Scuola: l’anno che verrà

A 50 giorni dall’inizio dell’anno scolastico 2020-2021 le incertezze superano di gran lunga i punti fermi. Ma l’opinione pubblica sembra non preoccuparsene ancora

Nicola
Nicola Novelli
27 luglio 2020 08:30

FIRENZE- L’unico dato certo è la fortuna che arride sinora alla ministra, Lucia Azzolina. Nel senso che nonostante manchino 50 giorni all’inizio del nuovo anno scolastico (in Toscana) l’opinione pubblica pare non curarsi granché di un problema ampiamente irrisolto: la riorganizzazione della scuola durante l’emergenza Covid-19. Probabilmente dopo gli stressanti mesi trascorsi nelle preoccupazioni, in tanti non vogliono pensieri ulteriori, oltre le proprie difficoltà lavorative, oppure le vacanze estive, per i pochi che possono permetterselo. E la scuola rimane in secondo piano.

Le linee guida per settembre

“A settembre si torna a scuola in presenza e in sicurezza” ha detto venerdì la Ministra dell’Istruzione presentando le Linee guida per la ripresa insieme al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il testo ha avuto il via libera, nel pomeriggio, anche da parte delle Regioni e degli Enti locali, è immediatamente operativo e verrà diramato oggi alle istituzioni scolastiche.

Il fatto è che, a fine luglio, lo scenario organizzativo con cui la scuola riaprirà i battenti, in Toscana, come ovunque, non è per niente chiaro. Per una serie di motivi abbastanza ovvi. Il primo è che la ministra parla di una scuola astratta, una sorta di standard ideale, che nella realtà si manifesta in un universo di istituti scolastici, ciascuno differente dall’altro, non soltanto per l’ordine e il grado. Le scuole possono essere piccole (con decine di allievi), o grandissime (con molte centinaia di studenti), in area urbana, o rurale, in edifici moderni, oppure fatiscenti, servire un pubblico di utenti locali, oppure scolari che arrivano anche da decine di chilometri di distanza.

Tutte queste differenze dovrebbero essere valutate e gestite nell’autonomia gestionale della dirigenza scolastica. Ma anche in questo la ministra Azzolina commette l’errore di parificare i dirigenti scolastici a manager di impresa privata. Non lo sono. Perché nel caso di un evento infausto provocato dal Covid-19 stiamo parlando di responsabilità penali in capo al dipendente pubblico. Perché rispetto a manager privati, i dirigenti scolastici hanno una scarsissima autonomia economica.

Inoltre perché la crisi sanitaria acutizza le carenze ataviche che la scuola italiana non ha mai affrontato e che difficilmente potranno essere risolte in poche settimane e in ordine sparso, in assenza di un vero piano di intervento nazionale. Pensate ad esempio all’obbligo in caso di sintomi influenzali di rimanere a casa in osservazione, per non rischiare il possibile contagio. Il Ministero consentirà la nomina immediata di supplenti, anche per un solo giorno? No? Immaginate nel periodo centrale dell’epidemia influenzale (dicembre-marzo) la carenza di docenti, semplicemente a causa lievi sintomi.

Sulla falsa riga di quanto accaduto in sanità, il Ministero dell’Istruzione avrebbe dovuto lanciare un piano massiccio di integrazione delle piante organiche e un programma di ammodernamento del patrimonio immobiliare (che è tra i più vetusti d’Europa), di dotazioni infrastrutturali, a partire dalla banda larga.

Scuole igienizzate e in sicurezza

Le scuole -ha annunciato la ministra Azzolina- saranno pulite con prodotti igienizzanti, saponi e tutto quanto servirà per assicurare la sicurezza degli alunni. Ma chi lo farà? Il personale Ata attualmente in organico? Sarà sufficiente a operare nei tempi stretti dell'orario scolastico?

Così non è, realmente. E il demandare all’autonomia gestionale dei presidi le soluzioni è soltanto una scappatoia estiva per nascondere la polvere sotto il tappeto. A metà settembre, alla riapertura degli istituti, quando i genitori si accorgeranno della precarietà in cui le scuole riaprono, il problema scoppierà in tutto il suo fragore, con il rischio di far traballare la compagine di governo.

Più spazio per la didattica e flessibilità

Vediamo che sta succedendo sinora. Le direzioni didattiche, per lo più, sono partite dal presupposto che la didattica in presenza è la sola che possa assicurare un'esperienza di apprendimento completa, attraverso la valorizzazione del rapporto docente/studente. Preso atto che la stragrande maggioranza delle aule scolastiche non sono adatte a garantire il distanziamento di mt. 1,80 (la misura minima che evita il contatto con particelle di saliva) le classi dovranno essere ridotte di numero rispetto dal consueto sovraffollamento che le caratterizza.

