coloro che dovrebbero formare culturalmente i nativi digitali che hanno bisogno di noi perché la rete è alternativa, ma è anche cattiva e si riverbera nel mondo reale. Il rischio più grande per nativi digitali ed analogici che non capiscono di dover lavorare insieme e fare ciascuno la propria parte è farsi prendere dalla paura".

In evidenza