Studio Iref, ecco come la crisi ha cambiato la Toscana

I ricercatori dell'Iref elaborando dati dell'Istat, del Mef e dell'Istituto Tagliacarne hanno costruito una griglia

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 novembre 2018 14:39
Studio Iref, ecco come la crisi ha cambiato la Toscana

Giacomo Martelli, presidente delle Acli della Toscana commenta il lavoro (Le Cinque Italie al voto, fratture sociali e territoriali, scenari politici) dell'Istituto di Ricerche Educative e Formative delle Acli: “Crescita, ridistribuzione, welfare diffuso, società viva, aperta e partecipe sono tratti tipicamente toscani come il Chianti e la Ribollita, ma proprio come Chianti e Ribollita oramai sono caratteristiche riscontrabili in maniera diffusa solo in alcune aree della nostra Regione. Per il resto la Toscana Felix è uno sbiadito ricordo e questo ha ovvie e inevitabili ripercussioni sul fronte della rappresentanza politica e istituzionale”.

I ricercatori dell'Iref elaborando dati dell'Istat, del Mef e dell'Istituto Tagliacarne hanno costruito una griglia in base a criteri di inclusione/esclusione, crescita e declino, in cui hanno collocato le varie province italiane. Dati su cui Acli Toscana ha elaborato uno specifico focus sulla nostra Regione. Da cui emerge che, seppur con una situazione più brillante di altre Regioni italiane, anche la Toscana ha le sue ombre e i suoi processi di trasformazione sociali e economici che ne stanno cambiando il profilo politico.

Infatti dalla fotografia della ricerca Iref si nota che delle 10 province toscane solo due, quella di Firenze e Siena, sono catalogate nella categoria Comunità prospere, cioè del benessere diffuso. “E' solo in questa parte della Toscana – nota Martelli – che la crescita economica, si accompagna anche a una maggiore equità e a una società civile più forte e partecipativa”. Sono queste le province, dicono all'Iref, dove l'export va bene (pesa nove punti percentuali in più rispetto alla media nazionale), dove la ricchezza è maggiormente redistribuita sul territorio e tra gli strati sociali.

E dove il disagio sociale è più basso della media (94,7 a fronte di 181,6 dato nazionale) e dove i cittadini si impegnano di più in attività di volontariato e nelle organizzazioni del terzo settore (144 volontari ogni mille abitanti, a fronte di 88 in tutta l’Italia), anche perché queste ultime sono più numerose sul territorio (7,8 ogni mille abitanti rispetto a 5,7 nel totale).

Per i ricercatori quindi non è casuale che i partiti del vecchio schema politico riescono ancora a rendere attuale la loro offerta riformista moderata, sebbene senza più le antiche certezze, dal momento che riescono comunque a presidiare i processi di produzione diffusa di ricchezza e i processi di inclusione sociale tesi a prevenire fenomeni di marginalità e di degrado. Qui dunque il centrosinistra è ancora ascoltato dai cittadini i quali però si sono appropriati di un diritto di recesso in caso di ripensamento, come accaduto nelle recenti elezioni comunali.

All'altro capo di questa asse immaginaria abbiamo Massa-Carrara, che sta fra le province depresse: cioè quelle dell'Italia (quasi tutto il Meridione) in lento declino o immobile in una stasi economica e sociali. E in queste aree gli elettori stanno andando verso un bipolarismo sostitutivo, dove i due partiti populisti suppliscono, ora l’uno ora l’altro, alla caduta del primato dei partiti del bipolarismo classico centrosinistra -centrodestra.

Le restanti sette province toscane (Prato, Lucca, Pisa, Livorno, Arezzo, Pistoia e Grosseto) fanno parte dell'Italia che resiste. Sono luoghi da tempo entrati in un ciclo di sviluppo tipicamente post industriale, una fase nella quale gli occupati nei servizi superano di gran lunga gli addetti nell’industria. Va bene l'export (+4% rispetto alla media nazionale), e anche l'occupazione e il reddito ( +2.256 euro di scarto sulla media nazionale è basso anche grazie a un sistema di welfare con standard più elevati rispetto alla media nazionale.

Tuttavia Iref ha riscontrato anche preoccupanti segnali in controtendenza. Il primo riguarda l’incremento delle diseguaglianze tra ricchi e poveri: la forbice è aumentata del 6,3%, +2% sul dato nazionale. Il secondo concerne le crisi aziendali che, almeno in parte, possono compromettere la tenuta sociale. Cosicché la tranquilla continuità del bipolarismo classico centrosinistra-centrodestra si ritrova oramai soltanto non nei quartieri benestanti e centrali. La fragilità sociale ha invece trovato nelle rappresentanze neo-populiste la sua voce politica.

“Insomma solo fra Firenze e Siena è rimasto quel encomiabile mix di crescita e giustizia sociale che ha fatto della nostra Regione la Toscana Felix. Altrove abbiamo o forte depressione come a Massa Carrara o crescita diseguale sia fra persone, i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più emarginati e l'ex classe media del lavoro dipendente che scivola verso il basso, sia fra zone con una sempre più marcata distanza fra centro-città e periferie. E' ovvio quindi che anche i toscani cerchino risposte e non si accontentino più delle rassicurazioni troppo spesso solo verbali di chi fin qui li ha governati” conclude il presidente Acli.

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