Sulla base di questo assunto la riapertura sarà attuata adottando grosso modo queste soluzioni:

  1. dove il patrimonio immobiliare pubblico lo consente (sopratutto per la primaria) le scuole occuperanno altri locali, sinora non adibiti alla didattica;
  2. oppure (specie nella secondaria) le classi si alterneranno qualche ora in classe e il resto on line da casa;
  3. o alcune materie (ad esempio quelle laboratoriali) a scuola e quelle teoriche on line da casa;
  4. in altri casi gli istituti stanno riorganizzando gli orari e alterneranno metà classi la mattina e metà il pomeriggio.

Solo da qualche settimana le amministrazione comunali stanno lavorando per il rientro a scuola nel mese di settembre. E dove possibile forniscono edifici in disuso per riadattarli alla funzione scolastica. Non è facile e richiede tempo. Non è detto che tutte queste soluzioni possano essere pronte per il primo giorno di scuola.

In che misura gli enti locali, nelle poche settimane rimaste, potranno raccogliere l'appello dell'Ordine degli architetti e degli urbanisti di Firenze? I professionisti della progettazione edile hanno proposto infatti l’istituzione di una commissione regionale per valutare come, partendo dalle necessità imposte dalla pandemia, gli spazi e le strutture scolastiche possano essere riorganizzate con l'obiettivo di migliorare la loro fruizione a vantaggi di docenti e studenti. Non sarebbe stato meglio agire a livello nazionale, magari con poteri commissariali?

Molti comuni stanno provando a ottimizzare gli spazi esistenti. A Signa, la Scuola Secondaria di Primo grado Alessandro Paoli trasformerà l'Aula Magna e il refettorio con infissi e di pannelli scorrevoli, ricavando in questi due grandi spazi aule polivalenti, dimensionabili in base alle necessità.

Per quel che riguarda il servizio mensa, diffuso nella scuola primaria, e ancor più necessario dove saranno dilatati gli orari per aumentare il distanziamento, molte scuole adotteranno i carrellini termici che consentiranno a tutti i bambini di usufruire del pasto in classe. In tanti istituti verrà rinnovato infatti l'arredo, grazie all'impegno finanziario del governo. Ma anche su questo sembra aleggiare molta confusione.

«Continuiamo ad ascoltare e leggere idee fantasiose e bizzarre per mettere in sicurezza i nostri ragazzi a scuola, come la proposta di fornire loro banchi con le ruote pur di preservare la distanza prevista per legge. Ma il distanziamento di sicurezza, con questo tipo di banchi, non è pensabile né assicurabile, non solo per la capacità che hanno di muoversi ma perché verrebbero facilitati gli atteggiamenti di vicinanza che normalmente si sviluppano all’interno di una classe. Quindi se non interveniamo sul sovraffollamento delle aule (aumentando gli spazi) il problema rimarrà, e con esso il rischio» commenta Massimiliano Vivoli, Capo squadra dei Vigili del Fuoco di Firenze.

Al liceo Artistico di Porta Romana, una delle scuole secondarie più grandi della regione (1.500 studenti in due edifici distinti, a Firenze e Sesto Fiorentino) si è scelta la soluzione dell’alternanza. Le classi più numerose saranno divise in due gruppi e alternate a scuola o la mattina, o il pomeriggio con unità didattiche ridotte a 45 minuti e residui sviluppati in remoto, con esercitazioni on line. Resta molta preoccupazione per gli studenti con handicap, il cui numero varia moltissimo in funzione della tipologia di istituto e per chi a scuola ci arriva da molto lontano, con un complesso percorso di mezzi pubblici.

L’altro tassello da risolvere entro settembre riguarda infatti il trasporto scolastico. Da pochi giorni sono uscite le linee guida della Regione che ha notevolmente allentato i vincoli di sicurezza. Resta il fatto che gli orari di trasporto sono tradizionalmente disegnati in funzione delle esigenze lavorative, cioè del mondo dell’industria e del commercio. C’è il timore che quegli scolari che tutti i giorni percorrono decine di chilometri per raggiungere l’istituto che hanno scelto, se avranno l’orario pomeridiano, possano trovarsi in difficoltà a ritornare a casa propria.

Ben consapevoli della questione, i presidi chiedono ascolto ai tavoli provinciali. Ma sarà possibile riconvertire l’organizzazione del trasporto pubblico locale nel giro di poche settimane. E come ovviare le carenze di mezzi e di organico?

Formazione del personale e investimenti a lungo termine

Sono decenni che in Italia servirebbe una nuova edilizia scolastica, una didattica innovativa che utilizzi le nuove tecnologie, la creazione di istituti digitali. Sono decenni che non si è provveduto a veri corsi di aggiornamento per i docenti, che le scuole sono rimaste fuori da ogni piano di sviluppo della rete e della banda larga. Restano solo 50 giorni dall’inizio dell’anno scolastico e la sensazione è che sia troppo tardi.

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