Sgarbi e Santa Maria Novella, qualcuno voleva gettare acqua sulle panchine

Il critico commenta in una intervista la Firenze di oggi, con i suoi "Mostri" di cemento

Antonio
Antonio Lenoci
15 maggio 2014 15:18
Sgarbi e Santa Maria Novella, qualcuno voleva gettare acqua sulle panchine

“Sigari” è la definizione più gentile con cui Vittorio Sgarbi ha descritto l’ultima volta che è stato intervistato a Firenze le panchine in vetro, legno e acciaio corten istallate In piazza Santa Maria Novella il cui recupero è iniziato nel 2007.

Ora il critico d'arte dovrà andare a processo e rispondere dell’accusa di diffamazione per aver criticato, alla sua maniera, la ristrutturazione della piazza fiorentina nel 2010.

Da una parte il critico d’arte, dall’altra la città di Firenze rappresentata in tribunale dall’architetto Maurizio Barabesi, direttore dei lavori di allora, che si è costituito parte civile al processo.

Sgarbi non risparmia nemmeno altre opere d’architettura moderna, alcune già realizzate a Firenze altre previste o in fase di completamento. E’ il caso del Palagiustizia, sede del nuovo tribunale, a Novoli, la loggia di Isozaki all’ingresso degli Uffizi, il nuovo Museo del Novecento davanti alla Stazione di Santa Maria Novella e naturalmente le panchine nella stessa piazza.

“Critiche come quella di Sgarbi rappresentano un danno per l’immagine di Firenze a livello internazionale" è la tesi di Giuseppe Caglia legale di Barabesi .

Nello stesso anno in cui Vittorio Sgarbi, nel Salone dei Cinquecento, pronunciava per la prima volta la sua critica colorita, quel restyling vinceva il premio 'Marble Architectural Award 2010'.

A difesa di Vittorio Sgarbi si è schierato il consigliere comunale fiorentino Mario Razzanelli (Forza Italia) che torna sulla qualità dei materiali scelti per quelle panchine. Sette in tutto, quattro delle quali in acciaio corten e legno.

Il surriscaldamento dell’acciaio durante la stagione calda che rende le panchine inavvicinabili è stato spesso in questi anni oggetto di polemiche e ironia. Giuseppe Cini, architetto del Comune a quel tempo responsabile del settore Belle Arti di Palazzo Vecchio chiamò in causa la Soprintendenza dei Beni Architettonici che promosse il progetto diretto da Barabesi, lo stesso fece l’assessore alla cultura Eugenio Giani.

In un articolo del Corriere Fiorentino del 2009 si legge che in effetti una funzionaria della Soprintendenza, l’architetto Lia Pescatori, sollevò dei dubbi sull’impiego del corten: "Du­rante le riunioni col Comune io avevo sollevato il problema. Sape­vo che quel tipo di materiale non era idoneo. Ma in quell’oc­casione qualcuno mi rispose ‘‘casomai se si riscaldano trop­po le bagneremo con dell’ac­qua’’ .

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