Segretari comunali, fine della storia? Quale dirigenza pubblica negli enti locali

La riforma della PA locale e la cancellazione dei segretari comunali, di cui sta discutendo il governo

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 giugno 2014 14:26
Segretari comunali, fine della storia? Quale dirigenza pubblica negli enti locali

“Abolizione della figura del segretario comunale.” Con questa frase lapidaria, contenuta nella lettera ai dipendenti pubblici al punto 13), il Governo propone di liquidare una delle figure di funzionario pubblico più antiche dell’ordinamento amministrativo italiano. Lascia infatti perplessi una proposta di riforma della pubblica amministrazione che, pur condivisibile nel suo impianto generale, mira a cancellare una professionalità importante per l’organizzazione delle autonomie locali.

Appena un anno fa le norme anticorruzione (L.190/12) avevano affidato ai segretari comunali responsabilità pesanti in tema di contrasto alla corruzione all’interno delle pubbliche amministrazioni locali: secondo Raffaele Cantone, attuale responsabile nazionale anticorruzione, occorre infatti prevenire i rischi di fenomeni corruttivi all’interno delle pubbliche amministrazioni attribuendo specifiche responsabilità a un funzionario pubblico (segretario comunale in prima battuta), che deve predisporre misure specifiche su determinate aree a rischio e monitorarne l’attuazione.

I delicati compiti in materia di anticorruzione si sono aggiunti alle recenti funzioni relative ai controlli interni di regolarità amministrativa e di responsabile della trasparenza, rendendo il segretario comunale una figura centrale all’interno dei comuni: competenze molto diversificate che hanno spinto il segretario comunale a dotarsi di notevoli abilità cognitive, di tipo trasversale, per garantire un servizio professionale all’altezza. Senza saperlo il segretario comunale utilizza oggi sofisticate tecniche di gestione del rischio (il risk management è il bagaglio necessario per i funzionari pubblici negli altri paesi) per evitare al comune in cui lavora probabili danni economici derivanti da non ponderate decisioni amministrative.

E’ un ruolo prezioso quello dei segretari comunali, ben lontano ormai da quello tradizionale previsto dal Decreto Legislativo 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali). Sullo sfondo delle antiche funzioni notarili (verbalizzazione delle sedute delle giunte e consigli comunali, rogito e autenticazione di contratti e scritture private nell’interesse dell’ente) emerge oggi un funzionario pubblico che sovrintende al funzionamento di tutta la macchina amministrativa e che presta assistenza e consulenza tecnico-giuridica al sindaco, giunta, consiglio e agli uffici. Dopo l’abolizione della figura del direttore generale nei comuni con meno di 100.000 abitanti, avvenuta nel 2010, il segretario comunale si è riappropriato del ruolo esclusivo di coordinatore/direttore dell’ente e di raccordo tra gli organi politici e la struttura amministrativa.

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Perché quindi abolire questa figura, davvero unica nel panorama della pubblica amministrazione, con una professionalità complessa costruita quotidianamente in tutti questi anni? Se l’intenzione del Governo è quella di svecchiare il personale pubblico, soprattutto quello dirigenziale, non è questa la categoria professionale interessata, poiché negli ultimi dieci anni sono entrati in carriera centinaia di giovani segretari dopo un lungo e difficile concorso, laureati con alle spalle spesso l’esperienza Erasmus di studi all’estero e con un discreto bagaglio professionale.

Piuttosto che abolire e disperdere questo tipo di professionalità all’interno della P.A. occorre invece abolire norme e strutture che non funzionano. La necessità di procedere velocemente alla riforma della pubblica amministrazione è condivisibile, visto l’impietoso quadro che ogni anno emerge dal confronto con gli altri paesi per quanto riguarda il funzionamento dei servizi pubblici: la riforma però avrebbe bisogno di notevole coraggio per aggredire alcuni problemi strutturali mai risolti (un programma di semplificazione e di riforme di questo tipo per la P.A.

italiana veniva definito sovversivo da Indro Montanelli). Innanzitutto la semplificazione normativa, la chiarezza di leggi e norme per i cittadini, le imprese e le stesse pubbliche amministrazioni che devono applicarle (nonostante le buone intenzioni basta vedere l’ultimo D.L. 66/2014 sulla competitività, si continua ad avere a che fare con norme da manicomio). Poi un serio riordino istituzionale, con l’accorpamento dei piccoli comuni e lo sfoltimento dei tanti enti pubblici (nell’ultimo ventennio c’è stata ad esempio una moltiplicazione abnorme di autorità indipendenti, spesso di dubbia utilità).

Non c’è bisogno di chissà quali studi per capire che un sistema fatto di tante pessime leggi e di un garbuglio di enti con responsabilità sovrapposte produce servizi inefficienti e corruzione.

Con una architettura istituzionale più snella e razionale e con funzioni pubbliche definite diventa cruciale l’investimento sui dipendenti pubblici. I prossimi anni saranno decisivi per rendere la pubblica amministrazione italiana più semplice , tecnologica, trasparente e produttiva, senza però le risorse necessarie per garantire un sostanziale ricambio generazionale. Per questi motivi i dirigenti pubblici dovranno governare questo enorme processo di modernizzazione avvalendosi anche di strumenti innovativi (informatizzare per quanto possibile i processi produttivi, coinvolgere i cittadini nel governo, facilitare la partnership con organizzazioni private e non profit nella produzione di servizi pubblici).

La rinnovata (speriamo) organizzazione pubblica locale avrà bisogno di due poli della dirigenza pubblica di vertice a livello locale. Un dirigente/direttore chiamato dagli organi di governo ad attuare le scelte di indirizzo politico e a far funzionare la struttura amministrativa per raggiungere gli obiettivi e un dirigente/segretario indipendente dagli organi politici che assicuri la regolarità dell’azione amministrativa a tutela dei principi di legalità e imparzialità. Il primo city manager che organizza, coordina e assicura il buon andamento dell'amministrazione, il secondo professionista che tutela e assicura la trasparenza dell'attività amministrativa e il corretto uso delle risorse pubbliche. Non ci può essere efficace gestione senza controlli declinati in senso moderno: e chi meglio del segretario comunale, rispetto ad altri organi, da profondo conoscitore degli enti locali può incarnare un presidio di controllo collaborativo?

Non possiamo perdere questa occasione storica di riforma, la sfida da vincere è quella di avere finalmente nuove amministrazioni pubbliche locali proattive verso i cittadini, efficienti, efficaci e imparziali.

di Roberto Onorati

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